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Gli USA dopo Nixon e prima di Carter Valutazione 5 stelle su cinque

di urbano78


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domenica 10 luglio 2016

Fondendo le storie di molti personaggi, per ciascuno dei quali offre un attendibile ritratto psicologico, Altman ritrae la società americana della metà degli anni '70 con un virtuosismo degno del miglior Fellini (come molti capolavori felliniani è un film insieme corale e intimo e un grande circo), in una ricca, folta ma fluida e avvincente opera che è anche una celebrazione degli Stati Uniti nel loro bicentenario, con i loro pregi (ottimismo, voglia di andare avanti nonostante tutto) e difetti (cinismo, opportunismo, ignoranza, superficialità, kitsch). Altman forza il semidocumentarismo per approdare all'iperrealismo, che ben calza all'America, patria, non dimentichiamolo, dello sdoganamento della pornografia, iperrealismo per eccellenza. Intrattenimento e campagna presidenziale nella capitale della musica country, che il film ha reso ancora più celebre. Tra la commedia, con momenti comici, e il dramma, però stemperato nella satira e nel musical, é uno di quei film che sembrano sul nulla ma nei quali c'è tutto. Un quadro che sembra confermare che, come diceva Pasolini, ogni cosa è politica. Il contesto è quel momento della storia americana dopo lo scandalo Watergate, che aveva indebolito la leadership politica tradizionale del paese (film simbolo di questa sfiducia nel sistema fino alla paranoia "La conversazione", "Perché un assassinio", "I tre giorni del Condor" e "Tutti gli uomini del Presidente") dando spazio al populismo sia di destra che di sinistra, che sarà rappresentato dalla vittoria di Jimmy Carter, un nuovo sulla scena politica, imprenditore di noccioline fratello di una cristiana evangelica battista carismatica, alle elezioni del 1976 dopo essere stato dal 1971 al 1975 governatore della Georgia, uno degli Stati tradizionalmente più conservatori (come il Tennessee di cui Nashville è la capitale); il film più rappresentativo della sua era è forse "Incontri ravvicinati del terzo tipo", di un pacifismo che scivola verso la china del misticismo. "Nashville", invece, capolavoro di Altman e uno dei capolavori in assoluto della storia del cinema, si fa leggere a più strati, tra la satira dell'"american way of life" da parte di un democratico "liberal" come Altman (una idea politica che non ha avuto più presidenti - Carter stesso era piuttosto un moderato come estrema sinistra di uno stato di estrema destra, che prima del suo governatorato aveva ancora leggi razziste - dopo l'assassinio di Kennedy al quale in qualche modo allude l'omicidio verso la fine del film, la cui "casualità" é messa da Altman a simbolo allarmante della struttura profonda della ideologia americana, con un demone che ogni tanto ricompare nella tranquilla provincia, ma alla fine... "the show must go on") alla tenerezza per i personaggi, specie quelli perdenti, nella nostalgia di una comunicazione più autentica rispetto a una società ossessionata dal potere, dal denaro e dal sesso. Uno dei temi del film é la capacità del capitale di farsi fruizione proprio quando la sua stessa sopravvivenza di ordine é messa alla prova. "Nashville" é un film fuori dalle regole, un affresco caleidoscopico, uno dei migliori sulla contraddittoria, ambigua, schizoide identità americana, per ammissione dello stesso regista ispirato da "La dolce vita" di Fellini, altro disincantato splendido affresco dell'Italia degli anni di passaggio al "boom", e che conferma Altman come uno dei più grandi autori del nuovo cinema americano e del cinema in generale della seconda metà del XX secolo.

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