Advertisement
Bellaria Film Festival, Carlos Conceição e il suo «ridare voce alle persone che sono state silenziate»

Un lungo incontro con l’autore di Tommy Guns presentato in anteprima italiana al festival.
di Luigi Coluccio

martedì 16 maggio 2023 - Incontri

Sono tante le cose che Carlos Conceição cerca di mostrare nei suoi film: l’amore per Edgar Allan Poe, la passione per i video musicali, l’attenzione ai film di genere – il tutto dentro una totale libertà narrativa ed estetica che però non dimentica di tirare dentro, ogni volta, lo spettatore e l’immaginario collettivo dentro il quale questi è immerso. Lo ha fatto nei suoi già numerosi lavori, che vanno dai corti ai medi ai lunghi, passati più o meno in tutti i festival che contano (Cannes, Locarno, Berlino, Viennale ecc. con titoli come Versailles, Bad Bunny, Serpentário e Name Above Title), e l’ha ribadito con maggiore forza con Tommy Guns, suo ultimo film che mette ancora una volta al centro l’altro grande discorso portato avanti in questi anni: la decolonizzazione delle immagini coloniali, in questo caso dell’ex-colonia portoghese dell’Angola, dove lui è nato e cresciuto.

Ospite del 41° Bellaria Film Festival, dove abbiamo visto Tommy Guns, lo abbiamo intervistato a margine della rassegna romagnola.
 

Parliamo di forme. Hai realizzato diversi corti e medi, e anche il tuo primo lungo, Serpentário, aveva solo 82 minuti di lunghezza. Pensi che il minutaggio di un film sia uno strumento importante, anche a livello estetico, come la fotografia o il suono?

Può esserlo, ma non penso sia una regola scolpita nella pietra. Penso che i film debbano avere il minutaggio serva a trasmettere un certo quantitativo di emozioni. Non si tratta nemmeno di informazioni ma di creare uno “state of mind” che qualche volte puoi avere in venti minuti e altre volte hai bisogno che tutto cambi dopo trenta minuti, per poi poter cambiare di nuovo e alla fine far capire tutto con una parola.

Per Bad Bunny ho scritto una versione breve e una lunga, poi quando ho trovato i fondi per la prima ho realizzato una rielaborazione condensata di quella lunga. La versione breve era su un uomo che si prostituiva e che veniva portato in una casa nel bosco da un altro uomo, con l’intento di far perdere la verginità alla sorella morente, suo ultimo desiderio. Quello che era interessante per me era di concentrarmi di più sul fratello, così Bad Bunny è cresciuto attorno a lui, all’idea di compassione, di empatia, mentre prima avevo scritto tutto questo per l’altro personaggio. Così il film finale è diventato di 33 minuti, la lunghezza di cui aveva bisogno. Ho fatto anche un altro film di 59 minuti, Name above title, che era esattamente il minutaggio necessario, e penso che quando lo guardi avverti una certa assenza di tempo, perché non sono i 59 minuti o i 17 minuti ma dove ti porta tutto questo.

Tommy Guns è lungo due ore, appunto un qualcosa di nuovo per te, ma è anche il primo lavoro fatto con Terratreme Filmes, una sorta di casa di produzione condivisa fondata nel 2008 da un gruppo di filmmakers portoghesi (Leonor Noivo, João Matos, Luísa Homem, Pedro Pinho, Susana Nobre, Tiago Hespanha). Com’è andata?

In realtà è stato il secondo film, ma il primo ad essere distribuito. Ed in entrambi i casi è andata davvero bene. Al momento sono la miglior casa di produzione del Portogallo. Loro non lavorano tutti sullo stesso progetto, ad esempio io ho avuto con me per Tommy Guns Leonor Noivo e João Matos, e il mio rapporto con loro è assolutamente grandioso. È un gruppo di persone speciali, un punto di riferimento per il cinema portoghese.

Il tuo film è un altro tassello del tentativo di decolonizzare le culture locali degli ex-territori d’oltremare, come ha fatto Alfredo Cunha con le fotografie sui retornados, i portoghesi nati o che vivevano in paesi come Angola e Mozambico e che dopo l’indipendenza di questi nel 1975 tornano in una madrepatria che in realtà non è più o non è mai stata la loro.

Questa narrazione è stata riscritta a pezzi, perché è difficile mettere insieme tutto quanto successo in quel periodo da una sola persona. Lo hanno fatto in molti, con risultati differenti e attraverso sensibilità diverse. Penso che solo adesso, dopo quasi cinquanta anni, stia arrivando ad essere qualcosa che si possa osservare con più chiarezza grazie ad una distanza maggiore da essa. C’è una nuova generazione, con persone anche più giovani di me, che non hanno la parzialità di prima e nemmeno un contatto diretto con chi ha vissuto quei conflitti, e di conseguenza sono capaci di fare una loro analisi. Ci sono gruppi di persone in Portogallo che lavorano per delle idee postcoloniali, parlando anche dell’odio razziale presente. Sta diventando tutto più chiaro, e forse non sarà più questo grosso elefante bianco nella stanza com’è stato per tanto tempo.

Il gruppo di soldati protagonista di Tommy Guns vive in una sorta di perenne anacronismo, dentro e fuori: dentro perché sono gli “ultimi giapponesi” rimasti a combattere in Angola, fuori perché diventeranno i nuovi retornados una volta valicato il muro. È un processo senza fine quello della decolonizzazione, iniziato nel 1960, il cosiddetto “Anno dell’Africa”, e ancora in corso.

Hai fatto la giusta analisi del film. È sempre stata la mia idea originale quella di dare un doppio significato, anzi per me ne ha anche un terzo. Io vivevo in Angola e cercavo di andare via a causa della leva obbligatoria, finora rimandata grazie agli studi universitari. Appena laureatomi mi chiamano nell’esercito, c’era una guerra in corso e quello che volevo era di superare questa situazione. In quel periodo provavo esattamente la sensazione di essere intrappolato dentro un muro, tentando di attraversarlo per andare dall’altra parte. In un certo modo si tratta di un film molto personale, una cosa che la maggior parte del pubblico non percepisce.


CONTINUA A LEGGERE

{{PaginaCaricata()}}

Home | Cinema | Database | Film | Calendario Uscite | MYMOVIESLIVE | Dvd | Tv | Box Office | Prossimamente | Trailer | Colonne sonore | MYmovies Club
Copyright© 2000 - 2024 MYmovies.it® - Mo-Net s.r.l. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale. P.IVA: 05056400483
Licenza Siae n. 2792/I/2742 - Credits | Contatti | Normativa sulla privacy | Termini e condizioni d'uso | Accedi | Registrati