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Mattia Torre

Mattia Torre è un attore italiano, regista, sceneggiatore, è nato il 10 giugno 1972 a Roma (Italia) ed è morto il 19 luglio 2019 all'età di 47 anni a Roma (Italia).
Nel 2021 ha ricevuto il premio come miglior sceneggiatura al David di Donatello per il film Figli.

Una spietata fiction italiana

A cura di Fabio Secchi Frau

Quando gli storici sceneneggiati della RAI divennero fiction (anche sotto l'influenza della tv generalista), l'Italia catodica cambiò radicalmente. E, in alcuni casi, visti i prodotti trasmessi, cambiò in peggio. Addio adattamenti di romanzi storici! Saluti opere audiovisive altamente culturali, con grandissimi nomi del teatro e del cinema davanti alla telecamera, come Il mulino del Po con Giulia Lazzarini, I fratelli Karamazov con Corrado Pani, La Cittadella (1964) con Anna Maria Guarnieri o Papà Goriot (1970) con Tino Buazzelli. Malgrado il filone narrativo non si fosse prosciugato, si preferì "osare" con soggetti del tutto originali che, solitamente, portavano addosso titoli simil-Harmony che suonavano un po' come "Dono del cuore", "Amore contro amore" o Le tre rose di Eva. Nonostante gli ascolti abbastanza discreti, non si trattava certo di televisione di qualità. Il loro scopo era quello di intrattenere. Senza grandi insegnamenti. Senza attingere alla drammaticità dell'esistenza umana come solo certi personaggi cartacei avevano la potenza di fare.

Ma ci fu chi, in questo cambiamento, vide una miniera d'oro. Occasioni per raccontare satiricamente il nuovo piccolo schermo italiano. Non limitandosi a descrivere ciò che stava davanti alla scadente natura della sostanza e della forma, si volle superare queste percezioni per arrivare alle dinamiche che le avevano create. L'esplorazione dello sceneggiatore Mattia Torre partì proprio dalla rappresentazione di questo microcosmo nostrano. Cosa accadeva quando le telecamere si accendevano e soprattutto si spegnevano davanti ad altezzose e isteriche primedonne? Cosa accadeva quando in una miniserie uno dei protagonisti, rovinato dal vizio, minacciava le riprese? Come rimediare a uno sceneggiatore che grammaticalmente non ne azzecca una manco a pagarlo oro? E come vivono tutti questi personaggi che sono incatenati a questo particolare settore come anime rifiutate al Limbo?

Mattia Torre conosceva il mondo dello spettacolo e ci si tuffò con intrepido coraggio, prendendo di mira ciò che noi guardiamo ancora oggi. La finzione sulla finzione. Il tutto coadiuvato da un cast che fu comicamente formidabile e che venne raccolto nella sua più grande opera: il telefilm Boris. Questa peculiare morte della tv ebbe tanto successo da avere ben tre stagioni trasmesse su SKY. Oltre a un film (Boris - Il film) che permise a Torre di affilare i suoi spietati coltelli su ciò che di bieco e deturpato c'era anche nel mondo del cinema. Non fece tutto da solo. Nella narrazione di questi eventi immaginari, ci furono anche Giacomo Ciarrapico e Luca Vendruscolo. Spiritosissimi come Torre e, come lui, padri del mitico regista René Ferretti, della sua assistente Arianna, della pessima (ma veramente pessima) attrice Corinna Negri e del suo mediocre partner sul set Stanis La Rochelle.

Non si salvò nulla dopo il loro passaggio. Le fiction agiografiche, quelle sentimentali o quelle ipermelodrammatiche. Le grandi aspirazioni artistiche che però si dissolvevano puntualmente al primo sfiorarsi con la piattezza del lavoro richiesto. I progetti più seri che venivano relegati nel cassetto e lì lasciati per sempre. L'illusoria concezione di "lavorare in tv" che si traduceva con la bassezza e l'economia di un mercato prosaico a uso e consumo dell'italiano medio. Il bluff per antonomasia. Torre e il suo team crearono esilaranti battute che oggi sono delle argute citazioni ("La TV è come la mafia. Nessuno esce vivo"). Parlarono di un piccolo e angusto spazio di retrocessione (con il perimetro della soap opera di fantasia "Gli occhi del cuore") nel quale, se si aveva la giusta conoscenza della realtà televisiva italiana, si potevano intravedere e riconoscere vizi e pochissime virtù dei nostri vip.

