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Joe D'Amato

Joe D'Amato (Aristide Massaccesi) è un regista, scrittore, sceneggiatore, fotografo, montatore, è nato il 15 dicembre 1936 a Roma (Italia) ed è morto il 23 gennaio 1999 all'età di 62 anni a Roma (Italia).

L'Ed Wood italiano

A cura di Fabio Secchi Frau

Il re dei B-Movie italiani. Un regista che ha potuto contare solo sulla sua astuzia, sulla sua maestria nell'uso della cinepresa e sulla sua determinata forza per creare dei film che sono al limite del convincimento, ma che visivamente sono un bel vedere, almeno per gli amanti del genere. E infatti "genere" è una parola che ritorna spesso nella sua filmografia. Il genere maschile e femmine che ha saputo miscelare in ogni sua pellicola: da calde donne dalla pelle d'ebano (le sue predilette) a mascolini machi testosteronici che avevano tutto da dimostrare, soprattutto di fronte all'obiettivo e al suo occhio. Ma soprattutto, il passaggio da un genere all'altro, dall'horror alla commedia scollacciata decameronesca, dai western spaghetti alle pellicole erotiche, dai film di guerra all'hard, che sarà la sua specialità, il cosiddetto "marchio di fabbrica" per gran parte della sua carriera costellata da decine e decine di realizzazioni, diventando un vero e proprio mito per il pubblico a luci rosse, tanto da essere definito "Il Re del Porno Italiano".
Padre dell'operatore cinematografico Daniele Massaccesi, il suo vero nome era Aristide Massaccesi, Joe D'Amato, infatti, nacque in seguito. Iniziò a lavorare a partire dal 1951, a soli quindici anni, come assistente fotografo per registi italiani come Mario Soldati, Mario Mattoli, Mario Bava, Michele Lupo, Demofilo Fidani (per il quale recitò anche in Straniero... fatti il segno della croce!, 1967), Nando Cicero e Umberto Lenzi ma, occupava anche altri mestieri tecnici, che di volta in volta gli venivano richiesti, come quello dell'elettricista o dell'assistente operatore e anche dell'aiuto regista, quando capitava. Si ritrovò così sul set di grandi pellicole come La carrozza d'oro (1952) di Jean Renoir, Il disprezzo (1963) di Jean-Luc Godard e La bisbetica domata (1967) di Franco Zeffirelli, acquistando un ottimo bagaglio tecnico che gli permise di compiere la grande scelta di passare alla regia.
Inizialmente non volle apporre la sua firma alle sue opere; così, come era uso fare all'ora, scelse un nome alternativo da inserire nei credits dei suoi film. Per riuscire a vendere le sue pellicole anche all'estero, la scelta cadde sul nome d'arte "Joe D'Amato", su suggerimento del produttore Ermanno Donati che considerò l'enorme successo che, oltreoceano, avevano autori e attori dai nomi italo-americani come Martin Scorsese, Francis Ford Coppola, Robert De Niro e Al Pacino. Anche se di volta in volta, di genere in genere, Joe D'Amato veniva sostituito da nomi considerati più appropriati.
I primi esordi alla regia avvennero sotto il nome di David Hills, per esempio, ne I predatori delle Antille, seguito nel 1972 dal decamerotico Sollazzevoli storie di mogli gaudenti e mariti penitenti - Decameron n° 69, firmato con il nome di Romano Gastaldi. Furono due flop, disgraziatamente. Eppure lui non si placa e continua a sfornare film, partendo dagli western-spaghetti Scansati... a Trinità arriva Eldorado (1972, sotto il nome di Diego Spataro) e La colt era il suo Dio (1972), per arrivare al bellico Eroi dall'inferno (1973) e al peplum La rivolta delle gladiatrici (1973), prodotto da Roger Corman e interpretato da Pam Grier. Ci riprova con un nuovo film spinto, firmando con il nome di John Shadow, Canterbury No.2 - Nuove storie d'amore del '300 (1973).
La morte ha sorriso all'assassino (1973) è il suo primo thriller gotico, girato nientemeno che con Klaus Kinski. La storia è quella di una fanciulla misteriosa che viene accolta da una facoltosa famiglia, la quale si renderà ben presto conto della vera terribile identità della ragazza. Un film che, fra i tanti fatti, risulta essere quello più gradito, non solo perché chiaramente ispirato alla letteratura orrorifica dell'Ottocento, ma anche perché ha un impianto stilistico in puro stile Mario Bava. Dopo aver diretto Fabio Testi in Giubbe rosse (1975), prende poi avvio la serie di pellicole con Emanuelle come protagonista, dove si unisce l'esotismo all'erotismo. Laura Gemser diventa la sua selvaggia musa indonesiana, perfetta interprete