Batman & Robin

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Un film di Joel Schumacher. Con Chris O'Donnell, Uma Thurman, Arnold Schwarzenegger, George Clooney, Val Kilmer Fantastico, Ratings: Kids+13, durata 130 min. - USA 1997. - Warner Bros Italia uscita venerdì 29 agosto 1997. MYMONETRO Batman & Robin * - - - - valutazione media: 1,36 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Autentico, imperdonabile insulto all'eroe di Kane. Valutazione 1 stelle su cinque

di GreatSteven


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venerdì 27 ottobre 2017

BATMAN & ROBIN (USA, 1997) diretto da JOEL SCHUMACHER. Interpretato da GEORGE CLOONEY, CHRIS O'DONNELL, UMA THURMAN, ARNOLD SCHWARZENEGGER, ALICIA SILVERSTONE, MICHAEL GOUGH

Su Gotham City incombe una nuova minaccia: lo scienziato premio Nobel per la biologia molecolare Victor Fries, impazzito da quando la moglie Nora ha contratto la sindrome di McGregor e da allora la mantiene in una specie di coma all’interno di una capsula contenente liquido refrigerante, si è trasformato nello spietato criminale noto come Mr. Freeze, incapace di resistere al di fuori di un raggio gelido e bardato con un’armatura di ghiaccio che comprende pure una pistola capace di congelare qualunque persona od oggetto, con un carro armato personale e vari sgherri alle sue dipendenze. Trova un’inattesa alleata nei suoi piani di conquista (intende estendere una coltre di neve prima su Gotham e poi sull’intero pianeta) la feroce botanica Palmera Isley, diventata Poison Ivy a seguito del contatto con un’arma batteriologica che l’ha mutata in una supereroina malvagia capace di uccidere con un bacio, di comandare i vegetali a suo piacimento e di far infatuare di sé gli uomini soffiando una polvere di feromone. Scopo di Poison Ivy è far tornare Madre Natura, con tutte le piante che lei ritiene superiori agli animali, padrona del mondo, e Freeze accetta di collaborare con lei usufruendo del nuovo telecopio di Gotham appena inaugurato dalle pingui finanze del miliardario filantropo Bruce Wayne. Batman, ovvero l’identità segreta del ricco filantropo, non può rimanere indifferente, e riesce dopo un paio di scontri a far internare Freeze nel manicomio criminale di Arkham, ma Poison Ivy lo libera e progetta di eliminare personalmente Batman e il suo figlio adottivo Robin (vero nome: Dick Grayson, ex trapezista circense) con un bacio velenoso, mentre il criminale ammattito si occuperà di congelare la città fornendosi dell’ampio raggio d’azione del telescopio, ideato per permettere a dei satelliti ad esso collegati di far convergere la luce su diverse zone del globo. Ma questa volta Batman, per quanto detesti lavorare fianco a fianco con Robin perché lo ritiene troppo avventato e impulsivo, avrà come aiutante Batgirl, ossia Barbara Wilson, la nipote di Alfred Pennyworth, il maggiordomo che serve casa Wayne da tantissimi anni, studentessa a Londra che raggiunge il prozio, partecipa a corse di moto clandestine e scopre i segreti di Bruce e Dick entrando di soppiatto nella Bat-Caverna, dove guadagna da un programma ideato dallo zio il costume e i super gadgets necessari per combattere. La lotta sarà ardua, ma i tre, liquidata Poison Ivy nel suo stesso regno delle piante, dovranno vedersela con Freeze che per poco non realizzerà il suo piano ma, grazie all’ingegno informatico di Barbara, riusciranno a far arrivare la luce riflessa dagli specchi dei satelliti artificiali su Gotham, scongelandola interamente in piena notte. Batman riuscirà perfino a farsi dare da Freeze, stremato per il calore per lui mortale, le due fiale necessarie a curare Alfred, anch’egli convalescente della sindrome di McGregor, la malattia che colpì la consorte di Victor Fries. Rinchiuso di nuovo nel manicomio criminale, Freeze si prepara a vendicarsi di Poison Ivy, rea di aver staccato la presa di alimentazione del contenitore di sopravvivenza di Nora, successivamente riattaccato da Batman. Alfred guarisce, e un nuovo patto viene stretto tre fra Bruce Wayne, Dick Grayson e Barbara Wilson. È il peggiore dei film di Batman realizzati finora. Per almeno quattro motivi. Primo: calcare la mano sulla litigiosità fra Bruce e Dick, in cui il primo