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Peter Bogdanovich

Peter Bogdanovich è un attore statunitense, regista, produttore, scrittore, sceneggiatore, musicista, è nato il 30 luglio 1939 a Kingston, New York (USA) ed è morto il 6 gennaio 2022 all'età di 82 anni a Los Angeles, California (USA).

L'ultimo Truffaut

A cura di Fabio Secchi Frau

Alla ricerca del genere che non c'è. Si potrebbe anche chiosare così la lunga carriera di Peter Bogdanovich: prima sceneggiatore, poi attore, regista e produttore. Un po' tutto in quella Hollywood sconnessa dalla quale lui scappa per raccontare storie di personaggi quotidiani, ritratti che sembrano appartenere a quell'America povera, ma giocosa. Una ricognizione effettuata sin qui da pochi autori americani. Tra i tanti titoli di simpatica leggerezza che spuntano fuori nella sua filmografia, resta il capolavoro certo: L'ultimo spettacolo. E lui? Lui che tanto deve alla Nouvelle Vague? Facile, lui è l'ultimo Truffaut...
Figlio di immigrati scappati dal Nazismo - suo padre era un pittore e pianista serbo e sua madre la discendente di una ricca famiglia ebrea austriaca -, Peter Bogdanovich è nato in America. Inizia la sua carriera artistica come attore intorno agli anni Cinquanta, studiando con la leggendaria Stella Adler e apparendo in piccoli show televisivi. Influenzato dalla critica francese dei Cahiers du Cinema e specialmente del critico e regista François Truffaut, decide di scrivere anche lui degli articoli sul cinema per l'Esquire Magazine, mentre negli anni Sessanta diventa famoso per essersi impegnato nella programmazione di pellicole al Museum of Modern Art di New York City. Ossessionato dal cinema (ha visto più di 400 film all'anno), è particolarmente affascinato dalla figura dei registi John Ford e Howard Hawks, che vede come i pionieri dimenticati del cinema americano.
Lavorando con il mago dei film a basso costo Roger Corman, come sceneggiatore (I selvaggi, 1966) e attore (The Trip, 1967, e Il serpente di fuoco, 1967), riesce a finanziare la sua prima opera da regista: il documentario per la tv The Great Professional: Howard Hawks (1967). Molto amico di Orson Welles, interpreterà per lui Vienna (1968) e L'altra faccia del vento (1972), mentre per Agnès Varda sarà nel cast di Lions Love (1969), senza dimenticare John Cassavetes, che lo dirigerà ne La sera della prima (1977). Piccolo cameo anche per il corto Lick the Star (1998) di Sofia Coppola, figlia di uno dei suoi migliori amici, Francis Ford Coppola. Nel 1968 dirige il suo primo film a soggetto: Bersagli con Boris Karloff, seguito da Voyage to the Planet of Prehistoric Woman, sempre dello stesso anno e inedito in Italia. Tornato al giornalismo cinematografico, riempie pagine e pagine di riviste e quotidiani con le sue interviste, dalle quali scaturirà il libro "Who the Devil Made It - Conversations with Legendary Film Director" (Chi diavolo me l'ha fatto fare - Conversazioni con registi leggendari), che hanno un valore inestimabile per nella storia del cinema.
A 33 anni Bogdanovich torna sul grande schermo con il suo capolavoro: L'ultimo spettacolo (1971), storia di alcuni ragazzi texani prima dello scoppio della guerra di Corea che si riuniscono in un piccolo cinema che sta per chiudere i battenti. Bogdanovich, qui in veste di regista e sceneggiatore, verrà nominato all'Oscar per entrambe le categorie, ma l'unica cosa che riceverà sarà l'amore dell'attrice diciannovenne Cybill Shepherd, una dei protagonisti della sua pellicola, che lo spingerà a divorziare dalla moglie (la produttrice Polly Platt dalla quale ha avuto due figlie, una di queste è l'attrice Antonia Bogdanovich).
Dopo il successo de L'ultimo spettacolo dirigerà Barbra Streisand e Ryan O'Neal nella commedia Ma papà ti manda sola?(1972) che si ispira pesantemente a due film di Howard Hawks. Entrato di diritto nella lista dei registi di serie A di Hollywood, fonda con l'amico Coppola e con William Friedkin la Directors Company, che si affiancherà alla Paramoun Pictures nella produzione cinematografica. Nel 1973, dirige ancora Ryan O'Neal (questa volta accanto a sua figlia Tatum O'Neal) in Paper Moon - Luna di carta, per il quale viene nominato ai Golden Globe come miglior regista. Seguiranno Daisy Miller (1974), adattamento dell'omonima opera letteraria di Henry James, sempre con la Shepherd, e il flop Finalmente arrivò l'amore (1975) dove dirige, oltre alla fidanzata, anche le sue due attrici feticcio Eileen Brennan e Madeline Kahn.
Tenta di ricatturare i piaceri di pubblico e critica con Vecchia America (1976), ancora con O'Neal e figlia (eliminando però dal cast l'impopolare Shepherd), cui farà seguito il più fortunato e apprezzato Saint Jack (1979), prodotto da Hugh Hefner, il magnate di Playboy. E sarà proprio Hefner, produttore di E tutti risero (1981), che gli imporrà nel cast di quest'ultimo la presenza della playmate Dorothy Stratten. Bogdanovich accetta il patto e, accanto a Ben Gazzara e Audrey Hepburn, ecco recitare la ragazza copertina che viene dal nulla, ma che fa breccia nel cuore del regista. Dorothy Stratten è però fidanzata con Paul Snider, instabile parassita disoccupato che vive dei guadagni della moglie e che, quando scopre la relazione fra i due, spara alla donna e sodomizza il suo cadavere, prima di suicidarsi. E tutti risero, a dispetto del titolo (e che doveva essere l'ultimo film della Hepburn), diventa un film maledetto e nessuno vuole distribuirlo. Emotivamente devastato, sarà lo stesso Bogdanovich a portarlo nelle sale, e da questa esperienza, scriverà "The Killing of the Unicorn - Dorothy Strattern (1960 - 1980)". La vicenda scatenerà i benpensanti contro Hefner, ma soprattutto contro Bogdanovich, dipingendoli come sfruttatori opportunisti della bellezza della defunta, al pari del suo assassino, e ispirerà la pellicola di Bob Fosse Star 80.
Tornerà alla regia solo nel 1984 con Dietro la maschera (1984), seguito da Texasville (1990) e dal flop con Kirsten Dunst The Cat's Meow (2001). Tornerà a recitare nella serie I Soprano e per Douglas McGrath in Infamous - Una pessima reputazione (2006); poi sposerà la sorella di Dorothy Stratten, Louise, che all'epoca dei fatti aveva solo 19 anni. Raccoglitore di interviste e ritratti di chi nel cinema è stato una leggenda, Peter Bogdanovich ricorda un po' quei monaci amanuensi che si ritiravano nelle biblioteche per custodire la letteratura antica dall'oblio. Ma in un panorama effervescente come quello di Hollywood è diventato lui stesso un personaggio da proteggere nella memoria. Chiedetelo a Quentin Tarantino che lo vede come suo guru.

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