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Tutti pazzi per amore: intervista a Carlotta Natoli

Un'attrice capace di adeguarsi a ruoli diversi
di Alessandra Giannelli

Un'attrice capace di adeguarsi a ruoli diversi
Carlotta Natoli (52 anni) 29 maggio 1971, Roma (Italia) - Gemelli. Interpreta Monica nel film di Riccardo Milani Tutti pazzi per amore.

lunedì 12 gennaio 2009 - Televisione

Un'attrice capace di adeguarsi a ruoli diversi
Si è fatta conoscere dal grande pubblico nel ruolo di Angela, la premurosa psicologa di Distretto di polizia. Poi l'hanno fatta uscire di scena, ma Carlotta Natoli, attrice romana, figlia del celebre, e compianto, Piero (regista e attore), è tornata a farsi apprezzare nel personaggio di Monica, la caporedattrice della rivista "Tu Donna" in Tutti pazzi per amore, la fiction che, in onda da alcune settimane su Rai Uno, sta riscuotendo un successo tale da aver battuto anche il "mitico" Dr. House. Un'attrice capace di adeguarsi a ruoli diversi, che dal cinema (Salto nel vuoto, Le amiche del cuore, L'estate di Bobby Charlton) è approdata alla tv e che si distingue per ironia e intelligenza, senza essere ideologica.

Come spieghi il successo di Tutti pazzi per amore?
È una serie molto leggera, nel senso che sdrammatizza, ma allo stesso tempo possiede un validissimo testo, è una buona commedia. Noi, di commedie, in televisione, non ne vediamo molte, a livello di serialità (I Cesaroni a parte), ed è quindi una cosa nuova; era una sfida ed è piaciuta perché ci sono pensieri, ci sono balletti. Non è commedia che gioca su schemi pesanti, né sulla battuta ad effetto e ha un suo contenuto di grazia e di innovazione. Dicevamo "o va bene o va male, o piace o non piace" perché non sapevamo come il pubblico potesse prendere una serie semplice ed innovativa, allo stesso tempo, così piena di personaggi. Ha funzionato questa commistione: un gruppo di attori di alto livello, una scrittura molto fortunata e una regia veramente intelligente, così come il montaggio. Quando riesce una commedia è sempre perché esistono più piani che funzionano, mentre sul drammatico può funzionare anche solo la storia.

Come ti hanno scelto per interpretare Monica?
Ho fatto un regolare provino! È un personaggio che mi diverte e di cui, lì per lì, ho avuto anche paura perché mi si chiedeva di fare molto. Volevo scrollarmi di dosso le "paure cinematografiche" di esagerare e giocarmela e, quindi, il tentativo che ho fatto, e che mi sembra abbastanza riuscito, almeno da quello che mi dicono gli altri, è stato quello di cercare di fare una cosa al limite; andare nell'esagerazione, cercando di dargli una verità. La commedia fatta così, soprattutto quando non l'hai lavorata per tanto tempo, un po' di paura la fa, anche perché devi mantenerla per tante puntate. Io ero preoccupata per la mia riuscita.

Il tuo personaggio, Monica, ti somiglia?
Non molto. L'unico tratto è quello della passionalità, anche se lei è single e io, invece, sono madre e assomiglio di più a Rosa (interpretata da Irene Ferri).

