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Questo mio Gesù socialista

La strumentalizzazione politica dell'immagine di Gesù nello spot del partito socialista.
di Pino Farinotti

Una campagna furba

lunedì 14 aprile 2008 - Focus

Una campagna furba
I due Gesù che danno corpo allo spot del Partito Socialista sono Ted Neely e Alessandro Etrusco. Il primo, protagonista di Jesus Christ Superstar, il secondo di 7 km da Gerusalemme. Lo spot dichiara: "È lui il primo socialista della storia, il simbolo della speranza fra gli uomini. Chiudi il cerchio ora, vota socialista". Sul piano della trovata, dell'efficacia, dello scoop, nulla da obiettare, il richiamo è potente. Si potrà dire che è (malamente) strumentale, furbastro, blasfemo, magari grottesco, ma non c'è dubbio che svolga il suo compito con puntualità. Si fa notare. Infatti è diventato attenzione, poi curiosità, poi curiosità-forte, poi titolo, poi fatto del giorno, poi scandalo. Il percorso, perfetto, che porta alla vendita. Chi ha pensato questa campagna è furbo e bravo. La mistica, la morale, il buon gusto, quando si tratta di vendere, si sa, vengono tenuti da parte. Voglio rilevare un precedente, magari più elegante, un richiamo estetico e ancestrale: quando chi inventò la Democrazia Cristiana pose al centro del simbolo una grande croce.
Poi c'è l'altro aspetto, il rovescio della medaglia: la reazione, la protesta, la protesta-forte, il disgusto, la ribellione; il contro-percorso normale, automatico, previsto. La prima obiezione è naturalmente questa: Gesù non è patrimonio solo dei socialisti. Soprattutto non sarebbe patrimonio di Boselli che qui flirta con lui dopo aver lanciato il proclama dello stato laico a oltranza (come ultima speranza) e dopo aver combattuto a favore dell'aborto e delle coppie omosessuali.

Gesù, socialista o comunista?
Tuttavia il concetto, in una certa chiave, può essere ritenuto corretto. E vado oltre, voglio estremizzare: il Gesù che annuncia "È più facile per un cammello passare attraverso la cruna di un ago che per un ricco entrare in paradiso", non ha solo accenti socialisti, ma comunisti, di quelli gagliardi anche (lo dico sempre in astrazione: nulla a che vedere con il "comunista" Stalin, giusto per citare un nome). C'è un forte desiderio di tutela verso i poveri e gli afflitti: voi non possedete nulla, ma vi difendo io. E alla fine, questa è una delle sue grandi indicazioni. Dunque, il Gesù che si rapporta in astratto con "qualcosa di socialista" ci può stare. Poi ci sono i socialisti, gli uomini, i nomi, i capi, parlo degli ultimi e dei penultimi: Craxi senior, De Michelis, Craxi junior, Boselli. Credo che dovunque si trovi –e io sono uno che crede che da qualche parte si trovi - in Gesù alberghi qualche perplessità, magari qualche fastidio. Se fosse ancora "in essere" il Dio dell'antica alleanza, quello vendicativo, che non scherzava, quello che richiudeva le acque del mar Rosso sopra i nemici del suo popolo, qualche prurito i signori del Partito socialista dovrebbero sentirlo. Al creativo che ha inventato, lo ribadisco, va riconosciuta, se non l'immunità, una franchigia forte, ha fatto il suo lavoro. In attesa di avere una commissione con protagonista Buddha, o il diavolo.

Sono legittimato a dire la mia Alessandro Etrusco, il Gesù scelto dal regista Claudio Malaponti, è la rappresentazione esatta di come lo avevo creato nel romanzo. È l'icona perfetta tramandataci dalla storia, dall'estetica e dalla scrittura. Tanto che quando incontra il pubblicitario Alessandro dalle parti di Emmaus si sente dire "Sei come dovresti essere, sei ridicolo, sembri scappato da un quadro". E il Gesù risponde: "Sono come mi immaginate, dovresti capirlo, sei un pubblicitario". Ma l'aspetto è l'unico codice convenzionale. Gesù cita alcuni personaggi coi quali l'umano si è rapportato, come esempi condivisi e graditi. Fra questi ci sono un ingegnere ateo e una lesbica madre inseminata. Di fronte alle perplessità di Alessandro il Gesù risponde "... ma sono le persone più generose del mondo, non potevo ignorarlo". Riferendosi alla Chiesa aggiunge "Il sistema scricchiola, sono tornato anche per questo". È un Dio critico, che si assume responsabilità nuove. Alessandro lo guarda: "Stai dicendo cose enormi", e lui risponde "Se permetti, le ho sempre dette". Alessandro: "Vuoi dirmi che sei diventato progressista?" "Sono stato il primo", conclude Gesù. "Socialista", dunque, sembra davvero un concetto annacquato.
Naturalmente rimane la perplessità sull'uso parziale e strumentale. Sul dolo. Rimane il fastidio doloroso di vedere Gesù "a servizio" di qualcosa che certo non è sociale, ma politico, o peggio elettorale. Come ho detto sopra io sono affezionato a quel personaggio, reagisco se lo vedo maltrattato. E penso che quell'eccesso di furbizia potrebbe anche rivelarsi un boomerang per chi ha speculato. E qui l'ultima considerazione non è sulla morale, il buon gusto eccetera. È sul marketing. Chissà se ci hanno azzeccato? Io spererei di no, che non vuol dire, da parte mia, "schierarmi". La mia speranza non riguarda... il partito socialista. Va oltre.

