Il saluto alll’uomo che ha smosso tutto, nella Chiesa e nella terra.
di Pino Farinotti
Come tutti anch’io sono stato coinvolto dall’infinito spettacolo del funerale di papa Francesco. E dicendo spettacolo dico “film”. Perché non è stato mai prodotto e mai lo sarà un kolossal del genere, per potenza, visioni, contenuti, argomento, sentimento, mistica e storia. E protagonista. Via col vento, Titanic (guarda la video recensione), Ben Hur sono lontani anni luce da quella grandezza. Film.
Dunque mi sento legittimato a raccontare. E in chiave strettamente personale. Mi si perdoni. E poi il cast. Non servono parole, per giorni abbiamo sentito di monarchi, principi, capi di stato e di governo, atei, ultimi, religiosi di altre fedi e anch’io dico, anche se la definizione un po’ mi ha annoiato, “i potenti della terra”. Tradurrò “i capi del mondo”. Tutto questo e il tema generale della mistica di Bergoglio, la sua vocazione e le indicazioni trasmesse in dodici anni, e i risultati che sembrano ottenuti, mai visti, fa parte di una mia ricerca. L’infinito conflitto tra fede e ragione è uno dei nodi che cerco non di sciogliere, perché è impossibile, ma di scrutare in almeno due dei miei romanzi. Sì, l’argomento mi sta a cuore.
E credo che sia opportuno che io riveli il mio rapporto con la fede. L’incipit di un mio libro trasmette la posizione del protagonista, il pubblicitario Alessandro Forte. Dice: “Non leggo gli oroscopi, le madonne non piangono, non mi evolverò in una farfalla o in un santo. Ma sono disposto a credere a fronte di una prova, anche indiziaria.” È anche la mia posizione, e di molti credo. Credenti con dubbi.
La prova indiziaria. Forse si è palesato qualcosa che non è un dettaglio: la guest star nel “film”. Cioè lo Spirito Santo, perché lo sviluppo attuale e futuro che si sta definendo non è normale o già visto, non è roba dei soliti convegni dove i discorsi sono positivi, si è fatto un passo avanti per la pace, seguito da puntuali passi indietro.
Qui, due personaggi che non si amano li abbiamo visti seduti l’uno di fronte all’altro, amichevoli. E poi da Mosca un “capo del mondo” ha dichiarato di essere, davvero, propenso per un incontro decisivo.
Scenari. I due citati sopra erano seduti in mezzo ai marmi di San Pietro. Un’estetica unica al mondo. Anche questa è roba mai vista. Una “concessione” che deriva da qualcosa un po’ sopra la dimensione terrena. E dunque il pensiero non può non andare a chi li aveva scelti e posizionati quei marmi. Al Buonarroti, il leader – non era il solo artista impegnato in quel compito- della creazione della basilica di San Pietro. Michelangelo, sappiamo, aveva un cuore mistico, di fede, trasmesso dalla Sistina. Lavorando lassù veniva quotidianamente visitato e disturbato dai papi che non gradivano e censuravano. Ed erano liti furibonde con Paolo VI e Giulio II. E allora viene di getto pensare al rapporto che l’artista avrebbe avuto con Francesco. Entrambi si sfilavano dall’ortodossia mistica e umana. Sarebbero andati d’accordo.
Estetica. Un passo avanti, e sopra, che è stato fatto, si configura come un intervento altro e alto, rarissimo, forse unico, sconosciuto. E staremo a vedere gli sviluppi nel tempo. La “guest” – diciamo pure, Dio, è più semplice ed efficace- ha pensato: adesso è proprio il momento di intervenire, le condizioni e il modello sono adeguati, il mondo, tutto lì in Roma, se lo aspetta.
Spettacolo e scenari. Una visione infinita, con sezioni di masse di colore, dei cardinali, degli altri, che neppure Mark Rochko maestro di colori, sarebbe riuscito a disporre nelle sue opere, e una macchina digitale per effetti speciali capace di tanto non è ancora stata inventata. E poi le file dei fedeli infinite, ordinate, obbedienti. Tutti eravamo presi da quegli incanti. Non mi stancherò di ribadire: roba mai vista.
Ma intendo ricordare Bergoglio per alcune sue parole che non sono state, almeno credo, ricordate in questi giorni. Riguardano i bambini, certi bambini. Il personaggio sopra citato, Alessandro, dopo molti dubbi è ormai convinto che il tale che si è presentato come Gesù, lo sia davvero. Fa le domande che tutti noi faremmo. Poi gli racconta. “C’era un bambino, avrà avuto tre anni, che correva in un prato, quando mi è passato vicino ho visto che un tubicino gli usciva dalla testa. Non riesco a rimuovere quel ricordo. Perché permetti queste cose. Lo so, è roba nostra, ma non va bene. Che mi dici?” “Ti dico che io sto con quel bambino e con tutti quelli come lui.” “Cosa vuol dire “stai”?” “A modo mio…” “A modo tuo…” “Non ti basta vero”. “Non mi basta, potevi lavorare meglio.”
Il papa era in visita all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù a Roma. Di fronte a quei piccoli senza capelli, sofferenti, a letto o in piedi traballanti, qualcuno ha chiesto a Bergoglio: “Ma com’è possibile una cosa come questa. E non mi parli, santo padre, del solito libero arbitrio e roba del genere.”
Il pontefice ha scosso il capo. “Non so proprio cose dirle. Una spiegazione non c’è”. Era una frase alla Francesco. Fuori dall’ortodossia, un dubbio, un’affermazione diversa, forse una velata accusa, potente e coraggiosa. Sua. Il concetto poteva essere quello di Alessandro: si poteva lavorare meglio. Abbiamo tutti salutato quell’uomo nella sua diversità e nella sua grandezza, che ha smosso tutto, nella Chiesa e nella terra, con un impegno, un coraggio e un’azione che i suoi 266 colleghi precedenti neppure avevano sfiorato.
Le azioni, le rivoluzioni di Jorge Mario Bergoglio, chi di dovere le ha conosciute e assunte. E si è mosso.