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Lasciami entrare come Nosferatu, una variazione sul tema di Dracula

I vampiri classici tornano al cinema dopo 85 anni di evoluzione.
di Gabriele Niola

La figura del vampiro moderno
Kåre Hedebrant - Cancro. Interpreta Oskar nel film di Tomas Alfredson Lasciami entrare.

giovedì 8 gennaio 2009 - Approfondimenti

La figura del vampiro moderno
Ci voleva un film svedese per adattare con grande sapienza la figura classica del vampiro all'era moderna. Lasciami entrare nonostante non abbia al centro del suo svolgimento le dinamiche vampiresche riporta in vita il mito del vampiro seguendo tutte le direttrici mitologiche fissate nel tempo dalle tradizioni popolari e poi dalla letteratura ottocentesca.
Dalla sensualità asessuata alla violenza del colpire, dall'attrattiva morbosa alla pacatezza nei modi, dal tema del male in continuo viaggio alle entrate dalla finestra, tutte le caratteristiche e i topoi dei racconti classici di vampiri tornano camuffate da espedienti moderni con una bravura che raramente abbiamo visto.
Sebbene negli ultimi anni la figura del vampiro sia diventata per certi versi un eroe romantico, preda di una maledizione contro la quale combatte solitario rifiutando l'omicidio e cercando (senza riuscirci) l'amore, e per altri una specie di zombie atletico, figura spaventosa senza sfumature più simile ad un animale che ad un raffinato gentiluomo, deforme in volto e organizzato in branchi, lo stesso il film di Tomas Alfredson riesce a riazzerare tutto senza suonare vecchio e stantio, anzi. La vera novità è nel trovare un modo di raccontare in maniera moderna quella figura antica. In questo caso quindi non è la storia che cambia ma come è raccontata.
E non era facile, perchè tra i diversi generi cinematografici l'horror è quello che più di tutti negli anni ha saputo rispecchiare la società attraverso la messa in scena di "ciò di cui in questo momento storico si ha timore". E nel mondo dell'horror un ruolo tutto particolare lo ospita il vampirismo e le sue evoluzioni, da Dracula e le sue variazioni e poi anche con il concetto di "vampiro" inteso come creatura succhiasangue.

Il vampiro classico: un vero dandy
Sebbene nato dal folklore (quasi ogni popolo annovera nel suo corpus mitologico figure vampiresche) e immortalato per la prima volta dalla letteratura è poi al cinema che la figura del vampiro ha trovato maggiore fortuna e maggiore evoluzione anche se, a conferma di quanto il cinema sia l'arte del vedere le cose, i vampiri sul grande schermo si evolvono unicamente a livello estetico. Non a caso anche il vampiro di Lasciami entrare mostra questa dicotomia: è una bambina poco pallida ma il cui volto invecchia subito in assenza di sangue.
Fin dal suo esordio con il fulminante Nosferatu di Murnau (trasposizione non ufficiale e per questo perseguita legalmente la figura del Dracula di Bram Stoker) il vampiro cinematografico si dimostra più incline a variazioni estetiche e non tematiche (Nosferatu si comporta come il Dracula classico ma non gli somiglia). La figura infatti è subito in linea con il romanticismo (ma molto latente) di Stoker e non con l'irrazionale terrore delle figure folkloristiche.
I vampiri degli anni '30 (simboleggiati da Bela Lugosi) invece sono dei veri dandy: vestono benissimo, sono arguti, colti, educati, ricchi, possiedono portasigarette d'argento e fumano lascivamente. In azione poi sono silenziosi, rapidi, discreti e mordono con delicatezza il polso o il collo delle dame. Sono una vera metafora sessuale: l'uomo raffinato ma anche animale tentatore a cui le donne non resistono e al cui solo contatto vengono private di ogni forza rimanendo immobili con una vaga espressione gaudiosa in volto, incapaci di reagire mentre l'essere onnipotente e immortale le priva della linfa vitale. Così anche in Lasciami entrare l'attrattiva sessuale è latente, lenta ma inesorabile e l'azione brutale è quasi sempre fuori scena.
Il vampiro dunque è sempre un elemento delle tenebre, ma del resto anche il sesso negli anni '30 è qualcosa di tenebroso, di appartenente in linea di massima al reame del maligno. Dunque, data anche la sovrabbondanza delle inquadrature sullo sguardo magnetico degli attori che lo interpretano, come potrebbe il succhiasangue non essere anche una figura carismatica e fascinosa?

