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Storia "poconormale" del cinema: puntata 100

Una rilettura non convenzionale della storia del cinema.
di Pino Farinotti

Una scena del film C'era una volta in America

venerdì 21 gennaio 2011 - Focus

Il sociale
C'è un autore italiano che non ha inventato un genere ma certo ne ha caratterizzato uno, del tutto personale. Dario Argento ha attraversato gli anni settanta lasciando una striscia visibile. Non ha firmato capolavori, ma opere con un'identità precisa e comunque un merito, non piccolo, lo ha ottenuto, si è fatto esportare. Titoli come Il gatto a nove code ('71) e Quattro mosche di velluto grigio, sono modelli di thriller italiano che appartengono solo a Dario Argento. Successivamente il regista romano ha trovato adepti e figliastri, ma anche fan importanti, come un Tarantino, per esempio.

Spartiacque
Il Leone d'oro all'Albero degli zoccoli di Ermanno Olmi, attribuito nel 1978 rappresenta un segnale, non buono, e uno spartiacque. Passeranno ben dieci anni prima che il nostro cinema venga riconosciuto da un altro dei tre maggiori premi internazionali. E sarà ancora Olmi a riannodare il filo con La leggenda del santo bevitore. All'inizio di questo capitolo "sociale" ho posto l'assunto dell'Oscar, della Palma e del Leone come misura generale dello stato del nostro cinema. Rilevando ancora la fine dei grandi movimenti con l'inizio degli anni settanta, il decennio successivo conferma la tendenza delle opere individuali, certo di qualità, fuori dalle correnti. Gli anni ottanta, parlo di cinema italiano, "peggiorano". Il cinema italiano entra in crisi, e la crisi nelle epoche successive sarà sempre più profonda. Naturalmente il concetto va inteso in chiave relativa. La caduta vale, per lo meno per quel decennio, rispetto alla qualità che ci era appartenuta fino ad allora.

Eco
Il 1980, artisticamente presenta una paternità forte. Umberto Eco pubblica Il nome della rosa. Si tratta di un giallo gotico di ambientazione medievale. Il benedettino Adso di Melk, ormai vecchio, racconta le vicende che lo videro testimone, nell'autunno del 1327, quando, novizio, si trovò coinvolto, in un'abbazia dell'Italia del nord, in una serie di misteriose uccisioni. Eco, docente di semiotica e saggista, era al suo primo romanzo: un abbrivio davvero sensazionale, perché il libro ottenne il premio Strega per cominciare e successivamente Jean-Jacques Annaud ne fece un film con Sean Connery, che rilanciò esponenzialmente la popolarità di Eco sul mercato internazionale.

Disuguale
Per Nanni Moretti gli anni ottanta sono una stagione disuguale. Naturalmente si accredita come un grande autore. Un'indicazione che mi appartiene, data più volte, soprattutto nell'era recente è: "Moretti è una delle rare prove dell'esistenza in vita del cinema italiano". Nel '78 aveva firmato Ecce Bombo, film anarchico e ricco, che già molto prometteva. Aveva solo 25 anni allora. Sogni d'oro ('81) è un titolo interessante, del tutto morettiano, autobiografico come e più di tutti gli altri. Palombella rossa è un film sulla crisi del partito comunista. Una partita di pallavolo è la metafora per una dialettica complessa. Il film è dell'89, guarda caso l'anno della caduta di tutto, muro e cortine. È un film molto amato dalle sinistre, ma sopravvalutato, e certo sorpassato. Il meglio di sé Moretti lo darà successivamente.

Leone
Ma un grande titolo italiano l'abbiamo. Grande significa un film per il mondo. Lo ha firmato Sergio Leone, si intitola C'era una volta in America. È l'ultimo film del regista romano, e il più completo, davvero un testamento. Concluse le parabole del west il regista italiano, in cerca di una nuova mitologia americana, di cinema naturalmente, toccava la malavita newyorkese, quella ebraica, dopo che Coppola aveva rappresentato la vicenda di Cosa Nostra. Nell'arco di quasi cinquant'anni, tre amici, dunque da adolescenti a vecchi, passano dalla strada alla ricchezza e al potere, "quel potere" naturalmente. C'era una volta in America del 1984, è un titolo da memoria del cinema, perennemente inserito nella parte alta delle classifiche di tutti i tempi. Grandi attori come De Niro e Woods, grandi momenti di cinema in tutti i suoi linguaggi a cominciare da quello epico. Con sequenze antologiche, e di poetica vera, come quella di Jennifer Connelly che balla "Amapola" intorno al grammofono. E tante altre.
C'era una volta in America segna il decennio.

Piccolo
Ma concludo non in chiave di grande, ma di piccolo schermo. Nel 1980 nasce Canale 5. Nei due anni successivi l'editore Silvio Berlusconi acquista Italia Uno dalla Rusconi e Retequattro dalla Mondadori. Le tre reti permetteranno a Fininvest di competere nell'arco completo dell'audience con le reti della Rai. Nasce così quell'industria e quella comunicazione privata che costringerà i competitori a stare al gioco di una concorrenza molto pesante e a investimenti sproporzionati. Così, nel quadro della rincorsa disperata agli ascolti, avranno la meglio programmi che allora potevano essere definiti popolari, che successivamente divennero volgari. E dunque, stadio dopo stadio: be' la televisione dell'era recente ... la conosciamo.
Ma c'è di peggio: il cinema ha dovuto inseguire la televisione. Un rincorsa devastante da parte del cinema, già abbastanza devastato di suo.

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