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Tutta colpa di Giuda: diario dal carcere

Visita al set del nuovo film di Davide Ferrario.
di Giancarlo Zappoli

La partenza
Kasia Smutniak (Katarzyna Anna Smutniak) (44 anni) 13 agosto 1979, Wojewoda (Polonia) - Leone. Interpreta Irena nel film di Davide Ferrario Tutta colpa di Giuda - Una commedia con musica.

lunedì 6 aprile 2009 - Approfondimenti

La partenza
Ore 8.30. Milano. Bastioni di Porta Venezia. Un pulmino attende un gruppo di critici e di operatori nell'ambito del cinema. Destinazione: la Casa Circondariale "Lorusso e Cutugno" di Torino. In parole povere: il carcere. L'occasione è fornita dall'anteprima di Tutta colpa di Giuda di Davide Ferrario che ha come set proprio la VI sezione, blocco A della casa di detenzione.
Si parte e, dopo le inevitabili battute sul fatto che ci lascino o meno uscire dopo la proiezione, si comincia a parlare di cinema e di vita. Ma sullo sfondo permane una leggera sensazione di aspettativa ma anche di disagio. Nessuno dei presenti ha mai varcato la soglia di un penitenziario e cosa si provi quando il portone si chiude alle tue spalle.

L'ingresso nel penitenziario
Ore 11. Puntualmente giungiamo dinanzi alla prigione. Ci è già stato detto che non sarà possibile portare con noi né telefoni cellulari né computer. Solo chi è stato preventivamente autorizzato potrà introdurre registratori, telecamere e microfoni.
Consegniamo i documenti, riceviamo un pass e, dopo la perquisizione col metal detector alla prima barriera, si apre il pesante cancello di ferro a scorrimento. Quando si richiude, si prova una sensazione strana. Il 'mondo', quello della quotidianità, è rimasto fuori.
Mentre percorriamo i corridoi per raggiungere il salone in cui verrà proiettato il film altri cancelli si aprono e poi si chiudono alle nostre spalle. Da una vetrata intravediamo un corridoio affollato di detenuti che assistono incuriositi al nostro passaggio. La parola affollamento è quella giusta perché in un carcere che prevedeva la presenza di 900 detenuti oggi ce ne sono 1669.

Attori, carcerati e carcerieri
Stiamo per entrare nel salone ma i controlli non sono ancora terminati. Ognuno di noi deve dichiarare chi è e il suo nominativo viene controllato sulla lista degli ammessi all'anteprima. Varcata la soglia si prova però una sensazione diversa. Nell'ampia sala sono presenti, in piacevole mescolanza, i colleghi torinesi, la troupe, le guardie carcerarie (alcune delle quali interpreti nel film) e i detenuti protagonisti. Fabio Troiano è già lì. Kasia Smutniak arriva di lì a poco e sono baci abbracci con gli attori/carcerati. Luciana Littizzetto arriverà per la conferenza stampa. È a casa a scriversi i testi per "Che tempo che fa" condotto da Fabio Fazio.
In modo piacevolmente irrituale Ferrario introduce il film e presenta tutti coloro che vi hanno preso parte. Siamo ormai seduti e la mescolanza è totale. Io ho al fianco dei colleghi, tre sedie più in là c'è Kasia, davanti dei detenuti, dietro la direttrice del penitenziario. Le guardie ci sono ma non danno affatto l'impressione del controllo, uno di loro che ci dicono indossi sempre la mimetica oggi è in divisa perfettamente stirata. Qui succede un altro fatto curioso che non avrei mai pensato potesse verificarsi: dei carcerati che applaudono i loro carcerieri nel momento in cui questi vengono citati come interpreti o collaboratori alla riuscita del film. E succede anche il contrario.

Il film
Il film ha inizio e, ogni tanto, si sentono i commenti divertiti di chi si vede per la prima volta sul grande schermo dopo aver rivisto le scene solo sui monitor in fase di lavorazione. Alla fine gli applausi sono inevitabilmente diversi da quelli che si possono sentire alla fine di una qualsiasi proiezione. Non si è trattato solo di un film ma di un'esperienza di vita.
Che prosegue in attesa della conferenza stampa. Perché sia il catering (di una raffinatezza davvero notevole) che il servizio del caffè sono stati realizzati da due cooperative di detenuti. Mentre si mangia e si beve (ovviamente no alcol) si parla. Chiedo a uno dei detenuti/attori se così bravi si nasca o si diventi e lui mi risponde che Ferrario ha lavorato a lungo con loro e che il merito è suo. Quando replico che se fosse mancata la materia prima anche il regista avrebbe avuto ben poco da sperare sorride e si allontana.
Intanto sia Kasia che Fabio si sono visti circondare da noi giornalisti e, in modo piacevolmente informale, ci dicono, la prima che ha accettato la parte con timore (anche perché donna in un gruppo quasi totalmente maschile (la Littizzetto ha un ruolo decisamente breve che ha richiesto poche pose) ma che è riuscita a interagire non con un gruppo ma con delle persone e Troiano afferma di essere contento di aver finalmente avuto un ruolo che lo distacca dai precedenti e di avere trovato l'esperienza decisamente stimolante.

