Andrea Molaioli, can quindici candidature ai David e oltre 2,5 milioni di incasso per La ragazza del lago un film che ci ha messo tre anni a uscire, in pratica ha già vinto. «Abbiamo già vinto tutti. E tre anni, in fondo, per un'opera prima non sono neanche troppi: ci sono film che ne aspettano dieci e nemmeno escono».
Qualche porta in faccia se l'è presa, però.
«Sì, ma non voglio fare la vittima. Sono un esordiente adulto, per vent'anni ho fatto altro. Ho incontrato qualche chiusura da parte di chi ha il potere di vita e di morte sui film: nel mio non ci sono adolescenti, diari e amori. Un giallo un po' cupo non era allettante per il mercato».
Lei invece era convinto di avere questo successo?
«No. Speravo andasse bene, ma non tosi. Ero preoccupato perché, con questo sistema di distribuzione delirante, neanche il passaparola funziona più come un tempo».
Se vai male il primo weekend, ti levano dalle sale.
«Perché si stampano sempre più copie e ci sono sempre meno cinema. Noi siamo riusciti a stare in sala tre mesi: il gradimento vero è questo, non quello imposto dalla mancanza di alternative, specie in provincia. Abbiamo avuto la fortune che altri film non andassero bene e si è creato lo spazio».
Se batte il suo maestro Moretti, sai che travaso di bile...
«Nell'improbabile caso, spero sarà soddisfatto anche lui: se sto qui è anche merito suo. Mi piace molto essere in gara con lui e anche con Mazzacurati, con: cui ho fatto tre film: sono persone che amo molto».
Vent'anni all'ombra di Nanni: altro che west Point.
««Palombella rossa è stato una svolta nella mia vita. Nanni è complicato, ma non è li solo: tutti registi lavorano sotto tensione, in preda all'angoscia e ai dubbi, ma con Morettí almeno partecipi a progetti straordinari e hai soddisfazioni e stimoli continui».
Ha fatto da aiuto anche a Luchetti e a Calopresti: un apprendista stregone.
«Mi piacerebbe pensare di aver appreso il meglio di ciascuno, ma non è così. Ho la certezza di essere un bravo aiuto-regista più dì quanto non mi senta un bravo regista La cosa fondamentale è aver passato tanto tempo sul set, così da conoscere già bene le dinamiche e potermi concentrare su aspetti importanti che un debuttante, preso a capire la macchina, può perdere di vista».
Com'è essere prodotti dalla propria mie?
«Due produttori, come Francesca Cima e Nicola Giuliano, che ti conoscono da tanti anni, sono una garanzia: sai che ci metteranno tutte le energie, finanziarie e non, senza farsi spaventare dai conti. Il confronto creativo è costante. Unico problema: chi si occupa dei bambini quando siamo sul set?»
Da romanista malato, meglio lo scudetto o il David?
«Per la coppia scudetto e Champions ci avrei pensato su. Anche se io forse farò altri film, mentre temo che per la Roma sarà sempre più dura... Ma se non dico David, mia moglie mi uccide».
Da Il Venerdì di Repubblica,18 aprile 2008