Sono un cyborg, ma va bene

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Un film di Park Chan-wook. Con Lim Su-jeong, Rain, Hie-jin Choi, Byeong-ok Kim, Yong-nyeo Lee.
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Titolo originale Sai bo gu ji man gwen chan a. Commedia, durata 105 min. - Corea del sud 2006. MYMONETRO Sono un cyborg, ma va bene * * 1/2 - - valutazione media: 2,68 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Anche i Cyborg piangono! Valutazione 4 stelle su cinque

di gianleo67


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mercoledì 17 giugno 2015

Internata in un ospedale psichiatrico perchè convinta di essere un cyborg, la giovane e delicata Cha Young-goon soffre per la traumatica separazione dalla nonna e per l'atteggiamento insensibile e intransigente della madre. In un ambiente popolato di strani personaggi animati ciascuno dal proprio disagio psichico, incontrerà il giovane ed esuberante Park Il-sun a sua volta abbandonato dalla madre e che sembra essere l'unico in grado di comprenderla veramente.
Da un soggetto originale del genio eclettico di Park Chan-wook, questa strampalata e colorata tragicommedia della demenza precoce sembra essere il felice incrocio tra i dilemmi esistenziali e la denuncia sociale del capolavoro di Milos Forman ('Qualcuno volò sul nido del cuculo' 1975) e l'estro pirotecnico del melodramma cyber-pop targato Tetsuya Nakashima, tanto nella messa in scena di una insolita sensibilità nella percezione del disagio mentale quanto per la capacità di articolare i piani della narrazione in un complesso quadro di rimandi e retroazioni che accumulano pazientemente le complesse esperienze del vissuto dei suoi protagonisti ('Memories of Matsuko' 2006). Attraversato dalla dolente e straziante esperienza di un isolamento emotivo (quasi) senza speranza, questa galleria di manchevolezze umane in cerca di redenzione (la difesa dal trauma del rifiuto, il dilemma edipico dell'abbandono materno, il senso di colpa verso gli altri e verso se stessi, la ricerca di una identità smarrita, etc.) ci precipità corpo e anima al di là dello specchio di un mondo Carrolliano in cui i riferimenti alla realtà ed alle cause che le hanno generate sono demandati all'assurda simbologia del pensiero alternativo, lungo un doloro percorso di ricostruzione del sè che privilegia il punto di vista ed i riferimenti semantici dell'insania mentis, piuttosto che quelli più ordinari e scontati di chi abita il mondo al di fuori dei manicomi. Questo universo di relazioni e disfunzioni sociali diventa quindi l'unica dimensione possibile attraverso cui cercare (e trovare) il sollievo dai propri tormenti ed incamminarsi lungo la strada di una possibile felicità, nella reciproca comprensione di personaggi fuori di sè(nno) che non riescono ad accettare il rifiuto dei savi ma che al contrario mostrano di capire benissimo il disagio dei loro simili, nel dai e vai di una compulsione ossessiva fatta di accese rivalità quanto di insospettabili slanci di generosità e compassione. Se alla malattia mentale non si può porre affatto rimedio, sembra dirci l'autore, questo non vuol dire che all'interno di essa non ci sia spazio per una umanità diversa e forse migliore, dove trovare riparo alle offese e alle ingiurie del mondo esterno e curare con l'amore il proprio male di vivere. Così sembra essere anche per la diafana e fragile protagonista di una storia familiare di incomprensione e di rifiuto che resta imprigionata tra i circuiti ed i transistor di un'ossessione difensiva che le fa credere di essere un cyborg, essere positronico cui una serie di rigide regole della robotica (bandite, nell'ordine, sono: la compassione, la tristezza, l'emozione, l'esitazione, le fantasticherie, i sensi di colpa, la riconoscenza) impediscono di assecondare le passioni umane e con esse la sofferenza che ne deriverebbe, come pure la necessità di nutrirsi se non attraverso l'ascolto di una radiolina tascabile o la differenza di potenziale di una pila portatile. La salvezza dall'inedia e dall'elettroshock arriva inattesa dall'altruismo e dalla sensibilità di un cuore innamorato che rinuncia alla prerogative di una spregiudicata cleptomania per concedere all'altro il dono della propria comprensione, nel percorso di condivisione che dall'insano tentativo di un proposito suicida sotto una tempesta elettrica ('Sei una bomba atomica. Lo scopo della tua esistenza è la fine del mondo!') porta ai 'due cuori e una capanna' nell'alba rasserenata di una nuova speranza di vita. Meravigliosi gli inserti pop di una commedia musicale a tratti irresistibile e trascinante e bravissimi i due protagonisti principali quali metà complementari del mito di Aristofane che condividono il buffo refuso di un errore semantico. Anche i Cyborg piangono! Vincitore del premio 'Alfred Bauer' al Festival di Berlino 2007.

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