La sua immagine di duro - lo sguardo torvo, stuzzicadenti (e/o fiammifero) pendente dalle labbra, perennemente con le pistole in mano - e impressa nella memoria degli appassionati del cinema di Hong Kong. Per molti di loro, Chow Yun-fat sarà sempre e solo Mark, il gangster di A Better Tomorrow, personaggio che lo ha reso celebre in tutto il mondo; oppure Jeff, l'assassino dal cuore tenero di The Killer, il film che lo ha consegnato definitivamente alla leggenda. Eppure, nelle interviste, Chow Yun-fat ha ripetutamente dichiarato che ai «soliti» film d'azione preferisce di gran lunga le commedie, i mélo e le pellicole sentimentali. E non è un caso, visto che in fondo sono stati proprio due film drammatici a offrirgli i primi riconoscimenti internazionali: Story of Wu Viet di Ann Hui, presentato nel 1981 al Festival di Cannes, e Hong Kong 1941 di Leung Po-chi, con il quale nel 1984 vince il Golden Horse, l'Oscar di Taiwan.
Chow Yun-fat è un attore che riserva continue sorprese. Il suo registro interpretativo cambia non solo a seconda del genere del film, ma anche del regista con il quale si trova a lavorare di volta in volta. Nei film di John Woo, Chow appare più controllato, laconico e serioso (Once a Thief a parte): non più un'individualità indipendente, un interprete, ma un'icona nelle mani del grande regista. John Woo si serve del carisma dell'attore per dare forma e vita alla sua versione moderna dello xiâ, il nobile cavaliere dei film di Zhang Che e King Hu, un personaggio che Chow Yun-fat incarna alla perfezione, sebbene, allo stesso tempo, lo costringa paradossalmente a mettere la sordina alla sua incredibile vitalità.
Al contrario, con Ringo Lam la recitazione di Chow sembra più rilassata e naturale. È il caso di Wild Search (1989), forse uno dei film migliori dell'attore, dove gli elementi da commedia sentimentale, in particolare i deliziosi duetti con la bambina e le schermaglie amorose con Cherie Chung, prendono il sopravvento sulla vicenda poliziesca. Nei due episodi di Prison on Fire, nonostante il tono estremamente drammatico delle pellicole, Chow Yun-fat stempera spesso la tensione con brevi interludi da commedia (uno dei quali, nel primo film, ambientato in una latrina dove Chow conversa tranquillamente con Tony Leung Ka-fai mentre tenta nel frattempo di liberarsi di un ingombrante «fardello»), e anche in City on Fire il suo personaggio risulta decisamente più vulnerabile e realistico di quanto appaia nei film di Woo.
Nel bellissimo Treasure Hunt (1994) di Jeff Lau, invece, componenti e generi diversi, come il kung fu, la spy story, il fantasy, la commedia e il mélo si fondono con incredibile armonia dando a Chow la possibilità di offrire un saggio del suo ecclettismo. Fino al memorabile finale alla stazione, quando Chow Yun-fat, l'implacabile gangster di A Better Tomorrow e The Killer, piange disperatamente, trattenuto a fatica da alcuni soldati cinesi, mentre il treno con l'amata Wu Chienlien si allontana lentamente.
L:elemento mélo è dominante anche nel commovente All About Ah Long (1989), una sorta di Kramer contro Kramer cantonese, ma in realtà ben superiore al modello, con un bambino conteso tra il padre affettuoso ma scapestrato che lo ha cresciuto e la madre (Sylvia Chang) che lo ha abbandonato alla nascita. Come in Wild Search, i momenti migliori del film sono quelli in cui è di scena il ragazzino, ovvero quelli in cui probabilmente Chow Yun-fat riesce a tirar fuori il suo lato più tenero e infantile. In una delle sequenze più toccanti, il protagonista, che a malincuore ha ormai deciso di rinunciare al figlio, tratta rudemente il bambino, arrivando perfino a picchiarlo, per provocarne il risentimento e costringerlo a correre dalla madre. La scena, così come l'intero film, non scade mai nello stucchevole, grazie all'intelligente regia di Johnnie To e, soprattutto, alla misurata interpretazione di Chow.
Oscilla invece tra la commedia e la storia sentimentale il precedente An Autumn's Tale (1987) di Mabel Cheung, dove, come nel film di Johnnie To, si ritrova a interpretare un giovane un po' rozzo ma sensibile che s'innamora della dolce Cherie Chung. Chow alterna abilmente momenti malinconici ad altri più divertenti e leggeri, come quando insegna alla Chung a cucinare la zuppa di pesce o quando, verso il finale, corre all'alba per le strade di New York felice e innamorato.
Ma il lato brillante e solare di Chow Yun-fat, che emerge spesso anche in commedie d'azione come Tiger on The Beat (1989) e God o f Gamblers (1990), non sempre si concretizza in umorismo raffinato. Se lasciato a briglia sciolta, l'attore diventa incontenibile e tende a gigioneggiare. In Eight Happiness, per esempio, dove veste i panni di un dongiovanni che finge di essere effeminato per attirare le sue prede, ma anche in The Greatest Lover (1988) di Clarence Fok, in cui ha il ruolo di uno zotico scappato dalla Cina che viene educato alle buone maniere dalla sofisticata Anita Mui: scene come quella in cui tenta invano di pronunciare i nomi di vini francesi, la lezione d'inglese, o ancora quella nella quale balla il tango con la Mui risultano a dir poco irresistibili e fanno sorvolare volentieri su alcune cadute di gusto del film.
La carriera americana del divo, purtroppo, si è invece arenata per molteplici ragioni: nel primo dei suoi film girati a Hollywood, The Replacement Killers (Costretti ad uccidere) Chow è stato letteralmente «usato» come un'icona o, peggio ancora, un francobollo da apporre in una pessima imitazione dei polizieschi di Hong Kong; nel secondo, The Corruptor, benché la cornice fosse migliorata, l'attore sembrava costretto a ripetere il solito cliché del duro dal sangue freddo, limitandosi ad aggiungere un po' di ambiguità al suo personaggio (del resto già presente in film come Full Contact e Peace Hotel).
Anna and the King, invece, rappresenta un coraggioso tentativo di uscire fuori dagli schemi e ha finalmente concesso la possibilità a Chow di mostrare le sue qualità di attore di razza, anche se il -film è stato trattato piuttosto rudemente dalla critica ed è andato decisamente male al botteghino. Forse solo il vecchio maestro John Woo, con il quale avrebbe dovuto girare l'annunciato King's Ransom, potrebbe aiutarlo a trovare una giusta collocazione in quel di Hollywood. Magari - perché no? - con una commedia.
Da Giona A. Nazzaro, Andrea Tagliacozzo, John Woo. La nuova leggenda del cinema d’azione, Castelvecchi, Roma, 2000