Mosca a New York

Un film di Paul Mazursky. Con Paul Mazursky, Saveliy Kramarov, Alexander Beniaminov, Lyudmilla Kramarevsky, Ivo Vrzal, Natalie Iwanow, Tiger Haynes, Robert Macbeth, Donna Ingram-Young, Olga Talyn, Alexander Narodetzky, Pierre Orcel, Stephanie Cotsiliros.
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Titolo originale Moscow on the Hudson. Commedia, durata 110 min. - USA 1984.
   
   
   

La finta libertà Valutazione 3 stelle su cinque

di annalisarco


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mercoledì 25 ottobre 2017

 Ogni tanto è bene rispolverare qualche film ormai datato e, soprattutto, poco conosciuto. Mosca a New York è un film del 1984, una commedia drammatica interpretata dal sempre magnifico Robin Williams, che qui si destreggia in una lingua sconosciuta come il russo e un improbabile accento americano. In una Russia senza libertà, il sassofonista del circo Vladimir (Robin Williams) sogna qualcosa di più delle sue giornate passate in fila per prendere della carta igienica. Perché nel suo paese tutto è razionato, ogni mossa è controllata e la libertà inesistente. "I nostri leader sono buoni solo a fare le parate", dice il nonno di Vladimir, l'unico a non aver consumato la sua fiamma ribelle. Gli altri sembrano accettare quel poco che il paese gli da, in condizioni che non possono definirsi parte di una vita normale. Quando il circo di Vladimir va a New York per un grande spettacolo, il suo amico Anatoly (Elya Baskin) dichiara la sua intenzione di richiedere asilo politico, e per questo viene tenuto d'occhio più di tutti gli altri. Inaspettatamente, al posto di Anatoly - troppo preoccupato del gesto che gli impedirebbe di rivedere la sua famiglia - è Vladimir a chiedere asilo politico prima di ripartire, all'interno del negozio Bloomingdale's. Televisioni, attenzione pubblica, l'avvocato Ramirez pronto ad aiutarlo, il commesso afroamericano Lionel (Cleavant Witherspoon) che si offre immediatamente di ospitarlo. Vladimir non può che amare questa città così disponibile, piena di culture diverse e in cui ognuno sembra poter essere ciò che vuole. Ben presto, si accorgerà che si tratta di una finta libertà. Un sassofonista di talento come lui che si ritrova a dover  vendere hot dogs in piazza, per poi diventare un commesso di McDonald's e infine un autista di taxi. Un percorso in cui tutto ciò che lui è deve essere messo da parte. "Quando ero in Russia non amavo la mia vita. Ma amavo la mia infelicità, perché era mia". Una città che ti porta via tutto, ma che allo stesso tempo ti promette che avrai tanto, molto più di qanto immagini. Nel frattempo, però, i giorni passano tra i lavori che sei costretto a fare per pagarti un monolocale in cui bagno, cucina, soggiorno e camera da letto sono nello stesso ambiente. Ti ritrovi a vagare per le vie in cui risiede la comunità russa, per sentire, anche se di poco, l'aria di casa. Bevi vodka, e cerchi un modo per continuare a suonare, nonostante le urla di qualcuno del palazzo che ti dice di smettere. "Questa è libertà? Questa è falsa libertà. Dove sono i poeti?", continua Vladimir. Eppure, quel musicista russo è ogni giorno che passa più americano. Uno stato che forma gli americani partendo dagli immigrati, a cui impongono un giuramento per essere sicuri che amino e rispettino gli Stati Uniti prima di qualunque altro stato. Sono i nuovi americani, sanno la storia del paese, sanno cosa recita la costituzione, vivono tutti insieme come una massa indistinta di culture. Ci mette un po' Vladimir ad apprezzare nuovamente quella società piena di contraddizioni: New York spaventa ed emoziona allo stesso tempo. In Russia era consapevole di chi fossero i suoi nemici, qui potrebbero essere chiunque. Come i ragazzini in cui si imbatte e che lo derubano proprio all'ingresso del suo palazzo. Giornate piene, in cui ogni minimo evento è grande e, sommato, ti porta all'esasperazione. Eppure, questa città si ama lo stesso. Questo film evidenzia moltissime cose, a iniziare dalla multi identità culturale di New York, che è l'anima del paese. La sua bellezza e la sua forza è questa, perché "Questa è New York, signori. Un uomo può fare quello che vuole", come dice la security non appena accoglie la richiesta di Vladimir. È un concetto così reale e concreto per questa città, che andrebbe rispolverato adesso, in un momento storico in cui sembra difficile ricordarsene. La meta di chi sogna la libertà e di chi, prima o poi, la trova proprio qui. Anche Vladimir riuscirà ad essere sé stesso, alla fine, e a guadagnarsi il pane con la sua musica. Incontrerá persone e culture diverse, dalla bella ragazza italiana Lucia, all'amico dell'Alabama, all'avvocato cubano. Nessuno viene mai dallo stesso posto, ognuno di loro ha una sua personalità e mai, per nessun motivo, ha meno diritti di un altro. Il tema della finta libertà è al centro del film, così come lo è la bellezza dello spirito new yorkese, che forse rimane ancora oggi l'eccezione in un mondo fatto di insoddisfatti, di chi arriva a scelte scomode per disperazione, di chi lavora tutta una vita per ritrovarsi con niente. Di chi ha fatto la guerra, come nel caso del nonno di Vladmir, e si ritrova ad essere visto come un pazzo ingrato buono solo per il manicomio. Quando invece, tutto quello che chiediamo, è la libertà, quella vera. Quella di poter essere noi stessi e di poter fare ciò che ci rende felici. E New York è il posto che si avvicina di più a tutto questo. È un film che ti sveglia, che ti costringe a chiederti se stai vivendo o sopravvivendo; se hai accettato troppi compromessi e se stai realmente vivendo nel modo che ti appartiene. Ti suggerisce di alzarti e di prendere quel rischio, di imboccare la strada che ti fa paura perché alla fine, non potrà che portarti alla tua destinazione. Per questo oggi scelgo questo film, perché non solo sarà una piccola perla per tutti quelli che come me amano New York, e che nel guardarlo ritroveranno molti frammenti del loro periodo trascorso nella grande mela. Non luoghi comuni, ma il cuore di quella città che è realmente così. Inoltre, parlo di questo film perché non sono i muri che dobbiamo costruire, non è il silenzio che dobbiamo imporci. È il coraggio, è l'abbattimento dei pregiudizi, è il lottare per prenderci ciò che è nostro in qualunque paese e in qualunque lingua: il diritto alla vita, alla libertà e alla felicità. 

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