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Rassegna stampa di Massimo Girotti

Massimo Girotti è un attore italiano, è nato il 18 maggio 1918 a Mogliano (Italia) ed è morto il 5 gennaio 2003 all'età di 84 anni a Roma (Italia).

REDAZIONE

Bellissimo. Spesso anche buono. Blasetti, Rossellini, Visconti, Germi, Antonioni, Pasolini, Bernardo Bertolucci, i suoi grandi registi, lo hanno scelto come protagonista soprattutto per questo, per la sua bellezza così pacatamente italiana: la forma perfetta della faccia, gli occhi ben tagliati e un poco tristi, il naso evidente ma non invadente, le labbra turgide, i muscoli da ex campione di nuoto, l´assetto diritto delle spalle, l´espressione virile e insieme calma, anche quella intensa dignità e quella gentilezza naturale che lo hanno reso tanto amabile. Era bello nella seminudità fantasy di giovane eroe che giostra accanto al Re ne La corona di ferro (1941) di Blasetti, nei giubbotti aviatorii di Un pilota ritorna (1942) di Rossellini. Ma è in Ossessione (1943), primo film di Luchino Visconti, che la sua bellezza diventa personalità: la canottiera slabbrata, il vecchio cappello di feltro dalla falda ondulata o il berretto marinaresco sono gli addobbi di un amante popolano a cui non si resiste e che non resiste alla passione, di un irregolare socialmente indeterminato, di un uomo errante, senza lavoro né fissa dimora né legami affettivi, aperto al rischio e ad ogni avventura. Un personaggio di vagabondo letterario all´americana però mosso dalla forza dell´eros, in totale contrasto con la rispettabilità rurale e piccolo borghese dell´epoca italiana: affascinante. La personalità di Massimo Girotti acquista in Cronaca di un amore (1950), primo film diretto da Michelangelo Antonioni, lo spessore di una crisi esistenziale che appartiene ai giovani europei del tempo: col suo cappottino ambizioso così misero accanto alle grandi pellicce di visone o di leopardo di Lucia Bosé, con la sua smarrita mitomania da dopoguerra, con la sua sensualità strumentale e il suo arrivismo da vinto, il protagonista del film appare, ha scritto Carlo di Carlo, «il prodotto sociale della borghesia milanese su cui già si intravede l´ombra del miracolo economico, incapace di reagire al proprio disfacimento morale». In teatro con Visconti, accanto a Gassman, nonostante le lunghe tournées, non si è mai realizzato come nel cinema. Era bello, Girotti, come dovrebbero sempre essere belli gli eroi positivi: il giovane magistrato arrivato in Sicilia per affrontare la mafia, interpretato senza enfasi ma con forza in In nome della legge (1949) di Pietro Germi; il patriota marchese Roberto Ussoni che affida alla inaffidabile contessa Livia Serpieri il danaro raccolto per sovvenzionare la cospirazione antiaustriaca e la richiama invano agli impegni di lotta in Senso (1954) di Visconti; l´emblematico industriale milanese che abbandona tutto quanto possiede e se ne va nudo per il mondo nel metaforico e metastorico Teorema (1968) di Pier Paolo Pasolini. Ma, dopo Senso, il lavoro di Girotti diventa più usuale sotto la direzione di registi meno importanti: aveva già fatto film popolari (Il tenente Giorgio, Vortice, Disperato addio), ora non mancano i film mitologici, storie di giganti della Tessaglia e di Argonauti, di Cesari e di Romolo e Remo. Dopo Teorema, Pasolini lo vuole di nuovo in Medea (1969) nella parte del re di Corinto Creonte, che ordina alla barbara Medea di lasciare la città; in seguito lo vogliono nei film per la sua bravura, ma soprattutto perché la sua presenza diventa un totem, l´immagine di un cinema storico che non c´è più, l´omaggio che vuol testimoniare nostalgia, rispetto, affetto. Così Bernardo Bertolucci lo sceglie per una piccola parte (recitata da Girotti con grande delicatezza) in Ultimo tango a Parigi (1972) e anche Roberto Benigni gli affida il personaggio di un vicino di casa molto composto ne Il mostro (1994). Il tempo non lo ha privato della sua bellezza mutatasi in una nobiltà spiegazzata e dolce; per il timore di mostrare la fragilità della vecchiaia, ha assunto un´autorità fisica e rigida da ambasciatore o da ammiraglio; la faccia non ha perduto con gli anni la propria luminosità. Sino alla fine è un uomo incantevole, con il quale tutti lavorano volentieri ammirandone il tratto cortese, la capacità di occultare un orgoglio terribile, la mancanza di ostentazione, la nessuna indulgenza o compiacenza verso il passato con i suoi successi, l´assenza assoluta di rancori e di lagnosità. Se Massimo Girotti ha rappresentato nella sua carriera d´attore durata oltre sessant´anni un italiano ideale, bellissimo e buono, ha impersonato anche un italiano che forse non c´è, che forse non c´è mai stato. Courtesy of La Stampa

LIETTA TORNABUONI
La Stampa

Esordì nel 1939-40 (Dora Nelson, Una romantica avventura)e acquistò una notevole popolarità come attor giovane, peraltro in film mediocri, finchè non interpretò per Rossellini Un pilota ritorna,1942, per De Sica La porta del cielo,1944, e soprattutto per Visconti Ossessione,1943, in cui ebbe la parte del protagoiiista. Nel dopoguerra, prese parte a film di notevole livello. Per Giuseppe De Santis recitò in Caccia tragica,1947, Roma ore undici,1951 e Un marito per Anna Zaccheo,1953; per Pietro Germi interpretò In nome della legge,1948; per Antonioni Cronaca di un amore,1950; ancora per Visconti recitò in Senso,1954. Dopo questa data, le interpretazioni di Girotti declinarono. Fra le ultime, Venere imperiale,1963 e Oro per i Cesari,1964. Circa dieci anni dopo Bernardo Bertolucci lo sceglie per una piccola parte in Ultimo tango a Parigi (1972) e Roberto Benigni gli chiede di interpretare il personaggio di un vicino di casa molto composto ne Il mostro (1994). Infine il suo ultimo ruolo, recente e di grande popolarità, gli viene offerto da Ferzan Ozpetek in La finestra di fronte (2003).

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