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Storia 'poconormale' del cinema: il grande cinema tedesco (3^ parte)

Una rilettura non convenzionale della storia del cinema.
di Pino Farinotti

Anni '70 e '80

venerdì 30 ottobre 2009 - Focus

Lo straordinario movimento del cinema tedesco dei decenni '70/'80 presenta altri tre nomi decisivi: Volker Schlöndorff, Alexander Kluge, Werner Herzog. L'attitudine artistica di Schlöndorff (1939) nasce naturalmente dalla cultura tedesca del novecento, ma la sua bussola giovanile punta altrove. Mentre Wenders e Fassbinder si interessano soprattutto agli americani, Schlöndorff guarda ai francesi. Si iscrive a Parigi all'Idhec, Institut des hautes études cinématographiques. E' una scuola di eccellenza certamente proficua, ma la scuola non basta, è dunque decisivo l'incontro con Tavernier, che introduce il futuro regista negli ambienti della Nouvelle vague. Un altro passo avanti, importante, Schlöndorff lo compie quando il grande Louis Malle lo sceglie come suo aiuto-regista. Schlöndorff è dunque pronto per agire autonomamente. Nel '65, a 26 anni si applica a un progetto ambizioso, non facile: fare un film da uno dei più importanti romanzi della prima parte del Novecento, I turbamenti del giovane Törless, di Robert Musil, il grande scrittore austriaco. La vicenda dello studente figlio di rigorosa famiglia borghese, che scopre, in collegio, che la realtà non è quella "sepolta" che credeva di conoscere, ma è cattiva e ambigua, così come può esserlo l'animo umano, è un tema perfetto in cui muoversi e magari "sporcarsi".

Metafora
La metafora che Schlöndorff estrae dal racconto di un autore comunque di cultura tedesca, è, ancora una volta tradotta dall'omosessualità, dunque l'ambiguità, dunque la conoscenza non definita di se stessi. Emerge sempre lo spettro nascosto nazista. Così come sarebbe emerso più tardi, in termini diversi ma nella medesima sostanza, nel già citato Querelle de Brest di Fassbinder. L'attitudine letteraria di Schlöndorff riemerge nel 1979 quando il regista firma il suo capolavoro e uno dei titoli assoluti di quel Nuovo cinema tedesco e di tutto il cinema: Il tamburo di latta. Lo scrittore è Günter Grass, altro maestro di letteratura, che ha scritto il romanzo nel 1959. Si racconta di Oskar che, rinchiuso in manicomio, ricorda la propria vita. Arrivato all'adolescenza decide di non crescere più. Si oppone al nazismo, poi lo accetta, arrivato verso i trent'anni decide di riprendere a crescere e diventa un compositore, agendo dentro e fuori dal manicomio. Una somma di simboli che ancora una volta partono dalla zona scura del nazismo, col finale trionfale ma parzialmente. Animo e cultura tedesca. Il tamburo di latta è uno dei titoli più riconosciuti e ... titolati. A Grass è valso niente meno che il premio Nobel, a Schlöndorff la Palma d'oro e l'Oscar. I più grandi riconoscimenti del mondo, semplicemente. Il tamburo di latta. All'inizio degli anni ottanta il regista è attivo in America. E, ancora una volta la sua attitudine letteraria lo volge verso un altro maestro, il commediografo Arthur Miller. Il titolo è Morte di un commesso viaggiatore. Storia triste, poi disperata di un uomo medio illuso dalla speranza del sogno americano, che per lasciare un minimo di sicurezza alla famiglia, si uccide per l'assicurazione. La cultura tedesca, sempre derivata dalla magnifica corrente di Weimar e dell'espressionismo, si integrava con quella americana. Schlöndorff continuava a percorrere la via dei suoi grandi predecessori di lingua tedesca, come Lang, Wilder e Lubitsch.

Anziano
Alexander Kluge, classe 1932 è il più anziano del gruppo. L'anagrafe in un certo senso lo favorisce, perché gli permette, nel 1958, di essere assistente di Fritz Lang. Kluge è un tedesco autarchico. Naturalmente non ignora il grande cinema dei paesi evoluti ma si interessa soprattutto alla storia e alla cultura del proprio paese. Del resto è l'unico, sempre per anagrafe, che abbia toccato la guerra e il nazismo. E il nazismo è sempre un grande una grande ispirazione di cinema. Così Kluge, nel '66 dirige La ragazza senza storia, coi temi conosciuti, la difficoltà di liberarsi del passato e di recepire nuove indicazioni. Il regista è inoltre uno dei precursori nell'uso della macchina a mano. Il film, presentato a Venezia, ottiene il Leone d'argento. Il Leone diventa d'oro due anni dopo con Artisti sotto la tenda del circo: perplessi. La rappresentazione della triste condizione umana di quella società. Nelle parti fiction del racconto, Kluge inserisce momenti di documentario. Gli stili spezzati saranno sempre una delle caratteristiche del suo linguaggio.

Quinto elemento
Il quinto elemento del grande gruppo è Werner Herzog (1942). Iscritto all'università di Monaco, facoltà di lettere, lascia gli studi per fare il cinema. Lavora in fabbrica per procurarsi i soldi per le sue prime piccole produzioni. Dopo una stagione che si potrebbe definire di esperimenti, nel '72 dirige Aguirre furore di Dio. Il tema messo a fuoco, che sarà quello prevalente durante tutto il suo percorso, è quello dell'uomo in lotta contro gli elementi naturali. Un tema che, in automatico, lo porta a privilegiare l'estetica. "Estetica" è Nosferatu, principe della notte('78), remake del grande classico horror di Murnau, che si rifà, appunto, al linguaggio del grande cinema espressionista dell'età dell'oro. "Estetica e sogno" è Fitzcarraldo ('81), che sogna di portare il grande Caruso a cantare in mezzo ai fiumi e alle foreste dell'Amazzonia.
Anche Herzog ha vissuto la sua, breve, stagione americana. Nel '77 aveva firmato La ballata di Stroszek, che raccontava il disagio di un tedesco trapiantato negli Stati Uniti, che deve adattare i propri sentimenti e cultura a quel paese non facile. Wenders, Fassbinder, Schlöndorff, Kluge, Herzog: il grande Nuovo cinema tedesco, un momento artistico fondamentale del secolo scorso.

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