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The City Of Violence Vs. Kill Bill

La violenza e la vendetta secondo Ryoo Seung-wan
di Tirza Bonifazi Tognazzi

venerdì 1 settembre 2006 - News
È stato accolto molto bene questa mattina il nuovo film di Ryoo Seung-wan, The City Of Violence. Alla conferenza stampa che è seguita alla proiezione c'erano più che altro giornalisti coreani e di origini orientali che ovviamente prendevano nota e ridevano delle battute del regista prima ancora che venissero tradotte dall'interprete. Con l'autore della pellicola c'erano anche gli attori Jung Doo-hong e Lee Beom-soo, più taciturno rispetto ai colleghi. "Non sono un rappresentante di questo genere di film in Corea" ha voluto precisare Seung-wan. "Ritengo di aver fatto un lavoro secondo il mio punto di vista personale; ho voluto descrivere le sensazioni e i sentimenti che provano i personaggi durante le scene di combattimento, quello che avviene nel profondo di un uomo durante la lotta, più che descrivere la violenza fine a se stessa".

La domanda su Kill Bill è d'obbligo, e Seung-wan ammette di essere un grande fan di Tarantino. "Il tema è comune, parliamo entrambi di violenza e vendetta, ma nella mia pellicola do una versione più realistica di questi elementi. Nel suo lavoro le arti marziali si rifanno a una tradizione degli anni '60 e sono usate come un pretesto per giocare. Il mio film è ambientato negli anni '80 e c'è una maggiore sincerità, forse addirittura una sorta di pulizia da parte dei protagonisti che non sono tanto contorti come quelli del regista americano. Anche in Corea il mio lavoro è stato paragonato a quello di Tarantino, ma io credo che la struttura dei due film sia esattamente l'una opposta dell'altra. In Kill Bill la vendetta procura una sensazione di liberazione nella protagonista, mentre in The City Of Violence è un discorso che si sviluppa fisicamente da un luogo molto ampio a uno decisamente angusto".

Per la rappresentazione scenica delle arti marziali, Seung-wan si è fatto aiutare dall'attore ed esperto nel settore Jung Doo-hong, che gli ha dato una mano a costruire la visualizzazione della lotta. "Sono un esperto sì, ma lo è anche Ryoo, conosce molto bene quel mondo. Ho dato il mio contributo ma si è trattata soprattutto di una collaborazione con continui scambi di opinioni dalla quale anche io ho imparato molto". Si è trattato di fare un lavoro di cesello, per rispecchiare la vera essenza dell'arte coreana. "Come sapete ci sono enormi differenze tra le varie culture nell'approccio e nella realizzazione scenica dei combattimenti" ha rivelato Doo-hong.

"Voglio cercare di dare un ordine a queste differenze" ha continuato Seung-wan. "Le arti marziali cinesi sono legate alla bellezza dei movimenti del corpo, i giapponesi focalizzano la lotta intorno all'uso della spada mentre i film hollywoodiani si concentrano sulla forza fisica impiegata nell'azione. In Corea invece ci sono molti sentimenti coinvolti nell'atto di colpire: la felicità, il dolore, la difficoltà sono tutte sensazioni che si fondono in quel momento". In sala qualcuno chiede se c'è spazio anche per le armi da fuoco nelle lotte coreane. "L'uso della pistola è proibito in Corea; il bastone è molto più semplice da trovare ed è un mezzo più sicuro, non rischi di finire in galera. E poi se utilizzi il bastone puoi sempre cambiare idea, puoi accorgerti di esserti sbagliato e chiedere scusa all'avversario (risate in sala, NdR), l'uso di un'arma da fuoco potrebbe a quel punto aver già provocato dei danni irreparabili".

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