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Oldman & Churchill, quando l'attore diventa il personaggio

Da Daniel Day-Lewis/Lincoln a Meryl Streep/Tatcher, ecco i ruoli da Oscar, dove la finzione va oltre la realtà.
di Pino Farinotti

L'ora più buia

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Gary Oldman Altri nomi: (Maurice Escargot / Gary von Oldman ) (66 anni) 21 marzo 1958, Londra (Gran Bretagna) - Ariete. Interpreta Winston Churchill nel film di Joe Wright L'ora più buia.
venerdì 16 marzo 2018 - Focus

Gary Oldman ha vinto l'Oscar come attore protagonista nella parte di sir Winston Churchill nel film L'ora più buia (guarda la video recensione) diretto da Joe Wright. L'attribuzione è più che legittima, trattasi di grande performance. A volte accade che un attore si identifichi in profondità nel personaggio, tanto da diventarlo. Ci sono esempi importanti nei film e spesso quell'applicazione particolare ha portato all'Oscar. Uno dei più fenomenali transfert, in questo senso, è certo quello di Ben Kingsley quando, nel 1983, diede corpo e volto al Mahatma Gandhi nel film omonimo di Richard Attenborough che si portò via ben otto "Academy", certo "trainati" dall'interpretazione di Kingsley. Se confrontavi un'immagine fiction a fronte di una autentica del Mahatma non riuscivi a distinguere il vero dal falso.
Daniel Day-Lewis, nel film Lincoln, di Spielberg, del 2012, letteralmente si trasforma nel Presidente. Il regista e l'attore non sono persone da trascurare i particolari. Ci fu un profondo studio delle immagini di Lincoln. Day-Lewis, che certo non è piccolo, venne "alzato" per raggiungere i centimetri di Lincoln, 193. Studiarono il timbro di voce possibile, visto che non c'erano riferimenti, ma solo racconti, e le movenze lente. Anche Daniel ottenne l'Oscar, il suo terzo, tutti da protagonista, un record.

Nel 1980 Robert De Niro fece Toro scatenato, per la regia di Martin Scorsese. Era la storia di Jake La Motta campione del mondo dei pesi medi. Anche De Niro, esemplare modello dell'Actors Studio che, come primo diktat, ti dice che l'attore deve "essere" il personaggio che rappresenta, faceva le cose sul serio, persino troppo.
Pino Farinotti

Ingrassò di trenta chili. Per poi tornare alla normalità dovette perderli, con diete devastanti, e per poco non ci lasciava la pelle. C'è anche un italiano, più che all'altezza, Elio Germano, nella mente geniale e dolente e nel corpo deforme di Giacomo Leopardi ne Il giovane favoloso di Mario Martone. Indimenticabile e commovente l'attore italiano.


In foto Daniel Day-Lewis in Lincoln.
In foto Meryl Streep in The Iron Lady.
In foto Nicole Kidman in The Hours.

Le donne. Certo non sono da meno. La memoria di getto mi rimanda a due personaggi dominanti, le due regine d'Inghilterra, le Elisabette. La prima, figlia di Enrico VIII, l'hanno toccata molte attrici, da Jean Simmons a Cate Blanchett, ma l'esclusiva non può che appartenere a Bette Davis, che la fece ne Il conte di Essex, nel 1939, accanto a Errol Flynn. L'impegno della Davis fu maniacale, si fece radere i capelli e indossò una parrucca, avrebbe meritato l'Oscar, ma lo aveva vinto l'anno prima, con La figlia del vento, e dunque ne fu penalizzata. La primatista di Oscar Meryl Streep, nel 2012, nel film The Iron Lady, per la regia di Phyllida Lloyd si è calata nella parte del durissimo primo ministro Margaret Tatcher, ottenendo la sua terza statuetta. Helen Mirren è diventata Elisabetta seconda in The Queen - La regina, rassomiglianza impressionante, premio Oscar indiscutibile.

A Virginia Woolf si applicò Nicole Kidman nel film The Hours diretto da Stephen Daldry nel 2002. I truccatori dovettero lavorare su uno dei volti più belli del cinema per renderlo verosimile, di fatto abbruttirlo, ma ne uscì una Woolf credibile con tanto di Oscar.
Pino Farinotti

Un altro transfert potente, non "inglese" per una volta, è quello di Salma Hayek verso Frida Kahlo, nel film Frida diretto da Julie Taymor nel 2002. Salma ebbe la nomination come attrice protagonista, ma venne battuta proprio dalla Kidman&Woolf. Tuttavia ebbero l'Oscar i truccatori John E. Jackson e Beatrice De Alba, protagonisti dunque del transfert.
Concludo con una vicenda che non fa parte della memoria popolare, riguarda Luigi Vannucchi, attore vero, di cinema, teatro e televisione: una citazione, il suo don Rodrigo nei "Promessi sposi" di Sandro Bolchi. Nel 1977 portò in televisione Il vizio assurdo, da un testo di Cesare Pavese, per la regia di Giancarlo Sbragia. Lo scrittore piemontese fra i più grandi del Novecento, nell'agosto del 1950, cinquantaduenne, prese una stanza all'hotel Roma di Torino, si sdraiò sul letto e ingerì un'overdose, mortale, di barbiturici. Vannucchi che, peraltro, assomigliava a Pavese, si immerse in quella parte come di più non avrebbe potuto. Nell'agosto del 1978 in casa sua, a Roma, si sdraiò sul letto e assunse barbiturici e alcol. Aveva solo 48 anni. Aveva recitato l'ultima parte fino in fondo. Oltre la fine.


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