Come definisci Monica? Credi che i suoi pensieri sugli uomini, e le relative strategie messe in atto, siano vincenti? Una trentenne si può ritrovare in Monica?
Credo che, in amore, non esistano strategie e Monica, lungo la serie, se ne renderà sempre più conto; forse ne serve un minimo, ma in amore esistono altri canali. In realtà, sia lei che Michele provano a seguire delle "regole", in cui credono ciecamente: Monica è una single che avrebbe voglia di avere una storia e lui ha paura di impegnarsi, per cui queste strategie lasciano il tempo che trovano. Di fatto Monica è una donna solissima e sfigatissima! Io ho ricevuto, comunque, messaggi di persone che si sono ritrovate in lei, anche se onestamente non pensavo proprio perché la rappresentazione del personaggio spinge al limite del grottesco, però, in realtà, c'è molta ironia in lei; ci si scherza sopra sul disagio della solitudine e io credo che, nell'essere single, nella ricerca disperata di un uomo, ci si può riconoscere eccome in lei. Le qualità di Monica sono estreme, ma in lei non è forte l'immedesimazione, quanto il riconoscere che è "oltre" e questo ti fa sorridere. Anche il personaggio di Laura (Stefania Rocca), che è una sognatrice, o quello di Maya (Francesca Inaudi), che va a letto con tutti, sono spinti all'estremo, in modo tale che lo spettatore può rispondere con un sorriso, più che con un'identificazione. Il segreto della riuscita è far ridere e sorridere.

Come è stato lavorare con gli altri, soprattutto con Neri Marcoré?
Neri è una persona deliziosa, con lui mi sono trovata benissimo; è una persona molto calma, pacata, centrata. Ci siamo trovati bene tutti come gruppo, siamo stati fortunati, anche questo è servito alla riuscita della serie.

A proposito di Marcoré, alla fine Monica e Michele si "incontreranno"?
Si, si...si incontreranno e continueranno a scontrarsi, fino all'ultimo!


Parlando delle tue passate esperienze, perché fu deciso di far sparire un personaggio come Angela in Distretto di polizia?
Io, dall'inizio, avevo deciso di non fare più di due anni della serie perché ero un po' spaventata dal meccanismo della lunga serialità, volevo un qualcosa che mi permettesse di uscire fuori e non rimanere incastrata in un personaggio. Poi fu deciso che io sarei morta e, a quel punto, non mi piacque questa decisione perché mi ero affezionata al personaggio, però tale scelta serviva a due cose: c'era Pietro Valsecchi, il produttore, che voleva che succedesse qualcosa, anche di crudele, all'interno della fiction e che il pubblico si confrontasse con questo esperimento; inoltre, intervenne anche un problema drammaturgico, in quanto sia io che Isabella Ferrari saremmo andate via e serviva qualcuno che seguisse la mia scomparsa, in modo tale che si creasse un filo di continuità tra la seconda e la terza serie.

Quale è stata la tua reazione, a livello personale?
Fu una cosa da accettare. Non avevo deciso io di morire, sarei potuta scomparire in altri modi, tanto che poi quando il pubblico non reagì bene alla mia scomparsa, si decise di farmi riapparire con delle "fantasmate". Fu una decisione rischiosa anche per loro da fare, presa sull'onda delle ipotesi.

Tu hai un'esperienza, sia cinematografica sia televisiva, molto ampia, quale ambito preferisci?
Io nasco nel cinema. Per me sono lavori diversi, ed io tengo al cinema a livello molto profondo pensando anche a mio padre (da lui, infatti, fu diretta in Con...fusione, pellicola del 1980). Sarei una pazza a sputare sulla televisione, che mi dà lavoro e, a riguardo, non sono affatto ideologica, mentre prima lo ero. Per un attore fare cinema è diverso dal fare televisione, c'è sempre l'aspirazione di fare un buon cinema. Credo che qualunque artista preferisca fare delle cose lente, ma fatte bene, piuttosto che veloci e fatte male, allora la rapidità della televisione raramente si sposa con la qualità. E poi, il cinema è un'arte!

Ci parli dei tuoi progetti futuri?
Sicuramente ci sarà una seconda serie di Tutti pazzi per amore ed io ne farò parte e poi vediamo se si riesce a mettere in mezzo un po' di cinema, per me sarebbe l'ideale. Mi piacerebbe anche il teatro, ma è anche più difficile a livello personale, per il poco tempo.

A te, come nella fiction, è mai capitato di avere un colpo di fulmine?
In un certo senso si! Anche se non proprio con lo stupore, cioè in maniera poco realistica, ma con delle intuizioni verso qualcuno che poi si sono rivelate corrette.

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