Paolo Bonolis ha debuttato nel cinema a 45 anni: è bravo, sciolto, misurato. In Commediasexi di Alessandro D’Alatri non è il protagonista: nel film corale, al primo posto sta piuttosto Sergio Rubini. Non è simpatico il personaggio di Bonolis: un deputato cattolicissimo e moralista che con l’aiuto del Vaticano prepara una legge sulla famiglia ma va pazzo per la propria amante bionda ballerina televisiva (anzi, «trottolina» per non chiamarla velina né letterina e perché la trasmissione si chiama La trottola); e che, per paura dello scandalo, attribuisce al proprio autista la ragazza. Non è granché il film di Natale, prima esperienza del regista nel campo della commedia a lieto fine: però Bonolis, debuttante di lusso, che in tv ha avuto alti e bassi, va benissimo, e chissà che non sia l’inizio d’una seconda carriera.
Romano, marito e padre, ha cominciato la prima carriera nel 1980 alla tv con programmi pomeridiani per bambini: 3, 2, 1…Contatto!, Bim, Bum, Bam. Altalenando tra Rai e Mediaset. ha condotto Doppio slalom, Non è la Rai con Gianni Boncompagni e cento ragazzine, Striscia la notizia con Ezio Greggio e poi con Luca Laurenti, I cervelloni con Gene Gnocchi, Beato fra le donne, Tira & Molla, Ciao Darwin, Citi ha incastrato Peter Pan?, italiani che andò male e venne sospeso prestissimo, Affari tuoi, Domenica in, il festival dì Sanremo. Durò poco la trasmissione domenicale sportiva Serie A, sembrò una punizione il gioco preserale Fattore C. Ha avuto alla televisione successi e ascolti illimitati, e si capisce.
Bonolis sa mescolare al sarcasmo una falsa ingenuità e schiettezza. È un bravo conduttore che tiene in pugno lo spettacolo, e sa fronteggiare bene gli incidenti; fisicamente non è spiacevole, è dotato di grande energia. Alterna il linguaggio romanesco aggressivo-interrogativo (Che sta’ffa? Che’sta a ddi? Che volemo fa”? Ma ‘ndo vai, ma che vòi? Ma lévate, va’) al linguaggio untuoso che si vuole forbito e signorile, zeppo di termini burocratici più d’un rapporto poliziesco. A volte (spesso) esagera o strilla, ma questo non accade nel suo primo film durante il quale il regista l’ha seguito e controllato. Il personaggio del deputato Massimo Bonfili deve rappresentare, dice D’Alatri, «il livello desolante della politica italiana», ma per il suo interprete è ancora un successo.
Da Lo Specchio, 23 dicembre 2006