La preda perfetta

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Un film di Scott Frank. Con Liam Neeson, Dan Stevens, David Harbour, Boyd Holbrook, Adam David Thompson.
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Titolo originale A Walk Among Tombstones. Drammatico, durata 114 min. - USA 2014. - Eagle Pictures uscita giovedì 18 settembre 2014. MYMONETRO La preda perfetta * * 1/2 - - valutazione media: 2,67 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

La preda perfetta Valutazione 3 stelle su cinque

di catcarlo


Feedback: 13499 | altri commenti e recensioni di catcarlo
mercoledì 24 settembre 2014

Abbandonate la polizia di New York e la bottiglia dopo che la combinazione delle due ha causato un danno collaterale, Matt Scudder si è riciclato come detective privato, per dipiù senza licenza. E’ questo il motivo per cui si rivolge a lui un trafficante di droga al quale hanno fatto a pezzi la moglie anche se ha pagato il riscatto: di fronte all’efferatezza del delitto, l’investigatore mette da parte i dubbi e inizia l’indagine che lo porta, ovviamente, a scovare gli assassini (che lo spettatore conosce quasi da subito). Tratto dal decimo romanzo dedicato a Scudder da Lawrence Block, il film – scritto dal regista Scott Frank – si rivela un buon thriller che tutto sommato tiene avvinghiato lo spettatore e sarà apprezzato dagli amanti del genere, ma va anche sottolineato che il risultato è molto lontano dalle migliori pellicole della categoria. La carta vincente è certamente l’interpretazione di Neeson, che impersona con efficacia un uomo segnato dalla vita e dalla solitudine grazie a una faccia stropicciata e a una faticosa e dondolante andatura (lo si definirebbe un cavaliere solitario se il nostro non fosse un infaticabile camminatore). Non è da meno, però, l’accurata ambientazione in una New York periferica dove piove spesso e i colori sono sempre spenti, ad eccezione della scena iniziale e nei brevi flash che raccontano i rapimenti delle vittime (la fotografia e del rumeno Mihai Malaimare Jr.): un po’ ovunque è diffusa un’atmosfera da anni Settanta anche se la storia è ambientata alla fine del secolo scorso, con tanto di timore per il millenium bug. In fondo, funziona anche il rapporto di Scudder con il giovane nero TJ (Brian ‘Astro’ Bradley), quando in un primo momento si poteva temere il contrario, perché il racconto mette in pratica quello che i due continuano a chiedersi a vicenda e cioè di evitare i compatimenti: peccato allora che il film risulti indebolito da due cattivi tanto perversi quanto bidimensionali, oltre che da alcuni passaggi di trama parecchio forzati. Già non si capisce come gli inquirenti ufficiali possano ignorare delle morti così violente senza essere travolti dall’opinione pubblica, ma il progredire di Scudder è a volte forzato mentre non viene sfruttato a dovere il contrasto creato dall’essere comunque al servizio di criminali: del tutto campato in aria pare poi il contrappunto dei Dodici Punti degli Alcolisti Anonimi in un finale che già da parte sua poteva essere risolto in maniera più brillante. Così, lo svolgersi della narrazione si snoda irregolare con le mancanze che si alternano a una serie di momenti davvero riusciti che, assieme all’ambientazione sopra descritta, colpiscono l’attenzione e contribuiscono ad alzare la media: vanno almeno citati l’indovinata figura del custode del cimitero – il Loogan tra l’ingenuo e l’inquietante di un bravo Olafur Darri Olafsson – e i dialoghi opportunamente ispirati alla scuola dei duri (per bocca di TJ ci sono esplicite nonché multiple citazioni di Sam Spade e Philip Marlowe) con menzione speciale per i contatti telefonici tra l’investigatore e il truce Ray (David Harbour) che finiscono per incrinare la sicurezza di quest’ultimo. Attorno al mattatore Neeson, si muove un cast di attori (tutti maschi) in media giovani e poco conosciuti che offrono un insieme di interpretazioni senza sbavature che stanno dentro le righe in personaggi e situazioni a volte estremi: li accompagna la colonna sonora un po’ ansiogena di Carlos Rafael Rivera alla quale, sui titoli di coda, si aggiunge una bella versione di ‘Black hole sun’ dei Soundgarden ad opera di Swann e Nouela. A proposito di titoli, belli e disturbanti sono quelli di testa (incredibile, questa volta ci sono) con il loro giocare tra realtà e apparenza: molto meno bello, invece, risulta un titolo italiano quanto mai generico quando non ci voleva molto a tradurre in modo efficace il ben più evocativo originale.

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