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Good, ancora Viggo Mortensen protagonista a Roma

Questa volta il celebre attore interpreta un letterato tedesco durante il nazismo.
di Gabriele Niola

È ancora Mortensen a Roma nella giornata di Good
Viggo Mortensen (65 anni) 20 ottobre 1958, New York City (New York - USA) - Bilancia. Interpreta John Halder nel film di Vicente Amorim Good.

domenica 26 ottobre 2008 - Incontri

È ancora Mortensen a Roma nella giornata di Good
Arriva con una giacca leggera e sotto una maglia da calcio ungherese. Viggo Mortensen, lo precisa senza timore, è un grande appassionato di calcio e dovunque va porta con sè la bandiera della sua squadra del cuore, il Club Atlético San Lorenzo de Almagro (un team argentino di cui si è innamorato da piccolo).
Nonostante però l'abbigliamento leggero e l'aria scanzonata l'attore americano (che capisce perfettamente l'italiano tanto da non necessitare di interprete) è stato serissimo quando è venuto il momento di parlare di Good e senza problemi ha espresso le sue visioni sulla società, la politica, la storia e l'esigenza che ha ogni uomo di lottare giorno per giorno.
Il film racconta di un uomo di cultura tedesco che durante il dominio nazista, preso com'è dalle sue faccende di tutti i giorni, non capisce che lentamente sta entrando negli ingranaggi di partito. Non condivide l'ideale nazista ma prende sottogamba il problema, cosa che esploderà in un finale emotivamente molto intenso.
Proprio il tema della quotidianità umana e dell'esigenza di tenere sott'occhio i propri governi è ciò che più ha interessato Mortensen, il quale è fermamente convinto della natura intrinsecamente truffaldina di qualsiasi governo, il quale per definizione avrebbe secondo lui come primo scopo il mantenimento del proprio ruolo. Ai cittadini dunque dovrebbe spettare il compito di ricordargli di continuo i veri obiettivi.

Nei panni di un nazista
Non è la prima volta che Viggo Mortensen interpreta un nazista, lo dichiara lui stesso spiegando che già da ragazzo aveva preso parte ad una rappresentazione teatrale in cui era un ufficiale delle SS in un campo di prigionia.
"Quella volta ricordo che il mio unico problema era essere quanto più verosimile possibile, ora invece la mia preoccupazione è stata di non avere un giudizio morale sul personaggio che venisse dai miei facili pregiudizi sui tedeschi dell'epoca". Pregiudizi con cui chiunque può simpatizzare ma che secondo l'attore impediscono la piena comprensione degli eventi e di come possano essere accaduti e quindi la comprensione della nostra realtà di oggi.
"Quando ero sul set ho realizzato che stavo facendo un tedesco e che non dovevo giudicarlo ma farlo senza commenti. Il problema con i film come questo è che non sono mai raccontati con obiettività ma attraverso i pregiudizi che facilmente si possono avere. Good invece è il racconto di un uomo e di un suo amico. Non un film su Hitler e il nazismo ma sulla gente che viveva in Germania giorno per giorno".
E il film stesso dovrebbe spingere a pensare sulla nostra quotidianità e il nostro ruolo nella società oggi: "Facendo il flim mi sono subito chiesto che avrei fatto al posto del protagonista ma poi ho capito che la vera domanda è che sto facendo ora? Così ti rendi conto che hai molte cose da fare ogni giorno e quelle cose ti assorbono, capisci che le nazioni e le società sono idee, non cose reali. Ci sono perchè esistono i passaporti ma ogni area geografica è piena di persone che prendono decisioni ogni giorno e rendono un paese quello che è".

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