Los Angeles. Dopo i grandi direttori della fotografia e gli scenografi, i compositori italiani cominciano a farsi largo ad Hollywood: se Ennio Morricone rimane fonte di ispirazione per ognuno di loro, i film musicati da italiani si stanno imponendo nei maggiori premi cinematografici americani: Dario Marianelli ha vinto il Golden Globe per la musica di Espiazione ed è candidato all'Oscar per lo stesso film; lo scorso anno Carlo Siliotto (autore anche della colonna sonora di La corsa dell'innocente, del '92) è stato candidato al Golden Globe per la musica del film kazako Nomad. Quest'anno, per la musica del western Un treno per Yuma, c'è un secondo italiano nella cinquina dei candidati all'Oscar: si tratta di Marco Beltrami, che ormai da anni vive a Los Angeles con la moglie e i tre figli piccoli. Come Marianelli e Siliotto, anche Beltrami ritiene di dovere il suo successo nel cinema hollywoodiano alla sua formazione culturale italiana, nonostante la laurea in musica all'Università di Yale nel 1991.
Cresce a Huntington, New York, figlio di padre italiano e madre greca. Beltrami ha sei anni quando tutta la famiglia torna a vivere in Italia. Da bambino ha studiato piano e oboe, ma l'idea dì scrivere musica per il cinema è cominciata dopo la laurea, quando, durante un viaggio a Venezia, ha incontrato il compositore Luigi Nono. Poco dopo, Beltrami è tornato a Los Angeles, per un apprendistato con il famoso musicista Jerry Goldsmith.
I primi successi sono arrivati con Scream, di Wes Craven, nel 1996, e con altri film horror.
«Pensare che questo genere non è mi è mai piaciuto» dice Beltrami nel suo studio di Malibu. «Ma a scuola ho studiato molto le tecniche musicali del ventesimo secolo. Si tratta di strumenti e suoni che si prestano bene per i film dell'orrore. Quindi, anche se davanti a certe immagini spesso mi coprivo gli occhi, mi veniva naturale farne la musica». Poi, ecco le colonne sonore di Terminator 3 (2003), Io Robot (2004), Le Tre Sepolture (2005), del remake di Omen (con ïl titolo Omen. Il Presagio, del 2006), con cui proprio Goldsmith aveva vinto l'Oscar, trent'anni fa.
La musica di Un treno per Yuma sembra ispirata ai western di Sergio Leone....
«E di Ennio Morricone, di cui sono un grande fan. Un treno per Yuma non ha l'orchestrazione tradizionale dei western, è molto più stilizzato, proprio come i film di Leone. La cosa difficile è stata quella di scrivere una colonna sonora che non fosse una copia di qualcosa già fatta da Morricone. Così ho lavorato su suoni poco tradizionali, in modo orchestrale. Abbiamo utilizzato strumenti dell'epoca, del XIX secolo, come l'organo a pompa a pedale, i tamburi indiani, i violini e i pianoforti dei saloon. In studio, questi suoni sono stati mescolati e manipolati, per ottenere un nuovo sonoro. Nel film ci sono sessanta minuti di musica, tutti ricreati nel mio studio, con l'amico Bob Sanders alla chitarra e con me all'organo. Poi siamo andati a Londra, dove abbiamo registrato gli archi ad Abbey Road».
Quale strumento utilizza per comporre?
Il piano. E poi il computer. Ma dipende dai film. La maggior parte della musica di Un treno per Yuma l'ho composta lavorando su vecchi strumenti, trovati via Internet, nei negozi di oggetti usati».
Non le sembra che, soprattutto nei film più commerciali, la musica sia firmata sempre dagli stessi nomi?
È vero, non ci sono molte colonne sonore originali, e quando le trovi sono spesso in piccoli film indipendenti a basso budget che magari sfuggono all'attenzione del pubblico e dei membri dell'Academy. Le grandi produzioni preferiscono andare sul sicuro. Ma la vera sfida per un compositore sono le nuove tecnologie: a volte devi dirigere con le cuffie in testa via Internet un'orchestra che sta suonando dall'altra parte del mondo. Io non l'ho mai dovuto fare ma sta diventando sempre più comune».
Ennio Morricone compone la musica per i film di Giuseppe Tornatore prima ancora delle riprese, Tornatore ne ha parlato varie volte...
È un'ottima idea, ma succede raramente. A me è capitato per In the Electric Mist di Bernard Tavernier. Ho registrato qualcosa mentre stavano ancora girando: un buon metodo, che si traduce in una collaborazione autentica, in cui la musica può avere un'influenza sulla struttura stessa del film».
Ha mai lavorato in Italia?
«No, ma mi piacerebbe molto registrare a Roma, è tanto che ci provo ... Amo l'Italia, e ho molti parenti sul Lago d'Orta. Sono colpito dalla sensibilità dei musicisti italiani ma non conosco bene il cinema contemporaneo perché negli Usa ne arriva solo una piccola parte. Certo, il cinema di Fellini e le musiche di Nino Rota mi hanno influenzato. Chissà che questa candidatura permetta agli italiani di "scoprïrmi"»
Da Il Venerdì di Repubblica, 8 febbraio 2008