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Matteo Rovere: visioni di un mondo estremo

Intervista esclusiva al regista di Un gioco da ragazze.
di Tirza Bonifazi Tognazzi

Diritto di replica
Desiree Noferini (37 anni) 3 aprile 1987, Bagno a Ripoli (Italia) - Ariete. Interpreta Michela Ricasoli nel film di Matteo Rovere Un gioco da ragazze.

giovedì 6 novembre 2008 - Incontri

Diritto di replica
Il film non è ancora uscito in sala, ma tutti ne parlano. Merito di un'"operazione" che ha visto prima la commissione bollare Un gioco da ragazze con il divieto ai minori di 18 anni e subito dopo abbassarlo ai 14 anni. Eppure nella motivazione della commissione censura al provvedimento si leggeva: "La figura della protagonista che riassume le categorie negative del cinismo, dell'immoralità sessuale, del consumo di droga, del disprezzo per la vita risulta alla fine leader e vincente, senza che il film alterni tali caratteristiche con una conclusione esemplare, per cui il personaggio suddetto può apparire pieno di fascino ed addirittura un modello". Dopo aver criticato l'opera prima di Matteo Rovere, lo abbiamo intervistato offrendogli il diritto di replica.

Dal documentario Gitanes e il corto Homo Homini Lupus, come sei arrivato alla regia di Un gioco da ragazze?
Proprio grazie ai miei lavori precedenti mi è stata proposta dalla Colorado Film la sceneggiatura di Un gioco da ragazze, un progetto che avevano ideato in precedenza. Mi ha affascinato molto il punto di vista del testo, interno e particolare, che del romanzo dimenticava il lato "giallo-poliziesco", costruendo invece una sorta di prequel. Al centro del film c'è la provincia ricca, distratta ed insensibile a livello emotivo che nel romanzo rimane sullo sfondo. Rispetto al noir di Andrea Cotti ci siamo mossi con grandissima libertà, raccontando cosa succede nelle vite di quei ragazzi che poi arrivano, al limite, a compiere gli atti efferati presenti nel libro. Trovavo interessante raccontare un lato nascosto di quel vuoto sociale e morale che circonda le vite di una parte - mi auguro piccola ma che senza ombra di dubbio esiste - dei ragazzi di oggi. Inizialmente la sceneggiatura era più fedele al libro, ma poi è nata questa nuova strada che secondo me è più interessante ed emozionante.

In un'intervista hai detto che ti piace provare a portare lo spettatore in una storia dai contorni estremi nella quale si possa riconoscere
La frase che citi non si può di certo affiancare a questo film. Con Un gioco da ragazze ho raccontato un mondo un po' estremo, ma ho cercato di farlo in modo realistico. Lo spettatore può riconoscere un contesto e stabilire liberamente se secondo lui esista o meno. Può, in questo senso, identificare una parte della società in cui vive. Poi è nella libertà del singolo individuo decidere come percorrere la propria vita, cosa che di certo non avviene nel buio di una sala cinematografica. Io mi limito a raccontare una storia: ognuno può prendere la propria posizione e valutare la società che ci circonda e nella quale magari stanno crescendo i propri figli.

Hai scelto di utilizzare la macchina da presa come uno sguardo "estraneo" agli eventi Ho scelto una regia piuttosto fredda perché non volevo che il mio punto di vista, che ovviamente non è empatico con i personaggi, risultasse giudice delle loro azioni. Volevo semplicemente raccontarli e non dare indicare allo spettatore cosa provare. Ognuno è libero di valutare le cose secondo la propria intelligenza e sensibilità. Dello strato sociale che racconto non mi attrae nulla, ma ritengo sia troppo facile l'equazione povertà uguale disagio sociale, come spesso tende a fare il cinema. Secondo me invece la solitudine comunicativa e la mancata educazione alle emozioni può portare qualcosa di sbagliato e negativo in ogni luogo, in ogni famiglia, anche in quei contesti apparentemente più protetti socialmente ed economicamente.

Come ti sei trovato a dirigere le giovani attrici non professioniste? E come è finita con il divieto a 18 anni?
Lavorare con attrici senza esperienza è molto difficile ma allo stesso tempo è anche molto stimolante. L'obiettivo che mi sono posto era di togliere ogni mediazione e filtro tra lo spettatore e la storia raccontata, magari anche sperimentando. Sono molto soddisfatto del risultato. I ragazzi che conoscono quel mondo capiranno benissimo di cosa sto parlando, mentre invece tutti coloro che non immaginano sia vero spero che rimangano colpiti entrando ad osservarlo. Tra l'altro, la tua interpretazione del finale - che le sorti delle protagoniste siano lasciate in sospeso - è liberissima ma non la condivido. Chi vedrà il film potrà valutare se le "sorti" sono lasciate in sospeso o meno. Quanto al divieto, in sede di ricorso è sceso ai 14 anni e non abbiamo fatto nessun taglio perché accadesse. Evidentemente la commissione si è resa conto che i ragazzi sono pronti a guardare una parte del mondo in cui vivono. Ammetto che mi spaventa di più chi ha paura di fare vedere quel mondo ai ragazzi, considerato che lo conoscono benissimo.

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