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Terry O'Quinn: il mestiere dell'attore

La star di Lost si racconta in occasione del Roma Fiction Fest.
di Tirza Bonifazi Tognazzi

Terry O'Quinn
Terry O'Quinn (Terrance Quinn) (71 anni) 15 luglio 1952, Newberry (Michigan - USA) - Cancro.

mercoledì 4 luglio 2007 - Incontri

Terry O'Quinn
Fino all'età di 28 anni Terry O'Quinn non aveva ancora deciso cosa fare della sua vita. Nato a Newberry, Michigan, nel 1952 si laurea all'Università di Iowa City e per pagarsi gli studi lavora per qualche tempo come guardia giurata. L'esordio al cinema avviene nel 1980 quando partecipa a I cancelli del cielo di Michael Cimino. "Quello è stato in assoluto il mio primo film" ha raccontato la star di Lost di fronte a un'«aula» gremita di fan e giornalisti in occasione del MasterClass tenutosi ieri all'interno del Roma Fiction Fest. "Durante l'audizione il regista mi chiese se sapevo cavalcare e io dissi ovviamente di sì anche se non era vero. Fortunatamente ci furono diversi mesi di ritardo sulla tabella di marcia e andai a prendere lezioni di equitazione in una fattoria non lontano dal set da una donna che poi divenne mia moglie. Devo ringraziare Michael se sono sposato e ho due figli".

È stata la sua bravura a cavallo a farle avere ruoli in film western o è perché riesce a impersonare il mito americano?
Non credo dipenda dal fatto che sapessi andare a cavallo, perché solo chi è un bravo cavallerizzo riconosce chi sa andare a cavallo e chi finge di saperlo. In ogni caso l'ultimo western al quale ho partecipato è stato vent'anni fa (Young Guns - Giovani pistole). La verità è che in America se un western va bene ne fanno altri cinque o sei, poi magari per dieci, vent'anni non ne fanno più.

Ha esordito interpretando un personaggio in divisa e durante la sua carriera ha spesso avuto ruoli militareschi. Come mai?
È vero, ma non ho mai capito il perché. Non sono un tipo militare, tuttavia la gente mi vedeva bene in quei ruoli ed è questo quello che conta. La percezione che il pubblico ha di te è la cosa più importante e io ho iniziato a sfruttarla.

La sua carriera si divide tra la televisione e il cinema. Quali sono le differenze tra questi due mezzi?
Nel caso di Lost ce ne sono davvero poche, eccetto il fatto che in un serial c'è continuità mentre un film inizia e finisce nell'arco di un paio d'ore. Un tempo la tv era considerata il cugino povero del cinema, un'arte inferiore, oggi non è più così. Il cinema punta sui nomi che hanno successo al botteghino, così molti attori pensano che sia più facile entrare in una serie televisiva, ma è diventato molto difficile proprio perché oggi la qualità in tv è superiore. Il suono, la sceneggiatura e la regia si avvicinano molto agli standard delle produzioni cinematografiche e lavorare in tv è diventato molto invitante sia dal punto di vista del business che da quello artistico.

Che ricordi ha di Michael Cimino e degli altri registi con i quali ha lavorato?
Non ho molti ricordi dei registi con i quali ho lavorato prima di fare Il patrigno, che è stata la mia prima interpretazione in un ruolo importante. Non ti dedicano tanto tempo se hai una parte marginale, per loro conta solo che tu faccia il tuo lavoro e lo faccia bene e poi oggi molti registi sono diventate le star dei loro film. Il ricordo più bello che conservo è quello di Robert Benton che mi ha diretto ne Le stagioni del cuore. Con lui mi sono trovato benissimo, è uno che sta dietro le quinte e anche come sceneggiatore è molto capace dal punto di vista creativo.

Qual è il rapporto creativo con i registi e i produttori di Lost?
In Lost abbiamo due registi principali che sono anche i produttori della serie e con loro abbiamo un rapporto molto umano. Invece i registi "ospiti" hanno delle difficoltà a sbizzarrirsi con la creatività artistica perché gli attori credono di sapere tutto sul loro personaggio e non lasciano molto spazio agli "ospiti". Sta alla generosità dell'attore far sentire il regista a suo agio e seguire le sue indicazioni.

Qual è la sfida di un attore?
Continuare a lavorare migliorando le proprie qualità. Da quando faccio questo mestiere, solo negli ultimi tre, quattro anni sento di essere cresciuto come attore e so che posso migliorare ancora di più. Questa è la sfida: quando Lost finirà non voglio lasciare il mio bagaglio sull'isola, voglio portarlo con me.

Quante stagioni mancano alla fine di Lost?
Ne mancano ancora quattro, la storia verrà raccontata fino alla fine. Gli sceneggiatori sanno che non sono più costretti a lavorare all'infinito lasciando il pubblico appeso nell'attesa. Ora che si sa quanta acqua potabile rimane a disposizione possiamo iniziare a bere.

Cosa la lega a John Locke?
Entrambi abbiamo toccato il fondo e stiamo risalendo velocemente. Prima di Lost ho passato quattro anni molto difficili sia nella vita personale che in quella professionale. Come me John cerca qualcosa in cui credere, cerca la sua identità e dimensione. Io nella serie l'ho trovata. Senza Lost sono perso.

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