Advertisement
Antonioni, addio al regista della crisi

Si spengono insieme Bergman e Antonioni, due maestri della settima arte.
di Pino Farinotti

Se ne vanno due maestri
Michelangelo Antonioni Altri nomi: (M. Antonioni ) 29 settembre 1912, Ferrara (Italia) - 30 Luglio 2007, Roma (Italia).

martedì 31 luglio 2007 - News

Se ne vanno due maestri
Bergman e Antonioni. Un'uscita quasi contemporanea. Ricordo una vicenda simile esattamente trent'anni fa. Charlie Chaplin e Howard Hawks se ne andarono così, vicinissimi. E Chaplin purtroppo vampirizzò Hawks. Lo spazio dedicato all'americano era già saturo del ricordo e della commozione del giorno prima, quando tutti ci eravamo accorti che non solo avevamo perso un eroe massimo, ma il Cinema stesso, perché Chaplin era il Cinema e Hawks semplicemente un grande regista. Se si potessero misurare gli spazi dedicati dai media a Bergman e ad Antonioni, prevarrebbe certo lo svedese, che è un autore del mondo, che potrebbe far parte di una ristrettissima selezione di icone, se esistesse un monte Rushmore dei registi. Antonioni è un grande maestro, non c'è dubbio. Ha trovato la sua estetica e i suoi contenuti, quasi autoctoni, li ha trasmessi e imposti. Negli ultimi (troppi) anni, malato, è stato portato in giro come un trofeo tristissimo. Chissà perché. E in quelle stagioni ha firmato film superflui che comunque non hanno compromesso il suo lavoro degli anni belli, i cinquanta e i sessanta. Quando un grande artista ci lascia, mi piace ricordarlo rispetto alla vedibilità postuma. Cos'ha lasciato come "eco ascoltabile, segnale visibile, eredità spendibile". Deve essere un esercizio veloce, di getto, senza mediazioni della memoria e della cultura, possibilmente. Per Bergman ho citato i fotogrammi de Il settimo sigillo e de Il posto delle fragole. Per Hitchcock evoco il monte Rushmore, appunto, e Laurence Olivier sulla scogliera che pensa al suicidio in Rebecca. Di Fellini estraggo il Rex di Amarcord e il girotondo finale di 8 e mezzo. Di Ford scelgo Wayne che si allontana nella luce della porta, nel finale di Sentieri Selvaggi e il fotogramma della disperata famiglia Joad in Furore. Di Visconti riporto Girotti che arriva alla locanda in Ossessione e Lancaster che balla con Cardinale ne Il Gattopardo. Mi fermo qui.

Sequenze indimenticabili
Anche per Antonioni l'esercizio è stato veloce e naturale, ed è un ottimo segnale. Le immagini sono: le rocce dell'isola dove scompare Lea Massari ne L'avventura, e Steve Cochran che con la sua giacca sdrucita cammina sulla stradine del Po con la sua bambina che gli trotterella dietro. Cinema grandissimo, certo. Un riscontro impietoso lo trovo cercando di applicare questo meccanismo di sintesi fulminante ai registi (stiamo sugli italiani) contemporanei.
Naturalmente, data la circostanza e dato il meccanismo postumo, non posso davvero fare nomi, ma giuro che la mia memoria si rifiuta di selezionare, non mi trasmette neppure un'immagine irresistibile e di getto. Ma c'è un'altra istantanea, un altro "attore" che lego ad Antonioni: il palazzo Pirelli che apre La notte. La sequenza in movimento nobilita l'opera di Giò Ponti che rappresenta benissimo l'essenziale estetico e culturale dell'uomo di Ferrara. Il Palazzo, elegante, pulito, esclusivo, vivo, anni Sessanta: la più sicura ed efficace rappresentazione del lavoro di Antonioni, che si configura come autore stimato più che amato, che non ha messo d'accordo tutti i target e le fasce. Ma che, come lo Svedese, ci lascia un po' più soli e meno tutelati.

Gallery


{{PaginaCaricata()}}

Home | Cinema | Database | Film | Calendario Uscite | MYMOVIESLIVE | Dvd | Tv | Box Office | Prossimamente | Trailer | Colonne sonore | MYmovies Club
Copyright© 2000 - 2024 MYmovies.it® - Mo-Net s.r.l. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale. P.IVA: 05056400483
Licenza Siae n. 2792/I/2742 - Credits | Contatti | Normativa sulla privacy | Termini e condizioni d'uso | Accedi | Registrati