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La musica (1)

Una rilettura non convenzionale della Storia del cinema.
di Pino Farinotti

Puntata 55

venerdì 12 marzo 2010 - Focus

Puntata 55
In Per un pugno di dollari, Clint Eastwood cammina, spara, parla (pochissimo) soprattutto cavalca sempre accompagnato da un tema musicale. La colonna di Ennio Morricone affianca l'azione nel film, la sostiene, in alcuni casi la sorpassa. I film di Sergio Leone sono strettamente legati alla musica di Morricone. Cinema e musica: l'uno indispensabile all'altra. Ho citato Morricone perché trattasi di compositore, oltre che di alta qualità, di grande popolarità, il suo nome è conosciuto dal grande pubblico, come quello di un attore. È l'uomo di cinema italiano, diciamo così, che guadagna di più. Nel 2007 ha ottenuto il massimo riconoscimento del cinema, l'Oscar. Morricone è artisticamente molto importante. I suoi fraseggi orecchiabili, aggressivi, come detto sopra, fanno parte integrante del film e sono un elemento decisivo di vendita. Il maestro italiano, nato nel '28 a Roma, si era diplomato al Conservatorio di Santa Cecilia in composizione, strumentazione per banda e in tromba. E la tromba sarebbe stata un elemento decisivo nelle sue composizioni. La "filosofia musicale" di Morricone è l'impatto forte, quasi traumatico, supportato dalla "violenza" della tromba come prima voce. Ma proprio nella saga di Leone (Per un pugno di dollari, Per qualche dollaro in più, Il buono, il brutto il cattivo, C'era una volta il west, Giù la testa) il musicista ha potuto, su una piattaforma estetica vasta e suggestiva, favorevole, le rocce, le pianure, le città del west, articolare le sue composizioni con invenzioni lontane dall'ortodossia delle musica di sostegno alle immagini, inserendo "anarchicamente" strumenti come lo scacciapensieri, l'organo, le chitarre e la voce umana come suono, non come canto. Nel cinema moderno ci sono stati compositori certo di maggiore stile e qualità di Morricone, tuttavia il musicista romano è certamente primatista per numeri: oltre cinquecento partiture. Morricone è dunque un autore che non sta sotto, come tappeto, come sostegno periferico a valorizzare e definire il momento: la tensione, la paura, l'amore, l'azione; ma si pone "alla pari" con l'azione del film. Racconta con la stessa intensità del regista, con altri strumenti. I puristi -del cinema, della musica, delle accademie- non sono contenti, considerano Morricone un'anomalia.
Ma se lo è, trattasi di gran bella anomalia.

Scott
Nel 1950 la Metro acquisì i diritti di Ivanhoe (1952), il romanzo storico di Walter Scott. Affidò la regia a Henry Koster, il ruolo di protagonista a Robert Taylor e decise di investire molto sul compositore. Intendeva affidarsi a qualcuno che sapesse "inventare" il Medio evo. E chiamò Miklòs Ròzsa, il musicista ungherese cui apparteneva la giusta cultura per un compito del genere. Ròzsa (1907) aveva già composto sinfonie e balletti importanti prima di essere acquisito dal cinema nel 1937 con La contessa Alessandra di Jacques Feyder. Ivanhoe comincia col racconto fuori campo: al ritorno dalla terza crociata re Riccardo cuor di leone viene fatto prigioniero da Leopoldo d'Austria con la complicità di Giovanni, fratello e reggente di Riccardo sul trono di Inghilterra. Siamo alla fine del millecento. Il cavaliere Ivanhoe, fedelissimo di Riccardo vaga di castello in castello alla ricerca del suo re, finché giunge in Austria. La musica di Ròzsa racconta l'epica del viaggio, il tempo che scorre, la devozione del cavaliere. La percezione è davvero un sortilegio, ti sembra di entrare in quell'epoca: dolce e romantica ma anche antica e guerriera è la ricerca dell'eroe cavaliere. Agiscono archi e oboe. Viene inquadrata una carta d'Inghilterra dell'epoca. L'attenzione va sulla foresta di Sherwood, regno di sir Robin di Locksley, più conosciuto come Robin Hood. Strumento principe è il corno, altra epica etnica e geografica. Ivanhoe incrocia un gruppo di cavalieri normanni, lui sassone. Sono nemici dunque. Protetto dagli alberi Robin vede l'amico Ivanhoe dirigersi verso il castello di Cedric il sassone insieme ai nemici. Non riesce a darsi una spiegazione, ma ha fiducia in Ivanhoe. Ròzsa riesce, con un fraseggio sospeso, di attesa, a dare la sensazione dell'episodio di avventura-mistero che sta per cominciare. Il nobile cavaliere arriva al castello e incontra lady Rouina, la sua amata. Ed ecco il tema musicale, dolce e struggente: non si vedevano da tanto tempo. Comandano i violini. Sono quattro segmenti di musica perfetta come una sfera, armonie che possono raccontare solo quel tempo, solo quella storia, solo quei personaggi. Ròzsa ha creato quattro sinfonie, rimanendo nei confini degli episodi, dunque con dei limiti precisi, ma valorizzando quei fotogrammi nel quadro di quel tempo. Chi vede il film e non ha riferimenti musicali di quel tempo e di quella terra, sa che la musica di quel tempo e di quella terra è quella creata da Ròzsa. Ivanhoe è un modello perfetto di colonna, un precedente dal quale non si è più potuto prescindere.

Roma
Nel 1951 il musicista aveva fatto anche di meglio. Chiamato per la colonna di Quo vadis? aveva inventato la musica della Roma antica. Mentre per il Medio evo esistevano rari spartiti dell'epoca e comunque un rimando diretto di esecuzioni, e anche di strumenti, la Roma di Nerone era davvero troppo lontana per lasciare segnali musicali. E così l'ungherese si affidò alla propria discrezionalità. Che era l'unica ispirazione possibile. Ma Ròzsa non è solo il maestro delle imprese e delle invenzioni impossibili, seppe anche adattarsi alle esigenze "normali" del racconto, seppe, come ho detto sopra "valorizzare e definire il momento: la tensione, la paura, l'amore, l'azione". Ha ottenuto in carriera ben sedici nomination vincendo tre Oscar con Io ti salverò, Doppia vita e Ben Hur, firmati rispettivamente da Hitchcock, Cukor e Wyler. Autori di cultura e stili diversissimi, ai quali Miklòs Ròzsa aderì secondo quello che era: il più grande di tutti.

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