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Reservation Road: la cognizione del dolore

Dopo Hotel Rwanda, Terry George torna con un "thriller persecutorio" che riflette sulla vendetta privata.
di Marzia Gandolfi

Il buio nell'anima

giovedì 22 maggio 2008 - Incontri

Il buio nell'anima
Non è vero che tutto il cinema americano dopo il 2001 pensa all'undici settembre ma è pur vero che molto cinema americano racconta una realtà sociale che pensa all'undici settembre. Non fa eccezione il nuovo film "americano" dell'irlandese Terry George, che sulla "reservation road" incontra e scontra gli "umori" della gente comune davanti alla tragedia. Lungo la strada due padri percorrono in direzione opposte i rispettivi destini e quello dell'uno finirà per travolgere e "investire" quello dell'altro. Con un melodramma raggelato, Terry George piange il dolore di un padre e la caducità della vita, piange la tragedia che tocca un bambino normale e il dramma di una famiglia normale. Reservation road capta e declina al privato il day-after e la "terra bruciata" lasciata all'indomani dell'"attacco". L'autore denuncia e fotografa il luogo dello scempio, la reservation road del titolo, affidandosi al collaudato potere testimoniale dell'immagine filmica. Scegliendo di rispondere, almeno inizialmente, con una vendetta che dia ragione del grande dolore causato, Reservation Road vuole colmare i vuoti della giustizia con un atto che la rinnega nuovamente. Nonostante il padre dolente di Joaquin Phoenix covi vendetta, non riuscirà a portarla alle estreme conseguenze. Sulla strada resta allora un innocente, nel cuore un dolore indicibile, sullo schermo il cinema come lavoro del lutto. Pubblico o privato.

Vendetta pubblica e vendetta privata
Terry George: Ho scelto di girare Reservation Road anche perché indagava sulle cause della vendetta, dell'odio e della paura. Sono tutti sentimenti forti che molto spesso fanno compiere alle persone gesti estremi. Dopo l'undici settembre l'idea della giustizia fai da te ha avuto un incremento considerevole. La convinzione dell'occhio per occhio è sempre stata sostenuta dal governo americano: creare un mostro immaginario da abbattere e contro cui combattere, avere un obiettivo comune dopo un evento drammatico e tragico. Col mio film volevo spostare il dramma dal pubblico al privato. Cosa succede quando ciò che vediamo alla televisione, la "vendetta", entra a casa nostra e ci tocca a livello personale? Inserendo il personaggio di Mark Ruffalo, colui che provoca involontariamente la morte di un ragazzino, ho cercato di trovare un equilibrio fra due aspetti e due facce della stessa storia. Ethan ha una vita meravigliosa ma un incidente e la conseguente morte del figlioletto fanno crollare quel mondo idilliaco. Dall'altra parte Dwight vive un'esistenza di scelte sbagliate e questa volta dovrà venire a patti con quello che ha fatto, con chi è veramente e con chi vuole diventare.

Il volto della vendetta: Joaquin Phoenix
Joaquin Phoenix: Il mio personaggio è un catalizzatore di rabbia. Ethan è un padre disperato che a poco a poco inizia a costruire nella sua mente il proprio mostro. Al contrario della sua compagna non riesce a guardare avanti né ad andare avanti con la sua vita. Ethan è un uomo che non sa esprimere il proprio dolore, non è in grado di piangere la morte del figlio. Sebbene così diversi, questi due padri si rispecchiano l'uno nell'altro: entrambi amano i propri figli e tra loro vi è un'affinità che giungerà a diventare parziale comprensione e conoscenza. Per preparare il mio personaggio ho letto diversi libri sul dolore della perdita e ho voluto incontrare quei genitori che hanno vissuto una storia analoga a quella raccontata nel film. Toccando con mano, ho imparato che gli uomini affrontano la perdita di un figlio in modo diverso dalle donne e che molto spesso i componenti delle famiglie possono entrare in conflitto, fino a separarsi. Se volevamo raccontare questa storia, era fondamentale che lo facessimo nel modo più accurato possibile, provando a comprendere l'esperienza delle famiglie sconvolte da simili tragedie.

Il pirata della strada: Mark Ruffalo
Mark Ruffalo: Mi è piaciuta subito l'idea di base del film: un thriller persecutorio in cui si incrociano strade e destino di due uomini e di due padri. Dal loro incontro nasce un dramma profondo che ci mostra due diversi aspetti dell'umanità. Il mio personaggio mi ha subito intrigato perché è il tipo di persona che siamo portati a disprezzare e che ci sentiamo in diritto di giudicare. Mi allettava perciò cercare quello che di commovente e di umano ci fosse in Dwight, in quello fa e nelle sue reazioni. Nel costruire questo personaggio ho cercato di non giudicarlo troppo severamente. Dwight è un inconcludente che si odia profondamente. L'incidente gli capita in un momento delicato della sua vita, mentre sta facendo i conti con se stesso e il suo passato. Dopo il tragico evento si allontanerà dalla vita ma sarà l'amore per suo figlio e la consapevolezza dell'essere padre a farlo decidere per il meglio.

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