Gli anni '60 e '80: le derive ironiche e la perdita di mordente
A partire dal dandy sofisticato degli anni '30 la figura del vampiro continua a costellare in un modo o nell'altro la cinematografia americana e non, guardando sempre a quel modello ma variando spesso e volentieri il tono. A volte si tratta di piccole evoluzioni a volte invece di recuperi classicheggianti, come la serie di film della Hammer degli anni '60 passati alla storia del cinema con lo splendido Christopher Lee nel ruolo del principe delle tenebre. Ma anche in questi casi si tratta comunque di una versione progressivamente più brutale del mito o della figura. I tempi non erano gli stessi e l'orrore necessitava più brutalità.
Le croci da che erano elementi di cui il vampiro non riusciva a sostenere lo sguardo diventano oggetti al cui contatto la sua pelle brucia violentemente, il sangue è sempre più rappresentato e l'attenzione lentamente scivola dalla paura per la minaccia alla paura sanguinaria. Tutte cose che non troviamo invece nel film svedese che rifiuta la dimensione violenta (se non per qualche accelerazione tipica del cinema moderno) preferendo quella del racconto del modus operandi vampiresco e delle reazioni della popolazione.
Quello che succede negli anni a seguire è che, passando poi attraverso le celebri rappresentazioni ironiche supervisionate da Andy Warhol e deviazioni da teen-comedy degli anni '80, il cinema di vampiri si presenta all'alba degli anni '90 con la medesima foggia di 60 anni prima se serio (in linea di massima ambientato nell'Ottocento) e in veste più moderna se ironico. Questo porta a un interesse sempre minore del pubblico per la figura, anche perchè così com'è non riesce più ad intercettare le paure moderne, non suscita timore e non sembra plausibile.
Per ridare vita alla figura servirà che due mostri sacri del cinema si occupino del sacro mostro Dracula con un adattamento del romanzo originale che ha fatto epoca e una clamorosa variazione sul tema.

Il vampiro romantico e il vampiro zombie
Nei primi anni '90 il vampiro riprende prepotentemente la scena grazie da una parte a Dracula di Bram Stoker diretto da Francis Ford Coppola, che ritrae il vampiro classico come una figura adesso pienamente romantica, non più animale del sesso ma tenero innamorato vittima di una maledizione, non più cattivo ma buono ambiguo. Dall'altra grazie Abel Ferrara che con il suo The addiction mostra nella New York di oggi un gruppo di vampiri moderni che vivono in branchi e che non hanno niente degli originali se non la folle dipendenza dal sangue che consumano brutalmente non più mordendo ma mangiando. Per il regista era una metafora della dipendenza dalla droga ma per il resto del cinema diventa una traccia da seguire.
Questi due film creano due filoni distinti che continuano ad influenzare la produzione contemporanea: uno romantico, l'altro sanguinario.
I vampiri così tornano al cinema e già Neil Jordan poco da Coppola conferma il trend con il suo Intervista col vampiro, dove i succhiasangue sono romantici, pieni di sentimenti ed ossessionati da una maledizione che li costringe a dipendere follemente dall'omicidio da cui tentano (almeno uno dei due) di fuggire. Mordono ancora lascivamente ma sono pieni di problemi, il male non è più il sesso ma l'omicidio, i cattivi diventano figure comprensibili e non da osteggiare.
Ma siccome di cattivi c'è sempre bisogno qualcuno deve prendersene l'onere. Dunque meno problemi li hanno i vampiri che vanno per la maggiore, quelli sanguinari che si contagiano a vicenda più come gli zombie che come i loro illustri predecessori, che non hanno una psicologia e che cacciano come animali non come uomini. Sono quelli di Dal tramonto all'alba o di Blade, esseri potenti e forti che spesso non parlano nemmeno ma che sembrano reagire come bestie in presenza dell'uomo.
Anche film che recuperano tempi andati come Van Helsing non mostrano più Dracula in modo classico ma vi sostituiscono sempre di più figure mostruose, che scelgono forme non umane o che comunque sono mostruosi in volto quando si accingono a cibarsi e non dotati di quello sguardo magnetico e fascinoso di Bela Lugosi.
L'arrivo oggi al cinema di un film come Lasciami entrare quasi insieme ad un altro come Twilight continua il trend. In Twilight i vampiri sono mostrati nella doppia dimensione: romantici, pieni di problemi e afflitti da una maledizione (i buoni) ma anche mostruosi, inarrestabili e animali (i cattivi).
Mentre nel film svedese la questione è più subdola e complessa: la violenza non è più il centro e la bambina vampira (benchè non contenta di vivere uccidendo) è fascinosa come Bela Lugosi, avvince altri bambini e li tiene con sè finchè non sono troppo vecchi e inservibili, non ha sesso ma ammalia. Il vampiro così è nuovamente la maledizione che va di villaggio in villaggio, come la peste.

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