gore, calata nel ruolo di una cronista d'assalto (ispirata al personaggio inventato dalla scrittrice Emmanuelle Arsan, dal quale nome è stata tolta una M per evitare accuse di plagio) nei film: Emanuelle e François le sorelline (1975), Emanuelle Nera Orient Reportage (1975), Emanuelle in America (1976), Emanuelle e gli ultimi cannibali (1977) ed Emanuelle - Perché violenza alle donne? (1977). La Gemser diventa la sua attrice feticcio e comparirà anche in altri generi, recitando accanto ad attori come Jack Palance e Paola Senatore, ma sarà protagonista anche di strani ibridi cinematografici creati dal maestro come l'"horrorerotico" Papaya dei Caraibi (1978), storia di una multinazionale che vuole costruire una centrale nucleare nei Caraibi, ma che dovrà fare i conti con un'indigena locale esperta in riti voodoo e sessuali.
Entrerà poi in causa contro Amanda Lear per il film Follie di notte (1978). La conduttrice e cantante pensava stesse girando un documentario, quando invece si trattava di un film erotico! Nel 1980, dopo aver firmato lo splatter Buio Omega (1979), passa ad Antropophagus, storia di un killer cannibale interpretato da George Eastman, nel film era presente anche un'allora sconosciuta Serena Grandi. La struttura narrativa di questo film sarà poi ripresa in altre due pellicole, Le notti erotiche dei morti viventi (1980) e Porno Holocaust (1981). Da qui si fanno più frequenti le sue incursioni nel porno, che aveva già esplorato nel 1979 firmando Sesso nero, girato a Santo Domingo con gli attori hard Manlio Certosino e Annj Goren. Si concentrerà sui porno d'autore alla fine degli anni Novanta, dirigendo Selen e Rocco Siffredi, e rivelandosi fra l'altro un vero e proprio maestro in questo genere. D'Amato entra così nel gotha del cinema porno, creando e inserendo una sottile sceneggiatura, abbastanza convincente, fra le varie sequenze di sesso, in modo da non renderle esplicitamente fini a se stesse.
Affronterà poi, alzandosi le maniche, il genere storico dirigendo: Caligola, la storia mai raccontata (1982) con il nome di David Hills, Messalina - Orgasmo imperiale (1983) con il nome di Oliver Clark) e Una vergine per l'Impero Romano (1983) come Robert Hall, sconfinando sempre più nel territorio dell'hard. Poi volendo imitare il successo di Tinto Brass per La chiave, propone L'alcova (1985), recuperando Lilli Carati, proveniente dalla commedia sexy fine anni Settanta, che entrerà a far parte della sua scuderia di attori prediletti. Ma stranamente entrerà nel cuore dell'America per la direzione della pellicola fantasy Ator l'invincibile (1982), storia di un eroe muscolosissimo che deve sconfiggere un malvagio sacerdote.
Jenny Tamburi, Sebastiano Somma, Eva Grimaldi, Tinì Cansino, Adriana Russo, Antonio Zequila, Carmen Di Pietro e numerosi attori che hanno segnato la storia del porno italiano (Simona Valli, Erika Bella, Eva Henger), almeno una volta hanno attraversato i corridoi della sua casa di produzione la Filmirage, con la quale ha contribuito a lanciare e scoprire registi come Michele Soavi e a rilanciare autori dimenticati come Lucio Fulci e Umberto Lenzi. Prima di morire, interpreta un piccolo ruolo nella commedia Sono positivo (1999) di Cristiano Bortone, poi muore, stroncato da un infarto, al rientro da un viaggio negli States, dove stava girando il remake porno di Showgirl.
Si spegne così una leggenda dei b-movie italiani che ogni anno viene commemorata dal Joe D'Amato Horror Film Festival. Non solo: la rivista Nocturno ha prodotto un documentario sul suo lavoro, intitolato Joe D'Amato - Totally uncut, diretta da Roger Fratter. Questo autore ha incarnato il prototipo del regista a 360 gradi, facendosi interprete di primo piano e rielaborando ogni genere cinematografico secondo una particolarissima ottica personale. Non esiste a tutt'oggi una categoria o tematica cinematografica che non abbia affrontato. Maestro del cinema realizzato con le ristrettezze economiche e con la povertà di mezzi, spesso per la mancanza di liquidi, sfruttava lo stesso set cinematografico e lo stesso cast per girare più di un film, modificando semplicemente il titolo e inserendo qualche pseudonimo nei credits. Un uomo che ha fatto del cinema un'avventura e che è incappato, come tutti, in non pochi amichevoli problemi, risolti con una fine intelligenza e una tecnica accumulata negli anni.

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