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La Pantera rosa 2: dritto e rovescio dell'impermeabile di Clouseau

Steve Martin veste per la seconda volta l'impermeabile che fu di Peter Sellers.
di Marianna Cappi

Un capo senza prezzo
Steve Martin (Stephen Glenn Martin) (78 anni) 14 agosto 1945, Waco (Texas - USA) - Leone. Interpreta Ispettore Jacques Clouseau nel film di Harald Zwart La Pantera Rosa 2.

giovedì 5 marzo 2009 - Approfondimenti

Un capo senza prezzo
C'era una volta un uomo di nome Peter Sellers, che faceva capitolare letteralmente ai suoi piedi i cameramen e moltiplicava disgraziatamente i ciak per le risate che era in grado di suscitare, e c'è, due volte dopo, un uomo di nome Steve Martin, autore e produttore di se stesso, comico di largo successo e consolidato mestiere. Lontanissimi per aspirazione, nobile "dentro" il primo, di immediata presa popolare il secondo, condividono un impermeabile: quello dell'ispettore Jacques Clouseau.
Sellers lo ha indossato cinque volte, rendendolo un capo d'asta senza prezzo; Martin lo veste ora per la seconda volta, quasi comodamente, poiché il grande atto di coraggio è stato farlo la prima.

Progredire tornando indietro
Digerita la torta in faccia della critica, incidente di percorso nel lungo ed entusiastico festeggiamento che il pubblico ha riservato al primo capitolo de La Pantera Rosa yankee style, Steve Martin non si adagia sugli allori e perfeziona il suo Clouseau, sottraendo anziché accumulando, fino a ritrovarsi quasi con la sola materia prima fra le mani: il corpo dell'attore comico.
Preso doverosamente atto dell'irreplicabilità della lingua del primo Clouseau – quello che trasformava una "stanza" in una "stonza" e stravolgeva l'esito di un interrogatorio inanellando parole sbagliate fino a raggiungere il puro nonsense - Martin non rinuncia allo sfruttamento della verve linguistica ma non ci insiste oltremodo, preferendo tornare al modello primo, ad un altro grande franc(a)fono in impermeabile e cappello: quel Monsieur Hulot in vacanza, di Jacques Tati, che fu guida spirituale del Clouseau di Peter Sellers.

Grandi modelli
Impassibile e stralunato, Hulot si ingaggiava continuamente in una lotta con gli oggetti di uso quotidiano, come già avevano lottato, prima di lui, gli immensi Buster Keaton e Charlie Chaplin e, come loro, lasciava trasparire la vena di malinconia che è l'altra faccia della migliore comicità, la fodera dell'impermeabile, nascosta ma imprescindibile e aderente alla pelle dell'uomo che lo indossa. Tati della malinconia fa una poesia; Sellers, in qualche sfumatura, ne fa una tragedia umana (e giù risate per contrappasso), la tragedia dell'imbecillità; Martin non aggiunge granché di suo ma dimostra di aver memorizzato egregiamente la lezione. La battaglia con il tergicristallo, la citazione del mappamondo, il duetto con le telecamere nascoste nella villa di Tornado sono perle venute dal passato che oggi brillano di intonso splendore. E il travestitismo, nell'eccezionale sequenza in Vaticano, e la portata autenticamente distruttiva del protagonista lo rimettono, nel secondo notevole capitolo, in continuità con il cartoon che lo introduce, da sempre, negli immortali titoli di testa.

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