Ci ha lasciati ieri uno dei monaci buddhisti più importanti e popolari degli ultimi cinquant'anni: Thich Nhat Hanh. Un uomo divenuto giovanissimo monaco e che a vent'anni decise di abbandonare il monastero per raggiungere le campagne bombardate durante la guerra del Vietnam e aiutare i sopravvissuti e i feriti. Il gesto di 'ribellione', malvisto dal suo ordine e da entrambi i governi in conflitto, non rimase impunito: la sua scelta gli costò l'arresto, la tortura e un esilio lungo quasi quarant'anni (concluso solo nel 2005). Ma negli USA alcuni incontri fondamentali, come quello con Martin Luther King, e la tenacia di stare dalla parte dei più deboli lo hanno condotto a diventare uno dei più grandi divulgatori dell'antica arte della meditazione buddhista, nota come Mindfulness. 

Per la prima volta la dottrina dell'impermanenza incontra in modo così efficace il sentire dell'occidente. Sono tantissime le persone, dislocate in tutto il mondo, che seguono il Metodo Mindfulness per fare propria la massima di Lavoiser "nulla nasce, nulla perisce, tutto si trasforma".

Oggi ci troviamo di fronte a una grandissima produzione saggistica e poetica e di numerosissimi video sul web che lo ritraggono durante la sua quotidianità, fatta di una sensibile attenzione al prossimo. Nel 2017 Marc Francis e Max Pugh hanno diretto il documentario Walk With Me (disponibile in streaming su Wanted Zone), un viaggio nel microcosmo del maestro Zen e girato all'interno di un monastero del XXI secolo - il Plum Village vicino a Bordeaux, la prima comunità monastica fondata da Thich Nhat Hanh -, dove molti occidentali dalle più diverse provenienze hanno deciso di ricominciare a vivere impostando la propria vita su valori nuovi.