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L'estate di mio fratello: il cinema indipendente esiste!

Rischiava di non uscire in sala ma grazie all'associazione Self Cinema e alla distribuzione fatta dagli spettatori, il primo lungometraggio di Pietro Reggiani - dopo essere passato al Tribeca Tribeca di New York e al Du Monde di Montreal - è finalmente arrivato nei cinema italiani.
di Tirza Bonifazi Tognazzi

Pietro Reggiani

venerdì 4 maggio 2007 - News

Chi è Pietro Reggiani
Veronese, classe 1966, Pietro Reggiani è laureato in legge e dopo aver lavorato come copywriter e sceneggiatore di fumetti si è trasferito a Roma. Nel 1997 ha scritto e diretto il cortometraggio Asino chi legge che gli è valso il Premio della Critica al Torino Film Festival e la candidatura ai David di Donatello. Nel 1998 insieme ad Antonio Ciano (Nastro d'Argento come miglior produttore per Asino chi legge) ha fondato la casa di produzione Nuvola Film, per la quale ha scritto e diretto L'estate di mio fratello.
Sei autore del soggetto e della sceneggiatura. Generalmente si scrive sempre un po' di se stessi, cosa c'è di autobiografico ne L'estate di mio fratello?
Mah, c'è l'ambientazione veronese, la condizione di figlio unico, sempre incerta e, finché si è bambini, anche un po' spaventosa, una certa difficoltà, propria del protagonista, a esprimere esplicitamente le proprie emozioni. Detto questo, non è un film autobiografico in senso stretto, il protagonista vive vicende particolarmente avventurose, che a me non sono toccate.

Quali caratteristiche doveva avere il giovane protagonista e come ti sei trovato a lavorare con un bambino?
Il protagonista doveva essere a suo agio nel mondo dell'immaginazione, doveva essere un po' un secondo mondo, per lui. E nei provini chiedevo ai bambini di mettere in scena delle loro fantasie. Davide, il bambino che poi è diventato il protagonista del film, ne aveva una che già stava giocando da qualche giorno con Valerio, il suo fratellino (reale), su degli alieni che arrivano sulla terra e compiono esplorazioni sui terrestri: nel giro di pochi secondi avevano messo un terzo malcapitato su un banco e lo stavano vivisezionando - è stato senz'altro un ottimo inizio. Tommaso, invece, aveva dimostrato fin da subito una verve particolarissima, molto adatta a un fratellino immaginario e rompiscatole: sapeva che se sbadigliava gli sgorgavano delle lacrime, e nascondeva il volto dietro un foglio per poi riapparire commosso di fronte a me - solo che non lacrimava mai e continuava a riprovarci, per il mio sconcerto, dato che non capivo cosa stesse facendo. Sul set sono stati davvero bravi, sono entrati nella storia con convinzione e leggerezza, direi che il novanta per cento della fatica è stata sceglierli e dare loro dei testi adatti a dei bambini.

Come sei riuscito a trovare il giusto equilibrio tra la leggerezza della commedia e l'inquietudine del tema trattato (l'immaginaria condanna a morte/l'aborto/il senso di colpa)?
È stato un processo che ha avuto varie fasi. Quando ho scritto la storia, nel 1998, non ero del tutto consapevole delle implicazioni drammatiche: l'infanzia non era che il racconto di un adulto, una persona tutto sommato incapace di andare in fondo a se stessa, che non aveva capito molto di quel che gli era successo - tanto che ho preferito eliminare quel personaggio. E quando nel 2003, dopo anni di incertezze, ho girato la seconda parte, con gli attori diventati adolescenti, ero fin troppo consapevole dei risvolti tragici, e ne è venuto fuori un episodio forse meno leggero e felice del precedente. Al montaggio abbiamo tentato di riequilibrare il tutto.

Il film ha incontrato il favore di pubblico e stampa, nel 2005 ha avuto una menzione speciale al Tribeca di New York e al Du Monde di Montreal. In Italia è stato il primo film a essere adottato dall'associazione SelfCinema. Come è andata l'operazione?
È stato tutto molto particolare. Avevamo proposto il film praticamente a tutte le distribuzioni e ad alcune (cosa non ovvia, purtroppo) eravamo anche riusciti a farlo vedere: ma non era considerato un film appetibile né aveva illustri sponsor alle spalle. Così degli amici miei e del coproduttore, Antonio Ciano, appassionati di cinema e amici del film, si sono impietositi e hanno deciso di scendere in campo provando a costituire SelfCinema. Il meccanismo ce lo ha fornito il nostro amico Vittorio Moroni, che già aveva sperimentato per i suoi film la prevendita dei biglietti come garanzia d'incasso per l'esercente, il guizzo l'hanno avuto i nostri amici, che hanno immaginato SelfCinema come una struttura permanente, in grado di portare gli spettatori a competere sul mercato "tradizionale" con due o tre titoli l'anno. Sono molto curioso anch'io di sapere come andrà.

Il trailer del film
Sergio è un bambino di nove anni che vive nel suo mondo immaginario per sfuggire alla consapevolezza che il matrimonio dei suoi genitori sta naufragando. All'inatteso annuncio dell'arrivo di un fratellino Sergio affronta le sue private paure inventandolo con la fantasia per capire quali cambiamenti porterà nella sua vita, finché non decide che il fratellino è troppo ingombrante e lo condanna a morte. Quando poco dopo la madre ha un aborto lui rimarrà segnato dai conflitti e dai sensi di colpa.

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