Proveniente da una carriera di attore al cinema e a teatro, entrò alla Nikkatsu nel 1926. Autore dal 1927 di una serie di film satirici dopo aver fatto l'assistente di Mizoguchi (per Kyoso Mikka Kan), contribuì magnificamente con lui, specie nella seconda metà degli anni Trenta, all'affermazione del realismo sociale, sviluppando la tendenza delloshomin-geki, o dramma della gente comune, e partecipando con Il teatro senza fine (1934) e soprattutto con Marcia senza fine (1936), da un racconto del regista Ozu sul bilancio di vita di un impiegato, al movimento jungunbaku, o della letteratura pura, dopo aver tentato la strada della produzione indipendente con Il campione della vendetta (1931) nell'ambito dello shomin-geki. Il suo maggior risultato del periodo fu La città nuda (1937), forte denuncia dell'urbanesimo e della società del danaro, sempre alla ricerca della verità, e soprattutto La terra (1939, presentato lo stesso anno alla Mostra di Venezia), film controcorrente anche come stile di lavorazione, un'indagine neorealistica e senza paternalismi sui contadini, che impose il suo nome anche in Occidente. Autore nel 1933 di un'opera, L'appello dell'Asia, girata interamente in Manciuria, vi tornò nel 1942 restando poi, come insegnante di regia e consigliere tecnico del cinema cinese, nella Repubblica Popolare fino al 1953. Rimpatriato, diede nel Bar del crepuscolo (1955) un quadro del dopoguerra giapponese, ma coltivò prevalentemente lo jidai-geki, o film in costume (specie con un monumentale Miyamoto Musashi, 1961-65, in cinque parti sul samurai più famoso dell'epoca), di cui la favola La volpe folle, presentata a Venezia nel 1962, col suo connubio stilistico tra il kabuki e l'Opera cinese, fu preziosa testimonianza. Morì sul set de La spada della morte (1970).