Disorder - La Guardia del Corpo

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Film tecnicamente solido ma incerto sui contenuti. Valutazione 2 stelle su cinque

di ashtray_bliss


Feedback: 29534 | altri commenti e recensioni di ashtray_bliss
mercoledì 5 ottobre 2016

Ripongo molta fiducia nei film europei che quasi sempre hanno dato prova di essere prodotti all'altezza delle aspettative. Solitamente sono film "festivalieri" con tutto ciò che ne consegue: film certamente poco adatti alle masse di spettatori imax, che si rivolgono ad una certa categoria di pubblico intrattenendo, ovviamente, ma stimolando anche la riflessione, il dubbio, il dibattito. E i film francesi onestamente non deludono quasi mai, sia che si tratti dei thriller o delle commedie (brillanti e originali). Il cinema francese insomma tiene alta la bandiera di tutte quelle pellicole Made in EU, lontane dai fasti hollywoodiani ma altrettanto, se non maggiormente, valide
Tuttavia, la visione del film Maryland, uscito direttamente dal festival di Cannes del 2015, mi ha lasciato vagamente perplessa. La pellicola della Winocour è tecnicamente impeccabile. La regista punta il tutto sulla forza dell'immagine ed ecco che la fotografia e la regia stessa la fanno da padrone. Ottimo l'utilizzo dei primi piani degli attori, e specialmente di Schoenaerts, altresì ottimo l'uso della fotografia, minuziosa e attentissima ai dettagli che sa quando essere sfarzosa (le scene all'interno della casa e della festa) e quando essere minimale ed essenziale (le scene all'esterno della villa e quelle condivise da Kruger e Schoenaerts).
Anche sugli attori c'è poco da dire: Schoenaerts si immedesima in una parte molto impegnativa; quella di un ex soldato alle prese con un disordine di stress post traumatico, e la sua recitazione si basa quasi esclusivamente sugli sguardi: intensi, ansiogeni, rabbiosi. Il linguaggio del corpo predomina sul linguaggio vocale e il risultato è eccellente. Mathias se la cava benissimo a rendere attraverso brevi ma significative inquadrature (i tremori, le crisi di violenza soffocata, l'attacamento alle armi) il tormento di uno dei tanti soldati, reduci dalle guerre in Iraq o Afghanistan. La Kruger riesce anche lei a mantenere alto il livello recitativo in una parte un pò scomoda e marginale, di una donna algida e distaccata, che si ritrova vittima delle azioni illegali del marito. 
Ma il punto debole di Maryland (o Disorder, come e' stato adattato) è proprio la sua sceneggiatura quasi inconsistente. La storia dietro, c'è eccome e poteva essere sviluppata sicuramente meglio: Maryland ruota attorno al solitario e problematico Vincent, ex soldato affetto da post-traumatico che non è in grado di tornare in azione. Insieme ad un gruppo di ex commilitoni viene assunto per una notte per fare da bodyguard alla immensa villa Maryland, proprietà di un magnate libanese. La sera nella quale viene assunto si terrà infatti un ricevimento importante che annovera tra gli invitati pezzi grossi della politica francese, prossimi a prendere in mano le redini del paese. Il proprietario della villa è infatti egli stesso in rapporti molto stretti con queste facoltose persone che conducono traffici illegali all'estero. Il giorno dopo la festa, il libanese parte per l'estero e affida l'incarico di proteggere per 48 ore la sua famiglia, formata dalla moglie Jessie e il piccolo Ali, proprio a Vincent che questa volta resterà da solo nell'immensa ma desolata dimora. Presto Vincent si accorgerà che la famiglia è diventata l'obbiettivo di criminali e farà di tutto per proteggerli. 
Ecco dunque che con tutti questi elementi si poteva trattare il soggetto diversamente e ricavarne un film più funzionale e meno algido del prodotto finale al quale assistiamo. Non che sia un brutto film ma si evince che la regista sia inciampata nella creazione di un validissimo esercizio di stile, un film di maniera, carente però dal punto di vista dei contenuti. Supportato da uno script che si trascina nella sua staticità e monotonia, privo di scene d'azione convenzionali (il che è ovviamente voluto, Maryland non vuole decisamente essere l'ennesimo film sparatutto) ma anche di una vera e propria 'azione' che leghi i protagonisti tra di loro. Tra Vincent e Jessie sembra nascere una sorta di attrazione che tuttavia non evolve mai in qualcosa di concreto. Tutto resta in sospeso, in bilico tra la realtà e l'allucinazione nelle quali vive il protagonista stesso, e che confondono abilmente anche gli spettatori. 
Alla fine è lecito chiedersi cosa abbia voluto rappresentare questa pellicola, così esteticamente e tecnicamente curata? Il disordine di Vincent c'è ma è appena accennato, senza mai scavare nel profondo della sua psiche. Dai protagonisti stessi non trapela mai un'emozione, un segno di avvicinamento emotivo l'uno all'altra. La fredezza e il distacco predominano ovunque. Lo stesso bimbo è poco più che una figura decorativa che non pronuncia mai una singola parola, non si emoziona e non si sconvolge nemmeno durante l'attacco armato, in casa e per strada. 
Non è dunque un film sui traumi di guerra e sulle loro, pesanti e inevitabili, conseguenze. Non è nemmeno un thriller, anche se dalla seconda metà in poi prende in prestito degli elementi tipici del sottogenere home insavison. Il risultato è perciò un opera drammatica, che unisce elementi diversi tra loro senza mai esplorarli integralmente, risultanto relativamente amorfa, un prodotto che non riesce a lasciare un segno distintivo nella mente dello spettatore. Tecnicamente è riuscitissima, ma il tempo di narrazione lento (che di per sè non è un difetto) e il contenuto debole non riescono a far decollare questa ambiziosa opera seconda della Winocour. Inquietante la musica, piuttosto rumoreggiante, a tratti disco e a tratti trance, che accompagna le sequenze.
Considerazione finale: Mediocre, 2,5/5.


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