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Un ruolo insolito ne "La Voce" per Rocco Papaleo che siamo soliti vedere interpretare parti comiche e che qui invece dà vita ad un personaggio altamente drammatico. Egli infatti è uno straordinario imitatore grazie alla propria voce ed alle varie trasformazioni del viso ottenute grazie al trucco e per adempiere perfettamente ed appieno al proprio mestiere egli si rifà, e continua a guardarli per trarne spunto, ai favolosi numeri degli shows di Alighiero Noschese, che lui ammira infinitamente e che identifica come un modello a cui rifarsi direttamente. Il suo straordinario talento, soprattutto quello di riuscire a modulare la voce ed il tono, è a conoscenza di tutti e pertanto anche dei Servizi Segreti che, in seguito alla morte improvvisa per infarto di un noto politico, decidono di ricorrere a lui al fine di mascherare la suddetta scomparsa e per nascondere anche alcune azioni illegali che il defunto ed altri politici hanno compiuto. Proponendo così al protagonista il compito di contraffare in varie operazioni telefoniche le voci del politico stesso defunto e di altri personaggi politici in vista, gli viene anche proposto come "ricompensa" di partecipare ad una serie di spettacoli televisivi ed avere così la possibilità di aumentare la propria fama tra il pubblico. Ma nel corso di tutte queste "manovre" ed imbrogli, il protagonista si rende conto di quanto tutto ciò sia pericoloso per lui, che già soffre un'acuta crisi di identità (peraltro come il vero Noschese), portandolo direttamente al suicidio.
Senza alcun dubbio, il film di esordio dell'attore e sceneggiatore (anche qui) di Augusto Zucchi, possiede un ottimo spunto per una vicenda avvincente e ben congegnata ma nel corso della sua rappresentazione molto purtroppo va perso e tutta la vicenda assume così una connotazione alquanto confusa per i troppi avvenimenti narrati e per un andamento registico che richiama più quello di uno sceneggiato televisivo che una pellicola cinematografica. Il sovra numero delle vicende, infatti, e degli intrighi descritti, non sono stati rappresentati in una maniera concisa e chiara, bensì posti uno dietro all'altro ed in una maniera continua tale da provocare, ripeto, un surplus di fatti più confacente sicuramente ad una produzione televisiva.
Molto efficace, invece, l'utilizzo del bianco e nero che a volte si alterna al colore e che rende efficace la testimonianza di un fatto avvenuto anni prima (infatti la storia consiste tutta in un flash back di un'indagine condotta dalla figlia dell'imitatore che vuole sapere di più sulla morte/suicidio del proprio padre) ed una menzione particolare va rivolta sicuramente a Rocco Papaleo che qui si dimostra perfettamente all'altezza del proprio nuovo ruolo drammatico.
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