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Storia 'poconormale' del cinema: quando eravamo i più bravi del mondo

Una rilettura non convenzionale della storia del cinema secondo Farinotti.
di Pino Farinotti

Puntata 23
Massimo Girotti 18 maggio 1918, Mogliano (Italia) - 5 Gennaio 2003, Roma (Italia). Interpreta Guido nel film di Michelangelo Antonioni Cronaca di un amore.

domenica 2 agosto 2009 - News

Puntata 23
Michelangelo Antonioni, aveva 8 anni più di Fellini e cominciò all'inizio degli anni Cinquanta, come il riminese. Perché possedeva altre attitudini, minore istinto e creatività di diversa genetica. Quando firmò il suo primo film Cronaca di un amore del 1950, Antonioni si era preparato in modo diverso, alla francese, scrivendo critiche, e poi sceneggiature. Si può dire che la sua fosse un'impostazione "intellettuale". È opinione comune che "Cronaca" segni la fine del cinema del nostro realismo, aggiungerei che si tratta di un film "realista" che va oltre il realismo. L'ambiente è quello dei ricchi, eccola l'evoluzione: gente che non deve prodigarsi per la sopravvivenza, che ha la vita risolta e dunque spazio per coltivare il superfluo, cioè i sentimenti. Atelier di moda, macchine di lusso, relazioni e rapporti. Scoprendo che i rapporti sono difficili, che l'insoddisfazione finirà sempre per prevalere, che l'amore che sarebbe semplice per definizione non è mai semplice. Che se cerchi quasi sempre non sai cosa cercare. E che tutto quanto, nell'insieme, è governato da una tristezza che si insinua dappertutto. È realistico il modo di raccontare del regista, le solite immagini italiane essenziali e "pulite" di quegli anni.

Bosé
L'identità che Antonioni intende rappresentare trova il modello ideale in Lucia Bosé, che ha davvero pochissimo di "realistico". Già Miss Italia nel '47 ( a 16 anni), e questa è già una bella dichiarazione di identità, la milanese non ha dunque niente dei caratteri della popolana, possiede invece quelli della snob con zone d'ombra nel privato, della viziata-insoddisfatta, propensa a esperienze "diverse". In Cronaca di un amore infatti è una moglie... pellicce, macchine... noia e tutto il resto, che ha una relazione con l'aitante e tormentato Massimo Girotti, un altro divo: ed è questo un altro segno di presa di distanza dal realismo puro di un De Sica in Ladri di biciclette e di un Rossellini in Paisà. Gli amanti si incontrano in location squallida, sono fotografati nella penombra (realismo), semivestiti (altro precedente), "astratti e tristi", e con dialettica malinconica e inconcludente. Eppure rappresenterebbero una sorta di trasgressione felice, una fuga dalla routine. In questo film si vede già gran parte di quello che sarà Antonioni. Rifacendosi da lontano a un film prevalente in quelle stagioni, Viale del tramonto, il regista consegna un'istantanea drammatica, naturalmente, dell'ambiente del cinema. Il modello è ancora la Bosé.

Controsvolta
Qualche anno dopo, nel '57, una ... "controsvolta" quasi realista, non più borghesia ma povera gente, poetica con richiami all'estetica e anche a certi sentimenti del cinema francese di qualche stagione precedente. Il titolo è Il grido, protagonista una Alida Valli matura e un attore americano di seconda fascia, ma di grande appeal, Steve Cochran, che credette nel progetto tanto da diventarne uno dei finanziatori. Siamo nella bassa padana, Aldo, in grande crisi ... di tutto, abbandonato dalla compagna, senza lavoro, batte la landa con la sua bambina. Incontra donne, cerca lavoro, dorme sui camion. E cammina, cammina lungo il fiume, fra file di pioppi parallele. Un road movie davvero diverso, felicemente anomalo, di grande estetica. Grande film, da 5 stelle.

Trittico
Ed ecco, fra il '60 e il '61, la famosa trilogia: L'avventura, La notte, L'eclisse e relativo ritorno al mondo borghese. Dove l'ambiente, la città coi palazzi (il famoso Pirellone di Giò Ponti), gli scogli battuti dal mare violento, diventa un contenitore che accompagna le vicende, sempre faticose, sempre "distanti", pigre e tristi. E ancora pesante, fisica insoddisfazione. E sempre una storia d'amore partita male e ... finita peggio. E nacque la nota definizione di "trittico dell'incomunicabilità". Successivamente Antonioni raccontò altre storie, certo sempre complesse, con maggiore attenzione a culture diverse, non autoctone. Ma saranno quelli i decenni successivi. Il manifesto "quando eravamo i più bravi del mondo" copre l'Antonioni fino al trittico. Fino a dove vale, lo ribadisco, la definizione di "artista generale". Fra i grandi maestri già citati, Antonioni ci sta.

Titoli e numeri
Concludo il lungo, felice capitolo, con un racconto (lo chiamo così) impietoso: titoli date e numeri. I grandissimi titoli vinti dal nostro cinema in quella stagione. E rilevo solo i vertici, e non, giusto per un esempio, un Premio Speciale della giuria (di Cannes) che è comunque un grande riconoscimento. Partiamo dal dopoguerra, appunto.

1946 Palma d'oro a Roma città aperta di Rossellini
1947 Oscar a Sciuscià, di De Sica
1949 Oscar a Ladri di biciclette, di De Sica
1951 Palma d'oro a Miracolo a Milano, di De Sica
1952 Palma d'oro a Due soldi di speranza, di Castellani
1956 Oscar a La strada, di Fellini
1957 Oscar a Le notti di Cabiria, di Fellini
1959 Leone d'oro a Il generale della rovere, di Rossellini
1959 Leone d'oro a pari merito a La grande guerra, di Monicelli
1960 Palma d'oro a La dolce vita, di Fellini
1962 Leone d'oro a Cronaca familiare, di Zurlini
1963 Oscar a 8 e mezzo, di Fellini
1963 Palma d'oro a Il gattopardo, di Visconti
1963 Leone d'oro a Le mani sulla città, di Rosi
1964 Oscar e Ieri, oggi, domani, di De Sica
1964 Leone d'oro a Deserto rosso, di Antonioni
1965 Leone d'oro a Vaghe stelle dell'orsa, di Visconti
1966 Palma d'oro a Signore e signori, di Germi
1966 Leone d'oro a La battaglia di Algeri, di Pontecorvo
1967 Palma d'oro a Blow-Up, di Antonioni

Mi fermo agli anni sessanta citando, nel decennio successivo altri due Oscar: Il giardino dei Finzi Contini ('72, De Sica) e Amarcord ('74, Fellini). 22 titoli in poco più di vent'anni. Delego a chi legge la ricerca sui titoli... degli ultimi vent'anni.
I numeri sono proporzionali alla qualità.

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