Jane Eyre

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Un film di Franco Zeffirelli. Con Geraldine Chaplin, William Hurt, Charlotte Gainsbourg, Maria Schneider, Joan Plowright.
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Drammatico, durata 110 min. - Italia, Francia, Gran Bretagna 1995. MYMONETRO Jane Eyre * * * 1/2 - valutazione media: 3,56 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Il miglior film di Zeffirelli Valutazione 4 stelle su cinque

di Antonello Chichiricco


Feedback: 2169 | altri commenti e recensioni di Antonello Chichiricco
martedì 9 settembre 2014

 Non ho mai creduto nel semplificatorio “categorismo”. Si riesce a essere camionisti e non prepotenti, avvocati e non inciucioni, medici e non disumani, politici… beh, questa è  difficile… ma sia pure: politici e non disonesti. E quindi si può essere critici d’arte - nel nostro contesto della Settima Arte di Meliès-Lumière, ovvero dell’ arte cinematografica - e non cervellotici, presuntuosi, criptici o faziosi.  A volte però purtroppo è vero. Diverse recensioni degli addetti ai lavori perdono totalmente contatto con ciò che dovrebbero essere e non informano con linguaggio chiaro e obbiettivo il pubblico fornendo del film una propria valutazione  ma si avvitano in involutismi lessicali, astrusi panegirici, fuorvianti arrovellamenti tecnicistici, espressioni per iniziati  e, non ultimo,  indulgono in  eccessive esaltazioni  o s’accaniscono in stroncature sospette. Quando capiranno questi signori critici che i film non sono prodotti concepiti a loro esclusivo uso e consumo, per compensare  prudori  o frustrazioni rimosse, o come strumenti di vendetta o di potere, ma nascono “solo” per raccontare storie alla gente con immagini e dialoghi, per comunicare, emozionare, divulgare, far riflettere. Qualunque genere trattino (drammatici, brillanti, d’impegno civile, d’evasione, ecc.)  i film sono opere che senza il pubblico non avrebbero ragione d’essere. Mentre senza i critici cinematografici, esisterebbero eccome!
E veniamo a Jane Eyre, un film tratto da una storia  dai riflessi autobiografici. Alcuni passaggi esistenziali della vita dell’autrice dell’omonimo romanzo,  Charlotte Brontë,  quali l’infanzia tristemente coatta (siamo in epoca vittoriana), il padre con seri problemi  alla vista, vari lutti, la sua attività di istruttrice, un amore sofferto, la consapevolezza di non esser bella, sono variamente rappresentati nella vicenda.
La storia di Jane è, nei suoi significati più alti, la storia della titanica millenaria ribellione contro il sistematico annientamento del diverso da parte di quell’umanità altezzosa, vigliacca, reazionaria. Un’umanità ottusa, indurita, protetta e legittimata dalla rassicurante ipocrisia del  potere, timorata di un dio evocato a proprio comodo, forte di regole retrive, ataviche superstizioni,  un’umanità disumana che schiaccia pulsioni e afflati di emancipazione quando destabilizzano l’ordine precostituito.
Jane è un ragazzina integra, orfana,  che si ribella a una famiglia d’adozione bigotta e clericale detestandone il perbenismo puritano, e nell’immancabile punitivo collegio in cui finisce, pur mortificata nel suo ego, riesce ad attutirne le penose conseguenze chiudendosi in un piccolo mondo di complici tenerezze, di autentiche,  intense emozioni, in sintonia con pochissime sue simili. Quando affronterà la vita da adulta scegliendo, per rivalsa, di lavorare proprio come  istruttrice, troverà sulla sua strada un uomo schivo, controverso, aspro, che nasconde un terribile segreto… In ossequio a chi non l’ha visto non anticipo nulla della trama, tuttavia posso dire che, a mio avviso, Jane Eyre è in assoluto il miglior film di Franco Zeffirelli.
Un regista (dell’uomo Zeffirelli, sprezzante, nevrotico, un bel po’ narciso meglio non parlare) che è stato appassionato organizzatore e direttore artistico di opere liriche rappresentate con successo in tutto il mondo.  In questo suo lavoro cinematografico sono ben presenti, non a caso, i classici elementi del melodramma (amore, odio, lutti, espiazioni, inganni, segreti, la stessa l’epoca in cui si svolge la vicenda) ingredienti tutti calati in un’atmosfera livida,  brumosa,  plumbea, magicamente albionica, ma al contrario dei sempre tragici finali dell’Opera seria questo avvincente racconto conduce a un… ehm… inconsueto epilogo (ho detto che non posso dire niente).  Di buon effetto scenografia e commento musicale.  Energicamente interpretate e ben scelte le figure degli “educatori” e di grande pregio la recitazione dei due protagonisti: il poliedrico William Hurt (Edward Rochester) e l’intrigante Charlotte Gainsburg, attrice e cantante, figlia d’arte (nei panni di Jane).
Ergo… cos’altro vogliamo chiedere a un buon film di questo genere?
Antonello Chichiricco

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