giudica il secondo indegno di fargli da collaboratore per la sua impulsività, il che non giova alla credibilità della vicenda e rende poco appetibili la coppia dei due eroi protagonisti, per quanto Clooney non se la cavi troppo male, essendo di una spanna sopra al suo predecessore nel ruolo dell’Uomo Pipistrello, il pessimo Val Kilmer; secondo: il personaggio di Julie, l’amante di Wayne che pretende da lui una promessa di matrimonio, fuori luogo e assolutamente superfluo, perlomeno per quanto riguarda lo svolgimento della parte attiva della trama; terzo: un coacervo caleidoscopico di effetti speciali fracassoni, sconvolgenti e bombardanti che fanno uscire estenuato lo spettatore al termine della proiezione (e centoventi minuti son davvero troppi); quarto: l’aver trasformato il capitano della polizia James Gordon in poco più che un paliaccio in uniforme, un uomo al servizio della legge che non fa nulla per impedire ai criminali di perpetrare le loro scelleratezze ai danni della cittadinanza al suo completo (un errore cui Christopher Nolan rimedierà splendidamente, grazie all’interpretazione dell’ottimo Gary Oldman nella trilogia de Il cavaliere oscuro). O’Donnell e Silverstone non brillano per acume recitativo, sembrano più che altro figli di papà arricchiti e imborghesiti che si travestono con costumi sgargianti e paurosi per dar prova solo di doti atletiche e non di talenti attoriali autentici, la qual cosa indispone perfino il pubblico più giovane o quantomeno con aspirazioni giovanili. Se la cava meglio il reparto degli antagonisti: in coppia, Schwarzenegger e Thurman, nei panni rispettivamente dell’implacabile congelatore armato di tutto punto e con la pelle dall’impenetrabile scorza azzurrognola e della dea vegetale dal bacio incancrenito, il costume verde e la folta parrucca fulva, sono due cattivi da annoverare fra i più bravi considerando le star del cinema che hanno prestato il loro volto per giocare la parte dei crudeli nella saga, paragonabili se non altro a Jim Carrey nel ruolo dell’Enigmista o a Tommy Lee Jones in quello di Harvey Due Facce, presenti nel precedente capitolo, Batman Forever (1995). Schumacher è un disastro come regista, e come narratore di una storia iperpompata e testosteronica oltre ogni limite del buongusto fa anche di peggio: riduce il livello artistico dei comprimari a comparsate ridicole, tramuta le scene di battaglia in interminabili lotte dove dominano più i colori che spaccano lo schermo piuttosto che i cazzotti dati e resi, assorda con una colonna sonora rimbombante che si riscatta parzialmente solo nei titoli di coda con una canzone tranquilla e fa ogni cosa per rovinare un impianto già costruito male in partenza per un eccesso di buonismo che poi si traduce nell’autocompiacimento sortente l’effetto opposto, ossia quello di tradurre in immagini audiovisive l’aggressività e la violenza gratuite senza tema di turbare la sensibilità anche dei più resistenti sul piano sentimentale. Se non altro, consoliamoci con un bravo M. Gough, che indossa le vesti (anzi, la giacca nera e la cravatta) del fedelissimo maggiordomo Pennyworth, un Alfred sotto le righe che però funziona, per merito della una recitazione controllata e mai fine a sé stessa per obiettivi di incassi lauti. Un montaggio assolutamente anfetaminico, una scenografia pacchiana fino all’auto-elogio antipatico e una sceneggiatura in sé per sé non malvagia, ma rovinata da una messinscena che privilegia la spacconeria della tecnologia digitale all’importanza del dialogo cinematografico, che è sempre più rilevante, completano il quadro osceno e deplorevole di una pellicola di supereroi da gettare nel dimenticatoio e apprezzabile soltanto per il 20% delle cose buone che ha saputo approntare per rendersi poco meno che decente, mentre per il restante 80 si depreca da sola col suo gusto sfrenato, che tenta con gagliarda mal destrezza di far passare per sopraffino, che idolatra gli eroi fumettistici, sortendo come esito soltanto una piangente nostalgia delle superbe tavole di Bob Kane, l’inventore dell’Uomo Pipistrello: di come lo disegnava, lo raccontava, lo valorizzava, lo nobilitava, lo amava.

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