Grazie alla distribuzione DNA, arrivano in streaming due titoli storici da rivedere e due recenti tutti da scoprire.
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di Simone Emiliani
Quattro titoli per le novità DNA in streaming con MYmovies ONE. Si spazia tra il Godard politico e il cinema di genere italiano (anche se la firma è di Edward Dmytryk, qui al terz’ultimo lungometraggio) e scopre contemporaneamente due titoli recenti del 2018 premiati al Festival di Cannes e alla Berlinale. Scopriamoli insieme.
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BARBABLÙ
L’ottava moglie di un barone nazista scopre casualmente che il marito ha assassinato le sette precedente consorti e anche a lei è riservato lo stesso destino. L’unica persona che può salvarla è un violinista ebreo. Rielaborazione in chiave psicanalitica della fiaba di Charles Perrault, apparsa per la prima volta nel 1697, che ha subito affascinato il cinema già dalle sue origini con la versione di Georges Méliès del 1901 e da cui Charles Chaplin si è ispirato per uno dei suoi film più ‘neri’ con Monsieur Verdoux nel 1947.
Il protagonista, caratterizzato dalla sua inconfondibile barba dai colori bluastri, è interpretato da Richard Burton mentre tra le attrici nei panni delle mogli di Barbablù ci sono Raquel Welch, Virna Lisi, Nathalie Delon, Marilù Tolo e Agostina Belli. Anche se è diretto da Edward Dmytryk, uno dei grandi cineasti statunitensi che ha firmato noir come L’ombra del passato e western come Ultima notte a Warlock ed Alvarez Kelly, sembra rientrare nella tradizione del cinema gotico di genere italiano degli anni Settanta e infatti nel nostro paese, per motivi fiscali, è stato attribuito a Luciano Sacripanti che in realtà era a capo della seconda unità.
CREPA PADRONE, TUTTO VA BENE
Realizzato nel 1972 Fa parte del cinema militante di Godard e, come ha sottolineato Alberto Farassino “della riflessione politica e teorica sul senso del cinema nella società capitalista”. È l’atto finale del Gruppo Dziga Vertov, che era stato costituito tre anni prima e di cui il cineasta francese è stato il principale esponente, di cui hanno fatto parte anche Pravda, Vento dell’est e Lotte in Italia.
Godard ritorna a una grande produzione internazionale con la presenza di due star come Jane Fonda e Yves Montand nei panni di una coppia in crisi d’identità. Lei è una giornalista statunitense che si è trasferita in Francia, lui un regista che non crede più nell’impegno politico. Entrambi si trovano coinvolti in una vertenza sindacale che tiene bloccata una fabbrica e dove viene sequestrato il direttore (interpretato da Vittorio Caprioli). Lì avranno modo di interagire con gli operai e ascoltare le loro testimonianze sulle condizioni di lavoro.
Anche se la lavorazione è stata travagliata anche a causa dell’incidente automobilistico di Godard che non gli ha permesso di essere sul set, si tratta di uno dei lavori più appassionati del regista sulla lotta di classe, dove lo stile, la sperimentazione e la forza della protesta s’intersecano con le infinite variazioni dell’opera del cineasta.
SOFIA
Gran bell’esordio nel lungometraggio della regista marocchina Meryem Benm'Barek sulla condizione femminile e le differenze sociali. Ambientato a Casablanca, ha come protagonista una ragazza ventenne benestante che ha tenuto nascosta la sua gravidanza ma, dopo aver partorito, è costretta a fare i conti sia con le severissime leggi del proprio paese sul sesso fuori dal matrimonio sia con la propria famiglia. Dopo la nascita della bambina, assieme alla cugina si mette alla ricerca del padre per convincerlo a riconoscerlo.
Si caratterizza per uno stile calibrato ed essenziale dove la metropoli diventa una specie di trappola da cui non si può fuggire. Ma è anche l’uso della parola e dei dialoghi che contribuisce ad accrescere una tensione incalzante degna di un thriller. Presentato al Festival di Cannes del 2018 nella sezione Un Certain Regard, è stato premiato per la Miglior Sceneggiatura.
STYX
Una donna da sola su una barca a vela. Rike è una dottoressa in viaggo verso un’isola dell’Oceano Pacifico. Affronta il mare mosso e una tempesta fino a quando incrocia un peschereccio con profughi africani in difficoltà.
Il film diretto dal regista tedesco Wolfgang Fischer può apparire inizialmente come una versione al femminile di All Is Lost. Tutto è perduto. Al posto di Robert Redford c’è Susanne Wolff in una prova convincente fatta di fatica, muscoli e nervi. Poi il film prende una direzione più umana che politica e mostra quanto le scelte del singolo individuo possono condizionare le vite degli altri.
Ha ricevuto numerosi premi nei festival internazionali tra cui alla Berlinale, dove è stato presentato nel 2018 nella sezione Panorama.