I Gesù del cinema: Jeffrey Hunter
Il re dei re, 1961, di Nicholas Ray.
Hunter era allora definito l'uomo più bello del mondo. Lineamenti perfetti e forti, assolutamente americani, occhi azzurri che brillavano come lampadine. La scelta è eloquente: il Gesù doveva essere divino anche come aspetto. È l'opposto della medaglia rispetto a quello che sarà il Gesù di Pasolini. Hollywood sul Giordano.

Enrique Irazoqui
Il vangelo secondo Matteo, 1964, di Pier Paolo Pasolini.
È il Gesù più etnico. Catalano, potrebbe benissimo esser nato in quei posti. Ed è il Gesù più "politico". Vicinissimo ai diseredati, contro la religione come strumento politico, appunto. Sua madre, nel film è la madre di Pasolini, dunque ancora più lontana dall'iconografia tradizionale, che vuole la Madonna giovane e bella.

Max Von Sydow
La più grande storia mai raccontata, 1965, di George Stevens.
È il Gesù meno credibile. Von Sydow, uno dei preferiti di Ingmar Bergman, si porta dietro un peccato originale: è troppo nordico, freddo e corpulento. Il regista cercò in tutti i modi di sostenerlo inserendolo in un'estetica ispirata alla pittura rinascimentale. Ma l'attore era troppo popolare, tanto da competere col suo personaggio.

Ted Neely
Jesus Christ Superstar, 1973, di Norman Jewison.
Trasgressivo, frenetico, a volte isterico. Neely era infatti una rock star e quel "sentimento" doveva trasmettere. Lo sceneggiatore Melvyn Bragg prevedeva che Gesù fosse in declino, messo in dubbio persino dai suoi. Inoltre Neely doveva affrontare un Giuda non traditore, ma tradito. Molte ragioni per agitarsi.

Robert Powell
Gesù di Nazareth, 1977, di Franco Zeffirelli.
Quasi sconosciuto, occhi incredibilmente intensi, trucco appropriato, forza, dolcezza, sofferenza e mistica: tutto proposto al meglio, grazie naturalmente all'attitudine del cattolico Zeffirelli. È il modello più popolare di tutti, è a lui che ci si rifà quando si pensa a Gesù rappresentato dal cinema. Powell riuscì anche a uscire da quel ruolo.

Willem Dafoe
L'ultima tentazione di Cristo, 1988, di Martin Scorsese.
L'ispirazione sono i Vangeli apocrifi che raccontano vicende... molto fantasiose. È il Gesù che sulla croce, delirando, immagina di essere tentato dal diavolo e dunque si prefigura una vita diversa, con moglie (Maddalena) e figli. Ma prima di morire... ritorna in sé. Dafoe è perfetto nella parte, lui con quella sua maschera dolorosa.

Jim Caviezel
La passione di Cristo, 2003, di Mel Gibson.
Un altro "americano" in Galilea. Bello, intenso e aitante. Quasi tutta la vicenda raccontata nel film è riferita alle torture e alla crocifissione. Dopo un inizio in cui scherza con sua mamma, ed è bello, felice e moderno, Caviezel deve affrontare la trasfigurazione nel dolore un po' compiaciuto che voleva il "fondamentalista" Gibson.

Alessandro Etrusco
7 km da Gerusalemme, 2007, di Claudio Malaponti.
È il Gesù più giovane e più bello. Lento e dolce, all'inizio è quasi spaesato. Non gli è facile farsi riconoscere. È tornato per vedere "come hanno funzionato le cose in questi venti secoli", e sa che molto non è andato per il verso giusto. Etrusco ha trasmesso tutto quanto con serena efficacia. Davvero arrivando al cuore. Ci sono molti riscontri.

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