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Carmine Bonavia(James Belushi) è un giovane e rampante politico italoamericano. Si è candidato come sindaco di New York ma è in netto svantaggio rispetto al suo avversario. Poi ha un colpo di genio: su consiglio di una bella giornalista italiana(Carolina Rosi) decide di mettere al primo punto della sua campagna elettorale la legalizzazione della droga come rimedio al degrado e alla criminalità sempre crescente. Entusiasta del progetto decide, inoltre, di fare un viaggio a Palermo, paese natale della sua famiglia, per ritrovare le sue origini. Qui lui e sua moglie Carrie(Mimi Rogers) si comportano da perfetti turisti fotografando tutto quello che incontrano e vedono della città siciliana. Ma, purtroppo per lui, le mafie, che non vedono di buon occhio la proposta innovativa del candidato sindaco poiché gli priverebbe di un business ben consolidato, decidono di incastrarlo provocando la gelosia che prova nei confronti della moglie. E a quel punto Carmine sarà costretto a fare una scelta se non vuole perdere la poltrona tanto agognata e la sua stessa dignità.
Più che un film una sorta di docu-fiction dove l'oggetto di analisi non è solo il sistema di potere mafioso(già affrontato da Rosi in "I magliari"e "Le mani sulla città") quanto sul comportamento umano, sulla bramosia di potere e quello che si è disposti a fare per ottenerlo. In più un grande e ben documentato affresco della Sicilia, vista in ogni suo angolo, e del popolo siciliano. Rosi pone il suo occhio nei dettagli che rivelano la psicologia dei personaggi e sul paesaggio che diventa, a tutti gli effetti, il "vero protagonista" della pellicola. Da notare le inquadrature che mettono in risalto la verticalità dei grattacieli di New York contrapposta all'orizzontalità della città di Palermo, simbolo di un mondo che vuole rimanere fermo ed è refrattario al cambiamento. Contrapposizione che si nota anche nella scelta dei colori: più scuri per la città di New York e più solari per Palermo, ciascuna delle due ha una doppia faccia, un alto nascosto all'interna di essa. Francesco Rosi realizza un film che si rivela essere una delle migliori analisi sociologiche e antropologiche mai realizzate sulla cosiddetta "questione meridionale", la quale diventa di fatto"questione mondiale" poiché mostra, forse per la prima volta, il volto internazionale delle mafie italiane, anticipando di diversi anni "Gomorra". Ma è anche un'analisi dei media e del grande potere di manipolazione che possono avere. I protagonisti sono sempre seguiti da qualcuno, fotografati da qualcuno(la macchina fotografica diviene prima un oggetto-feticcio nelle mani di Mimi Rogers e poi deus-ex-machina per scagionare Carmine). Per non parlare della telecamera, altro oggetto-feticcio che, fin dalla prima scena, seguirà e commenterà le azioni del protagonisti con finti telegiornali ricostruiti dal regista che si inseriscono in maniera metacinematografica nel film. Un documentario, quindi, ricostruito come film di denuncia a sfondo gangsteristico che vuole imprimersi con forza nella coscienza dello spettatore, il quale, alla fine della storia, non può che che essere d'accordo con il personaggio di Joss Ackland: non si può dimenticare Palermo, è la nostra condanna.
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