Tragicomico cantore del conflitto israelo-palestinese, l'attore e regista è uno dei più affermati autori mediorientali.

L'esperienza americana
Nato in Israele da famiglia araba, tra il 1982 e il 1993 Suleiman vive a New York, dove gira due cortometraggi (a quattro mani con Jayce Salloum) che si fanno subito notare dalla critica per il tono satirico con cui mettono in scena lo stereotipo dell'arabo visto con gli occhi di un occidentale. Il secondo corto viene inserito in un film collettivo intitolato La Guerra del Golfo... e dopo! . Nel 1994 Suleiman torna in patria, a Gerusalemme, per insegnare alla Birzeit University nel dipartimento di Film e media. L'attività di insegnante accompagna quella di cineasta per anni, e nel 2008 il regista diventa professore alla European Graduate School. Viene tutt'ora invitato a tenere lezioni in diverse università in giro per il mondo.

Il successo internazionale
Nel 1996 Suleiman dirige il suo primo lungometraggio: Cronaca di una sparizione, subito premiato come migliore opera prima a Venezia. Negli anni seguenti realizza altri due corti, Guerra e pace a Vesoul e CyberPalestine. E' soprattutto il suo secondo film a regalargli la popolarità internazionale: si tratta di Intervento divino, del 2002; una tragicommedia sull'occupazione dei territori palestinesi che ottiene il Premio della giuria al Festival di Cannes. Anche sceneggiatore delle sue opere, nei suoi film interpreta solitamente se stesso o una figura caricaturale e stralunata ispirata alla sua persona. Anche per questo motivo Suleiman è spesso paragonato ad autori come Tati o Buster Keaton, cui lo accomuna il suo stile a metà fra comico e serio, una curiosa commistione grottesca che è la sua cifra stilistica. Nel 2006 è giurato al Festival di Cannes, dove torna in concorso nel 2009 con Il tempo che ci rimane.
Tre anni dopo presenta a Cannes insieme ad altri sei registi internazionali il film collettivo 7 Days in Havana.