Il seduttore |
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Un film di Franco Rossi.
Con Alberto Sordi, Lia Amanda, Jacqueline Pierreux, Lea Padovani, Nino Vingelli.
continua»
Commedia,
Ratings: Kids+16,
b/n
durata 85 min.
- Italia 1954.
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Torna alla Norma di casa!di minnieFeedback: 6118 | altri commenti e recensioni di minnie |
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lunedì 13 luglio 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Il seduttore, regia di Franco Rossi, 1954 Eccoci a un film tagliato su misura per Alberto Sordi: un bianco e nero perfetto, il suo scenaggiatore, Rodolfo Sonego (qui accanto al cattolicissimo Diego Fabbri), a far da supporto, la regia di Franco Rossi perfetta e anche la musica, di Carlo Innocenzi, a sottolineare un finale degno di Polanski . “Il Seduttore” è un capolavoro di Cinecittà, di quel cinema italiano che ha dato il meglio di sé nella commedia e che comunque senza Sordi, le sue mosse, i suoi gesti, i suoi inequivocabili sguardi, non avrebbe molto senso. Il seduttore anni Cinquanta è il Sordi di 33 anni, l’età stessa del protagonista, sposato da qualche anno con Norma (Lea Padovani) che, insieme alla madre, gestisce una trattoria nel cuore di Roma, mentre lui fa l’assicuratore. Ha una fissa per le donne ma non conclude nulla, in un mondo di donne che in fondo sono sempre alla ricerca di soldi, sono accompagnate dalle anziane madri o sono buone, inattaccabili madri di famiglia, anche se con marito americano sempre in volo poiché è un pilota di linea internazionale. E soprattutto l’italiano medio, seguito passo passo anche nel suo lavoro di assicuratore, dal parroco che lo ha avuto come chierichetto (un classico per i romani dell’epoca), una cosa vede come il fumo negli occhi, nonostante tutta l’insofferenza verso l’istituzione matrimoniale: il divorzio, per cui torna all’ovile sotto lo sguardo, da torvo ridivenuto benevolo, della moglie che commenta: “In fondo è un bravo ragazzo, bisogna solo togliergli dalla testa l’idea di essere un seduttore”. Infatti più che sedurre combina pasticci, Alberto, con la complicità del capufficio che vive con una sorella che gli impone le pattine: un’amicizia che finisce subito, una volta che la francese (un’attrice, Jacqueline Pierreux molto somigliante alla successiva Dominique Sanda, del 23 come la Padovani, entrambe oggi scomparse) si presenta al festino (all’orgia come la chiamano loro, lontani le mille miglia dalla dolce vita) da sola, senza l’amica per l’amico, che riprende subito l’atteggiamento del capo e che rivuole indietro le 50mila lire chieste dalla donna all’assicuratore che subito se l’era filata senza scarpe per non far rumore. Oppure nell’episodio di seduzione della mogliettina americana, Alina (Lia Amanda, un’attrice che oggi ha 82 anni) - che però ha come affittuario a Fregene un ex generale che giura sulla sua fedeltà - la quale alla fine, come nella più classica delle agnizioni, raggiunge Alberto nella trattoria di casa, dove ci sono già la francese a cui ha promesso il divorzio (una favola per l’italiano dell’epoca e anche per molti anni dopo) e naturalmente la moglie che vi passa le sue giornate: le donne diventano allora per lui minacciose (Rossi deforma qui il loro sguardo come farà Polanski in Rosemary’s baby) e Albertone nostro, da vero pavido, se ne scappa tranne poi tornare a casa, come da regola. Varie storie s’intrecciano in questo film, le tre storie che Sordi, Alberto anche nel film, cerca di orchestrare fin quando il gioco gli scappa di mano, per via di un cappello rivelatore, un copricapo che poteva appartenere solo alla moglie del pilota (provenendo dalla Cina, prima che la globalizzazione lo rendesse merce corrente) e che lei vede indosso all’amante francese del suo nuovo potenziale marito. Il tutto sotto lo sguardo sempre più allucinato della moglie con la sottolineatura magistrale della musica di Innocenzi. Tante parole, tanti traffici, tanto correre per evitare di essere scoperto, sesso solo sottinteso ma realmente assente, solidarietà maschile in apparenza finalizzata alla conquista di donne sempre sfuggenti e omosessualità non proclamata ma effettiva, per un ritonro alla Norma (il nome non è scelto a caso). Chiamatela commedia....
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