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La politica degli autori: Steven Spielberg

Super 8 e Tintin: il regista ha iniziato a giocare, da adulto.
di Mauro Gervasini

In foto Steven Spielberg durante la presentazione in Belgio (paese d'origine di Hergé) del film Le avventure di Tintin – Il segreto dell'Unicorno.
Steven Spielberg (Steven Allan Spielberg) (77 anni) 18 dicembre 1946, Cincinnati (Ohio - USA) - Sagittario. Regista del film Le avventure di Tintin - Il segreto dell'Unicorno.

mercoledì 26 ottobre 2011 - Approfondimenti

Narra la leggenda – o una delle leggende – che anni fa, mentre volava su un Air France, Steven Spielberg ascoltò di soppiatto il curioso dialogo tra due ragazzini, seduti accanto. «Hai visto il film di Indiana Jones? Bellissimo!». «L'ho visto, sì, mi è piaciuto ma sembra troppo un'avventura di Tintin!». Ohibò, pensò tra sé e sé l'allora enfant prodige di Hollywood, chi diavolo sarà mai questo Tintin? A trent'anni esatti da I predatori dell'Arca perduta (1981), primo titolo del ciclo dedicato allo spericolato archeologo con frusta, Spielberg ha finalmente scoperto di cosa si tratta. Anche grazie al sodale Peter Jackson, che al contrario sapeva tutto da tempo essendo buon lettore di fumetti.

Tintin, protagonista di una bande dessinée belga, è un giovane reporter giramondo, secondo la definizione ufficiale che ne dà il suo creatore Georges Prosper Remi, in arte semplicemente Hergé. L'uscita in sala di Le avventure di Tintin - Il segreto dell'unicorno diretto da Spielberg e prodotto da Jackson (si parla già di un sequel a parti invertite) pareggia i conti con un immaginario che non ha influenzato il regista di E.T. l'extraterrestre ma potrebbe essere stato tra le fonti dello sceneggiatore originale della serie di Indiana Jones, quel Lawrence Kasdan fresco di studi universitari, apprendistato chez George Lucas e buone letture che poi regalerà, di suo pugno, gioielli del cinema americano come Brivido caldo (1982), Il grande freddo (1983) e Silverado (1985). Di sicuro Spielberg con Tintin gioca. Prima di tutto perché affronta in prima persona una modalità di cinema cara al suo ex socio Robert Zemeckis, dato che il film passa dalla motion capture all'animazione 3D. In secondo luogo perché cerca di rimanere coerente alla sua ispirazione recente, alla "linea editoriale" delle produzioni degli ultimi sei anni. Dopo Munich (2005), infatti, il cineasta che pareva da Schindler's List (1993) privilegiare temi drammatici o comunque "adulti" (in quell'arco di tempo anche Salvate il soldato Ryan, Amistad e Minority Report) ha preferito adeguarsi all'istinto di "regressione" tipico della Hollywood di oggi. Gli spettatori sono sempre più giovani, hanno fame di blockbuster, vogliono il fracasso e i giocattoli, in un contesto visivo che simuli interazione come di fronte a un videogame. Da qui la formula. Da qui, ad esempio, il ciclo dei Transformers, da Spielberg prodotto. Da qui il ritorno al professor Jones, nel tentativo di passare il testimone dal vecchio eroe (Harrison Ford) al giovane (Shia LaBeouf). Anche se Indiana Jones e il regno del teschio di cristall (2008) resta del regista uno dei film paradossalmente più ingessati e senili, senza alcuna possibilità di competere con gli action avventurosi degli anni Zero.

Gioca, Spielberg. E lo fa da adulto, senza più identificarsi con i bambini e gli adolescenti o al massimo con i grandi "piccoli dentro" (il Dreyfuss di Incontri ravvicinati del terzo tipo, nell'ormai lontano 1977) ma con l'uomo maturo che rimpiange un immaginario esotico perduto (il lost world di uno dei suoi titoli profetici) e quindi gioca ai cowboy e agli indiani producendo la fiction Into the West (2005, grande successo in Usa, misconosciuto da noi) ma anche, come executive, Cowboys & Aliens. Gioca con macchinine e robot (Transformers), con i trenini (Super 8, da lui prodotto, film sul quale andrebbe scritto un capitolo a parte...), rilegge i fumetti, riscopre i dinosauri come in Terra Nova, serial attualmente in onda su Fox (pacchetto Sky). Progetto curioso quest'ultimo, anche se è prematuro dare un giudizio, una specie di mix tra Jurassic Park e Avatar. L'attività televisiva di Spielberg è particolarmente intensa e interessante. Dalla sua factory, recentemente, anche Falling Skies, serial di fantascienza con sopravvissuti e sopravviventi umani che resistono agli invasori alieni. Fortemente legato a La guerra dei mondi (2005), Falling Skies rispolvera una delle tematiche spielberghiane classiche, ovvero la necessità di recuperare, attraverso la memoria storica, il senso della comunità necessario a superare i peggiori momenti di crisi. Il serial è una metafora della Guerra di indipendenza americana, con tanto di eroi (in particolare Paul Revere, grande tattico militare con il quale si identifica il protagonista Noah Wyle) citati espressamente dai personaggi in un eccesso di retorica patriottica. Quel che clamorosamente manca è l'azione. A parte le schermaglie, il serial continua a rimandare le grandi battaglie, prosciugando l'epos puntata dopo puntata. Spielberg e i suoi amici, con i loro ultimi balocchi (gli Skitters, alieni tecnorganici) si saranno certamente divertiti. Noi un po' meno.

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