Non c’è male quando al quinto film (e al terzo che abbia avuto una qualche circolazione) un regista può già lanciarlo - come se la propria leggenda fosse ormai consolidata e la sorpresa facesse notizia - annunciando che si tratta del “primo film clero-sessuale di Gregg Araki”.
Sceneggiatore, produttore, regista, montatore dei suoi film, Gregg Araki è stato uno dei pionieri della cosiddetta Queer New Wave, della nuova ondata omosessuale. The Living End, del 1992, è un film shock sulla condizione omosessuale e sull’Aids incrociato con una storia di amore e morte “on the road”, Totally F****d Up (1994), una singolare inchiesta (di fiction) su sei giovanissimi gay, maschi e femmine, che si raccontano alla cinepresa di Araki, contraddistinta dall’asprezza dei pochi soldi e da una visibile influenza godardiana, con tutto l’orgoglio omosessuale recentemente conquistato dal movimento.
Nato a Los Angeles, Araki ha studiato cinema a Santa Barbara e alla University of Southern California. I suoi primi due film, ambedue “poveri”, ambedue in bianco e nero - Bewildered People in the Night e The Long Weekend (The Despair) - sono stati premiati (a Locarno e quale miglior film indipendente del 1989). Il suo cinema è spiacevole, sgradevole, forte, e già in odore di culto. Doom Generation, che vorrebbe essere il secondo capitolo di un’Apocalisse dei giovani iniziata con Totaily F****d Up, segna un cambiamento radicale, perché è la sua prima produzione ad alto budget e perché, appunto, Araki esce dai temi suoi soliti per avventurarsi nel mondo eterosessuale (ma qualcosa in comune con The Living End continua a esserci: amore e morte sulle strade d’America, come nei rivoluzionari anni sessanta).
Da Irene Bignardi, Il declino dell’impero americano, Feltrinelli, Milano, 1996