And now... Ladies & Gentlemen

Un film di Claude Lelouch. Con Jeremy Irons, Thierry Lhermitte, Alessandra Martines, Claudia Cardinale Titolo originale And now... Ladies and Gentlemen. Commedia, Ratings: Kids+13, b/n durata 95 min. - Francia 2002.
   
   
   

C'È SEMPRE QUALCOSA IN PIÙ Valutazione 3 stelle su cinque

di THEOPHILUS


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sabato 28 dicembre 2013

AND NOW… LADIES AND GENTLEMEN
 
 Parlare di un nuovo film di Lelouch può essere imbarazzante e difficile; si corre, infatti, il rischio di ripetere gli stessi concetti che, di solito, si tirano in ballo per le sue opere: cerebralismo, intellettualismo, estetismo. È altresì forte la tentazione di cavarsela a buon mercato con un ogni volta rifà lo stesso film. A noi sembra più corretto affermare che ogni nuova pellicola del regista francese rappresenta per lui una sfida, un tentativo di superare se stesso e di ampliare il discorso lasciato in sospeso la volta precedente. Ciò lo porta a concepire storie sempre più complicate, a disegnare intrecci e destini più azzardati, ad avere visioni più frenetiche. Il grosso pericolo a cui, così facendo, egli si espone è quello di cadere nella stucchevolezza, nel preziosismo fine a se stesso. In questa sua perenne corsa ad innalzare un monumento al proprio narcisismo, a dipingere in ogni possibile variante l’amore e l’avventura, l’amore come avventura e, in definitiva, il suo amore per l’avventura, Claude Lelouch si addentra in fredde esplorazioni studiate a tavolino che, se pertanto non si possono definire sentimentalistiche, sono parimenti lontane dal sentimento, compiaciuti e nevrotici tentativi di raschiare il fondo del barile di un’immaginazione più febbricitante che visionaria: finché lo sosterrà la necessaria maestria tecnica, che, in verità, non lo ha mai abbandonato, il cineasta transalpino riuscirà a colpire il suo pubblico con i suoi fuochi d’artificio, ad inchiodare lo spettatore con i suoi virtuosismi vertiginosi, a volare in un territorio esclusivamente suo, ignoto agli altri registi.
 And now…ladies and gentlemen  si trova attualmente al vertice di questa sfida espressiva: ha in sé la cifra stilistica inconfondibile, anzi il DNA dell’autore, per cui la paternità del film non potrebbe essere messa in discussione nemmeno per un  attimo. Il solito Lelouch, dunque, senza sorprese proprio perché pieno di sorprese. Si è, infatti, comunque preparati o predisposti ad assistere ad un film dove il funambolismo si mischia a colpo sicuro con un innegabile charme, l’intellettualismo borghese con l’azione e un innato bisogno di cogliere alla sprovvista chi osserva è sorretto da indubbie capacità registiche: Claude Lelouch bisogna accettarlo così com’è, oppure respingerlo in blocco; probabilmente non ci sono mezze misure nell’approccio ai suoi film.
In And now…ladies and gentlemen il regista fa per l’ennesima volta sfoggio delle sue qualità di acrobata che fa coincidere incontri, sogni, avvenimenti, personaggi incastrando il tutto in un perfetto congegno che si va a stampare negli occhi dello spettatore. Siamo quasi allo sfinimento, alla rarefazione di questo abile e consumato contraffattore di sentimenti che costruisce con preziosismi vorticosi e barocchismi talora esasperanti tutte le sue storie. Sono sempre persone fuori del comune i suoi personaggi, eroi borghesi che tentano di evadere dall’anonimato della vita. In questo caso abbiamo a che fare con Valentin Valentin (Jeremy Irons) - un Arsenio Lupin o forse un Diabolik con la sua Eva Kant – che compie furti rocamboleschi di gioielli, un ladro gentleman che vuole fare della sua vita un’opera d’arte, ma che alla fine, forse per una sorta di voto, forse perché ha toccato il culmine del suo superomismo estetico col suo alter ego femminile, la cantante francese Jane Lester (Patricia Kaas), appagato, restituisce tutto quello che ha rubato, trasformandosi quasi in un Robin Hood. La sua condizione di eroe è nobilitata dalla malattia, un tumore al cervello che lo rende in parte inconsapevole di quello che fa, preda di numerosi buchi della memoria, di sogni, di proiezioni dei suoi desideri, e che gli farà incontrare in maniera fortuita (ma un incontro voluto dal destino deve probabilmente essere così) la sua Jane, anch’essa in balia di fenomeni di allucinazione simili ai suoi e forse per gli stessi motivi.
Una volta inquadrato tutto l’impianto formale, respintolo o accettatolo in blocco, bisogna dire che nessuna critica può essere mossa ai film di Lelouch, forse a questo in particolare. Tecnicamente perfetto, senza una sbavatura, levigato allo sfinimento, And now… ladies and gentlemen fa eco al musical, in esso il regista si autocita (Un homme et une femme -  Hommes, femmes: mode d’emploi ) – ci è d'altronde difficile ricordare in quale dei suoi film questo non avvenga: un vero esteta è anche un narcisista – e forse si ricorda di 8 femmes diFrançois Ozon, il tutto, ribadiamo, con grande maestria.
Il colore dei suoi film è freddo e vivo, come lo sono la sua mano e le sue storie, tutte ammantate di equazioni vertiginose ma allo stesso tempo calibrate, concatenate in un ingranaggio oliato, fluido e brillante, molto studiato e falso o, chissà, vero. A proposito, riferiamo una nota di colore: per quanto vada vicino a non farcela, finalmente questa volta Jeremy Irons riesce a sopravvivere non solo al film ma anche alla malattia. Quello che annoveriamo ancora in quest’ultima pellicola è la ricerca del gusto dell’esotico, dell’esoterico, del magico, che diventano il mito da perseguire ad ogni costo, a prezzo anche della leziosità, a volte evitata per un niente: bisogna riconoscere che Claude Lelouch non si tira mai indietro e che affronta a viso aperto le insidie che la sua poetica comporta. C’è un che d'adolescenziale nei suoi film: egli dà l’impressione di non essere mai cresciuto, confinato nei suoi clichés a priori, scollegati da ogni referente sociale e ubbidienti solo al suo bisogno di reiterare le sue costruzioni mentali, che, tutt’al più, diventano ogni volta più ardue da districare, stimolato com’egli è al superamento di se stesso. Nella sua spudorata spregiudicatezza, Lelouch riesce anche a dare a questo puzzle infernale un lieto fine che suona come: “vedete, quello che vi propongo non è poi così vacuo e assurdo; è il mio sogno che si realizza di nuovo, finché non troverò una montagna più ardua da scalare e più allettante per il mio estro da sfidare”. I problemi si appianano senza una spiegazione e tutti i pezzi si vanno a sistemare nella scacchiera come all’inizio del gioco. L’amore è solo un’esercitazione retorica sull’amore; alla fine si dà per scontato che in esso i protagonisti trovino una risoluzione, un appagamento: ma i misteri, i meccanismi, i dolori di questo sentimento vengono appena sfiorati. Lelouch non sa o non vuole affrontarli, forse non sa o non vuole tentare di risolverli, perché, cosi facendo, lascia la porta aperta a una nuova storia.
 
Enzo Vignoli
3 settembre 2003.
 
 
 

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