Valentina Lodovini, un mix di fascino e talento
Ha stupito ne La giusta distanza. Valentina Lodovini è il giusto mix italiano di fascino e talento, bravura e sex appeal. Nel suo curriculum sempre scelte molto azzeccate, anche quando ha sterzato per la televisione in fiction garbate. Il 2009 è all'insegna di Fortapàsc di Marco Risi, film sulla vita e la morte di Giancarlo Siani, e, presto, sarà diretta da Massimo Venier in Generazione Mille euro.

Valentina, cosa ti ha convinta ad accettare la parte di Daniela, la fidanzata di Siani?
Mi interessava lavorare con Marco Risi. Ho seguito con attenzione il suo percorso, in bilico tra documentario e fiction. Mi intrigava il suo metodo e ho pensato che sarebbe stato divertente esserci dentro. E poi, alla fine, quando ho letto la sceneggiatura mi piaceva la storia.
Il titolo del film rievoca una città sotto assedio. È questo l'obiettivo?
Sì, a un certo punto Napoli è come un campo di battaglia, con delle sparatorie eccessive. Credo che il titolo Fortapàsc dica tutto.
Racconta qualcosa di Daniela, il tuo personaggio?
Mi sono sentita molto coinvolta in questo film perché è una storia triste e vera che mi ha appassionata in maniera molto diretta, perché sentivo una certa responsabilità. Ero preoccupata per le scelte che dovevo prendere perché non volevo ferire o offendere nessuno. È un ruolo piccolo a cui sono molto legata.
Parlavi di scelte da fare. Qual è la più difficile che hai affrontato?
Capire com'era Daniela nel momento che si stava raccontando, interpretare il rapporto con Giancarlo, a che punto erano tra loro come coppia e individualmente. Ho pensato di dover vivere e rappresentare il lato umano della vicenda. Anzi, forse il mio compito è di rendere umano Giancarlo, coraggioso nel lavoro ma impacciato e spaventato nella vita privata come tanti ragazzi.

Lavorando a Fortapàsc cosa hai capito sul caso Siani e in generale sulla camorra in Italia?
Che c'è molta voglia di lasciar andare, mettere la testa sotto la sabbia, che è la cosa più facile. In generale, però, non è relativo solo alla camorra o la mafia o la 'ndragheta. In Italia c'è un atteggiamento chiuso, non ci si ribella mai, nessuno alza mai la voce. Questa è la sensazione che ho percepito io dalla nostra storia, dal nostro presente.
Lavorando al film cosa hai capito di quel periodo storico (Siani muore nell'85, ndi)?
Non credo ci sia tanta differenza rispetto ad oggi, a parte il progresso e la tecnologia. Non c'è stato qualcosa che mi ha stupito più di tanto.
In effetti per il pubblico più giovane sarà difficile vedere un film in cui non c'è un cellulare che squilla ogni 5 minuti!
Infatti. Però, è cambiata anche la situazione dei giovani, anche se, a mio parere, Giancarlo Siani, così come la sua ragazza e il suo migliore amico, erano avanti rispetto ai loro coetanei, perché erano persone curiose della vita, molto vive e in gamba e aperti mentalmente.
Tra l'altro, il film arriva in sala in un momento in cui c'è ancora una situazione molto problematica. Sembra che a 24 anni dalla morte di Siani non sia cambiato nulla. Prima era la camorra, adesso è Gomorra
Purtroppo sì, ma c'è anche tanta ignoranza, culturalmente forse oggi siamo ancora più indietro rispetto a prima.

Lavori di nuovo con Riondino dopo Il passato è una terra straniera. Come ti trovi con lui?
Bene, per me Michele è stata una grandissima scoperta. Non sono la più esperta per dire questo, però per me è uno degli attori più bravi della nostra generazione. Sono come una sorella per Michele, mi vuole proprio bene, ho imparato a conoscerlo e devo dire che è un tipo molto intuitivo. È facile lavorare con una persona così brava.
Libero De Rienzo è così schizzato nella vita reale come sembra sul grande schermo?
Non lo so, non lo conosco nella vita privata. Però, in Fortapàsc ha fatto un bel lavoro. Ha avuto un approccio interiore al personaggio e Libero, piano piano, è diventato Giancarlo, gli ha cambiato lo sguardo, il modo di gesticolare. È stata un'emozione molto forte vedere questa trasformazione.
Hai detto prima che hai sempre desiderato lavorare con Marco Risi. Qual è la cosa che più ti ha colpito del suo metodo?
La libertà che lascia e l'ascolto che offre all'interlocutore. Mi ha sempre ascoltata e lasciata libera di decidere, nel rispetto delle cose che dovevo raccontare, e fare delle scelte interpretative. È una cosa di cui non ho difficoltà a parlare. Non è da tutti mostrarsi così aperto.

Qual è l'ultimo film che hai visto e che ti è piaciuto?
Ho amato tanto Il dubbio. L'ho trovato un testo bellissimo, con un regista intelligente, attori eccellenti, una pellicola molto credibile.
Qual è, invece, guardando il tuo curriculum fino ad oggi, la cosa di cui vai più orgogliosa?
Tutto. Io credo di avere un curriculum da proteggere. Sono veramente felice di tutto il mio percorso. Sono anche spaventata e devo fare ancora tante cose però sono felicissima. Non ho scheletri nell'armadio. Scuola di teatro, scuola di cinema, ho un debutto cinematografico con Sorrentino, un film con Francesca Comencini, una pellicola con Mazzacurati. Sono molto contenta, ma c'è ancora tanta strada da fare.
Ho letto che le tue attrici preferite sono Monica Vitti, Jodie Foster e Barbara Streisand. Perché?
Sì, sicuramente Monica Vitti è un'attrice che amo tantissimo come Barbara Streisand e Jodie Foster. Sono tre tipi di donna con caratteristiche veramente diverse. Le trovo tutte stimolanti, sono attrici eclettiche che hanno fatto di tutto: dal musical alla commedia, dal dramma al noir. Hanno interpretato le madri, le puttane, qualsiasi cosa. Hanno rappresentato tante figure femminili e sempre come donne piene di paure, di dubbi e in tutta la loro bellezza.