La conferenza
Ore 14.30. La conferenza stampa ha inizio. I detenuti sono tornati nelle loro celle. Ferrario riveste, in modo anche questo irrituale, il ruolo di regista ma anche di moderatore.
Il film esce il 10 aprile (venerdì santo non dimentichiamolo) in 70 copie. Questo grazie al coraggio della Warner Italia (Ferrario non sa e non vuole sapere cosa diranno alla casa madre americana quando vedranno il film) che ha accettato di produrre il film senza che ci fosse neppure una pagina di sceneggiatura ma basandosi solo sulla quindicina di cartelle del soggetto.
Ferrario conosce bene il mondo carcerario. Ha operato in laboratori creativi per 9 anni a San Vittore a Milano ed è consapevole, come si dice nel film, che dietro le sbarre ognuno recita il proprio ruolo e che la redenzione del detenuto è solo una bella parola. Ricorda che negli ultimi sei mesi nelle carceri italiane (non qui però) ci sono stati 11 suicidi.

Luciana Littizzetto
L uciana Littizzetto ricorda che in carcere non ci sono barriere. Non devi piacere a nessuno. Ormai la condanna l'hai avuta e sei come sei senza mediazioni. Quello che l'ha particolarmente colpita è il fatto che la popolazione carceraria sembra divisa in due. Ci sono detenuti molto intelligenti che hanno considerato il crimine come una scorciatoia per raggiungere più facilmente i propri obiettivi e altri che invece sono così sprovveduti da avere visto in esso l'unica possibilità. Poi, come sempre, cerca di sdrammatizzare e ricorda come, al momento dell'indulto che ha creato non poche difficoltà alla lavorazione perché si è dovuto ricominciare il lavoro con nuovi soggetti, un detenuto che usciva le ha detto "Tanto torno". "Torni se sei pirla" le ha replicato lei col suo abituale tono diretto."Se combini ancora qualcosa". "Io il ladro so fare" è stata la lapidaria risposta. Aggiunge poi che lei (già esperta di carcere perché ha già collaborato senza clamore a iniziative attuate in prigione) un giorno, giunta sul set per il film, ha notato due soggetti grandi e grossi con l'aria proprio da delinquente. Ha considerato che la truccatrice avesse fatto un gran bel lavoro ma il guardiano di turno le ha comunicato in tutta nonchalance che i due avevano fatto a pezzi la zia e se l'erano mangiata. "Ma non tutta. Una parte l'hanno messa nel congelatore".

Kasia Smutniak
K asia Smutniak ricorda invece come molto sia cambiato dal primo giorno in cui, lasciati cellulare e documenti all'entrata, si è avviata verso il luogo d'incontro e ha visto avanzare due detenuti grandi, grossi e tatuati. Ferrario era dietro di lei e non la affiancava e non sapeva come comportarsi. Giunta all'inevitabile impatto ha deciso di non guardarli negli occhi aspettandosi qualche apprezzamento pesante. Quello che le è stato detto è stato un semplice "Buongiorno". Ovviamente non tutto è stato semplice nel corso delle riprese ma il mese trascorso tra quelle mura le ha fornito l'occasione per riparametrare il rapporto con la realtà esterna.

Fabio Troiano
F abio Troiano ha invece dovuto prima di tutto superare l'impatto dovuto alla sovrapposizione attore/personaggio. Per molti era uno dei componenti de La squadra quindi uno sbirro. Subito dopo ha dovuto sottoporsi a un test. Uno dei responsabili del carcere lo ha condotto in un giro d'ispezione chiedendogli di comportarsi come se fosse il vero direttore (ruolo che avrebbe dovuto poi sostenere nel film). Dinanzi alla sua disponibilità dinanzi a una richiesta gli è stato detto che così non funzionava. Perché il vero direttore avrebbe detto no. Gli ostacoli burocratici sono tali e tanti che il diniego preventivo è l'ancora di salvezza. Di un dirigente. Una risposta affermativa smentita poi dalla dura realtà può far solo del male.

Davide Ferrario
F errario ci racconta poi che le condizioni meteorologiche non sono mai state troppo favorevoli ma che un episodio in particolare lo ha colpito. Quando si è trattato di fare le riprese della scena della croce in cortile la giornata per ben tre volte si è presentata come luminosa al mattino per poi proporre un cielo sempre più carico di nuvole e di pioggia in prossimità delle riprese al punto da impedirle per due volte. Alla terza si è colta rapidamente un'occasione ma il regista ha dovuto fare appello alla sua radicata 'fede atea' per non attribuire al fenomeno valenze soprannaturali.

Ritorno a casa
Ore 16. La conferenza stampa ha avuto termine. La porta di ferro si è chiusa alle nostre spalle ma questa volta noi siamo all'esterno. Qualcuno si sente un po' come se avesse ottenuto l'indulto ma tutti hanno la consapevolezza di una giornata spesa bene, sia sul piano del cinema che sul più ampio versante della sensibilità tout court. Nella memoria restano le parole di una delle canzoni del film: "Dammi un'occasione. Dammi una speranza. Giuda era un'infame. Si sta molto meglio senza".

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