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Tonino Guerra: vecchio ragazzo di paese del mondo

Un romagnolo di provincia. Di Pino Farinotti.
di Pino Farinotti

Tonino Guerra (Antonio Guerra) 16 marzo 1920, Sant'Arcangelo di Romagna (Italia) - 21 Marzo 2012, Sant'Arcangelo di Romagna (Italia).

giovedì 22 marzo 2012 - Celebrities

Era un romagnolo di provincia e quella sarebbe sempre stata la sua cultura, ma capace di applicarla molto in alto, nell'arte della nazione e del mondo. La partenza del suo linguaggio era sempre quella della plaga. Come quando dopo l'8 settembre del '43 si ritrovò in un campo di concentramento in Germania e divenne il tutore di tanti romagnoli che volevano sentire il loro dialetto. E Tonino scriveva e scriveva, poesie in romagnolo. Essere artista in un campo come quello ti matura e come, come artista e come uomo. E ti fa sentire comunque un privilegiato, un sopravissuto fortunato. Quando porti via le pelle sei ormai buono per tutto, provare e riprovare, sperimentare. E sempre di "lingua" trattasi.
Era nato nel '20 Tonino, come Federico il grande. I due non c'è dubbio, a un certo punto si sarebbero incontrati. Narratore e poeta aveva il gusto dell'applicazione del linguaggio a se stesso naturalmente, ma soprattutto agli altri. "Altri" significa molto, gente come Pirandello e Márquez, premi Nobel. Il grande siciliano non c'era più ma Márquez accettò la collaborazione letteraria del romagnolo con grande rispetto. Inventare è bello e può persino essere facile se possiedi quella dotazione, ma cesellare e rileggere certi maestri, e magari adattarli e migliorarli è un intimo risultato che ti fa quasi sentire un eroe più che un professionista.
L'immagine di Guerra era quella di un uomo che potevi trovare seduto a un tavolino di Santarcangelo, con una salsiccia e un bicchiere di Sangiovese davanti. Ma su quel tavolino c'era magari il copione de L'aquila a due teste, di Cocteau, che lo scrittore stava "mettendo a posto" per un adattamento cinematografico che avrebbe preso in mano uno bravo, tale Antonioni, cambiando il titolo in Il mistero di Oberwald. Sperimentazione: proprio Antonioni offrì la leva a Guerra per aderire alla tecnologia che cambiava. E Guerra non sembrava proprio uomo da tecnologia, ma ancora una volta ingannava. Gli esperimenti elettronici sul colore lo trovarono perfettamente all'altezza. Antonioni gli deve molto. Nel '67 il regista di Ferrara acquisì i diritti del racconto "La bava del diavolo", di Julio Cortazar. Si apprestava a girare Blow-up. Ci mise le mani Guerra, corresse alcuni equilibri, naturalmente intervenne sul linguaggio e il film entrò nelle nomination, per la sceneggiatura, dell'Oscar. Lo scrittore ha toccato autori, oltre a quelli detti sopra, come Lussu, Sciascia e Levi. Ha lavorato con registi come Bellocchio, Monicelli e i Taviani, fra gli altri italiani. E poi con Tarkovskij e Angelopulos. Dunque era molto amato anche altrove. Nel 1986 alla mostra di Venezia venne presentato un video dal titolo "Tonino Guerra, caffè sospeso". Era firmato da Fell e Schellensattl, della Repubblica Federale Tedesca. Non accadeva a tutti. Ma il Tonino che la memoria del cinema va a scovare d'istinto è quello di Amarcord. Passa il Rex e i romagnoli scattano sulle barche, si presentano, lo salutano, piangono. Il transatlantico, sortilegio italiano di quell'epoca, passa con la sua sirena sorda, col suo linguaggio esclusivo. Roba di Tonino.

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