Dove non ho mai abitato

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i turbamenti amorosi della borghesia Valutazione 2 stelle su cinque

di vanessa zarastro


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sabato 28 ottobre 2017

Il film ha una tematica antica di cui i film italiani non parlano più: i turbamenti amorosi della buona borghesia. Solo che i registi che lo hanno fatto erano agli inizi degli anni ’60 in una città in pieno boom economico e sviluppo industriale come per La notte di Michelangiolo Antonioni, che era del 1961. Lì il senso di insoddisfazione che serpeggia nella società italiana era descritto attraverso una coppia in crisi, senza stimoli in piena crisi personale e generazionale. In Dove non ho mai abitato non c’è accenno di crisi economica, anzi lo studio professionale di architettura ha parecchi lavori in progress, mentre oggi i laureati in architettura spesso finiscono a fare i commessi in un negozio di scarpe o di computer. Siamo in una splendente Torino che non ha né problemi di smog, né quelli di “buchi nel bilancio”.
Degli amori e delle ipocrisie borghesi parlano ancora molti film francesi come, ad esempio, L’économie du couple di Joachim Lafosse, tradotto in italiano come Dopo l’amore del 2016e, guarda caso, Dove non ho mai abitato è per metà parlato in francese. Infatti, Francesca (Emanuelle Devos) la protagonista, suo marito (Hippolyte Girardot) e sua figlia adolescente sono tutti francesi e vivono a Parigi. L’anziano padre Manfredi è architetto (Giulio Brogi) ed è invece rimasto a Torino, dove ha uno studio affermato in società con Massimo (Fabrizio Gifuni), un collega più giovane, suo ex allievo. Il vecchio ha un caratteraccio, è volitivo, determinato, dice tutto ciò che pensa ed è piuttosto autoritario. Non sopporta che la figlia abbia rinunciato a fare l’architetto per andarsene a Parigi a fare la moglie di un finanziare accondiscendente e di troppo buon carattere. Ha invece un bel rapporto con Massimo con cui condivide le idee di lavoro e lo considera un po’ il figlio maschio che non ha mai avuto. Francesca dopo la morte della madre, schiacciata da entrambi genitori artisti e progettisti, è fuggita via per cercare una sua identità al di là della professione “di famiglia”., anche se sembra avesse un notevole talento.
La sera del suo 84mo compleanno, Manfredi cade e si rompe il femore quindi Francesca decide di rimanere a Torino per prendersi cura di lui. Il padre le chiederà di occuparsi, insieme a massimo di una villa sul lago, una ristrutturazione per una giovane coppia innamorata. Contrariati sia massimo sia Francesca si trovano comunque e non volendo a lavorare insieme e nasce un sentimento intenso, anche se non dichiarato. Questo porterà tormenti e scompiglio nella vita di due (ma com’è più facile un adulterio consumato!). Lui ha una compagna fissa da un paio di anni con cui però non vive, lei già piena di dubbi sul suo matrimonio inizia a rimpiangere la scelta fatta a suo tempo, non solo per l’attrazione che prova per Massimo, ma anche per quella parte creativa di sé che aveva messo a tacere sposandosi. Il film quindi va avanti lentamente con inquadrature sui due protagonisti che, nonostante tutto, sono piuttosto bravi.
A un certo punto il film diventa leggermente grottesco e si vede che chi ha scritto la sceneggiatura non ha la più pallida idea di cosa sia il mestiere di architetto. I due protagonista, la sera prima del trasloco della giovane coppia, vanno separatamente nella villa ristrutturata: aperta, non chiusa a chiave, tutta perfetta nei minimi dettagli e più che altro pulitissima. Così decidono di fare lì una cenetta romantica con vino rosso e formaggi (immagino francesi….). Chi ha esperienza di cantiere si rende conto dell’assurdità della scena!
Gli interni dei vari appartamenti nel film sono piuttosto spogli, come si immagina siano quelli degli architetti, ma la villa “dove non hanno mai abitato” e gli interni delle varie case sono più da casa Vogue che da una rivista d’architettura. I mobili sono tutti i classici progettati ormai di un secolo fa, oggi considerati status symbol: la poltrona di Marcel Breuer, le sedie Thonet di Alvar Aalto, la lampada Tolomeo di Michele De Lucchi.
Ciò che non è chiaro e che sembra anacronistico sono i tormenti di Massimo e Francesca che non si capisce perché ormai liberi da problemi edipici non mollano tutto e si mettano insieme, in fondo il divorzio esiste anche in Italia da quasi cinquant’anni!.
 

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