Ma per arrivare a tanto, Torre fece parecchia gavetta. Prima nel teatro romano, incontrando le persone giuste (come i già citati Ciarrapico e Vendruscolo), poi negli altri media. Fu autore di Serena Dandini nei suoi programmi "Parla con me" e "The Show Must Go Off" e, soprattutto, fu grande amico e fidato collaboratore di Valerio Mastandrea (La linea verticale o il divertente e fortunato monologo recitato durante una puntata di "Propaganda Live").
In Italia, c'era bisogno di gente così audace. Persone che sapessero, con un sagace sorriso, fare un'analisi acuta e canzonatoria di ciò che avevamo davanti agli occhi. Il problema è che a volte, come nel caso di Mattia Torre, queste persone ci lasciano prematuramente.

La gavetta teatrale
Formatosi nell'ambiente teatrale romano, strinse immediatamente amicizia con lo scrittore e regista Giacomo Ciarrapico, con il quale, nei primi Anni Novanta, lavorò a quattro mani a commedie come Io non c'entro, L'ufficio, Piccole anime (che poi divenne un film omonimo nel quale lo stesso Torre recitò nel 1998) e Tutto a posto.

Il primo contatto con il piccolo schermo italiano
Nel 1999, passò alla sitcom con Baldini & Simoni, incentrata sulla convivenza tra un giornalista sportivo (Roberto Citran) e un'avvocatessa in carriera (Mariella Valentini), che con la loro unione creeranno una famiglia un po' scombinata (con colf sudamericana annessa). Per molti, non fu un prodotto originalissimo. Anzi, venne riconosciuto come in forte debito verso alcune scenette e sketch già visti nei vecchi varietà RAI. L'anno successivo, pubblicò un più serio diario di guerra ("Faleminderit Aprile '99 Albania durante la guerra"), che narrava il suo viaggio in Albania a poche settimane dallo scoppio della guerra in Kosovo.

Premio Solinas per la sceneggiatura
Dall'incontro con Luca Vendruscolo, nacque invece il lungometraggio Piovono mucche (2002), vincitore del Premio Solinas per la sceneggiatura. La storia di un ragazzo che si trova a fare servizio civile all'interno di una scanzonata comunità per disabili romana fu, in effetti, un soggetto interessante. Apprezzato dalla critica per la perizia rappresentativa e antiretorica che cercò di evitare macchiette e tentò di ribaltare grottescamente l'etichetta dell'handicap.

Il successo di Boris
Dopo aver lavorato con Valerio Aprea nel monologo teatrale "In mezzo al mare" (2003), ritornò in televisione come autore del talk show "Parla con me" di Serena Dandini. Poi fu di nuovo palcoscenico con "Migliore", recitato da Mastandrea e di nuovo piccolo schermo con I Cesaroni. Le esperienze televisive lo spinsero a confabulare con Vendruscolo e Ciarrapico su un ipotetico progetto nel quale deridere pateticamente le nostre fiction, miniserie e soap opere. Da questa idea, nacque la serie tv Boris, poi trasformatasi nel lungometraggio. Ambientata a Cinecittà, raccontava le disavventure di una troupe televisiva intenta a girare una ridicola fiction dal titolo "Gli occhi del cuore". Malgrado gli sforzi di elevare il prodotto, la bruttezza del soggetto, le pesanti intromissioni esterne e l'andazzo tipicamente "italiano" renderanno impossibile ogni evoluzione estetica e contenutistica. Il telefilm entusiasmò gli spettatori che se la risero, assieme agli sceneggiatori, di tanta banalità, ignoranza e trivialità.

Il debutto alla regia con Ogni maledetto Natale
Autore dello spettacolo teatrale "456" e del programma "The Show Must Go Off", nel 2014, scrisse e diresse con Ciarrapico e Vendruscolo Ogni maledetto Natale. Sulla carta, una commedia interessante e singolare sulla conoscenza delle reciproche famiglie da parte di due fidanzati, ma che non convinse del tutto la critica. Passato al telefilm Dov'è Mario? (2016) con Corrado Guzzanti e a La linea verticale (2018), basato sul suo omonimo romanzo, ritornò al cinema come sceneggiatore de Il grande salto (2017), su due rapinatori maldestri che dovevano compiere la rapina delle rapine. Non mancarono chiari riferimenti all'amarezza comica di certi film del sacro trio della commedia all'italiana Monicelli-Risi-Scola, che vennero simpaticamente apprezzati.
Nel 2020 è uscito al cinema il suo film Figli, la cui regia è stata da lui affidata a Giuseppe Bonito prima della morte. La sceneggiatura di questo film sarà premiata con un David di Donatello postumo.

La morte
Mattia Torre morirà il 19 luglio 2019 dopo una lunga malattia.

Ultimi film

Commedia, (Italia - 2011), 108 min.
Commedia, (Italia - 1998), 82 min.
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