Il passato

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Un film di Asghar Farhadi. Con Bérénice Bejo, Tahar Rahim, Ali Mosaffa, Pauline Burlet, Elyes Aguis.
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Titolo originale Le passé. Drammatico, durata 130 min. - Francia, Italia 2013. - Bim Distribuzione uscita giovedì 21 novembre 2013. MYMONETRO Il passato * * * 1/2 - valutazione media: 3,74 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Il passato Valutazione 4 stelle su cinque

di catcarlo


Feedback: 13499 | altri commenti e recensioni di catcarlo
martedì 26 novembre 2013

Il passato non vuol passare, specie se ci si ostina a non farci i conti: una considerazione all’apparenza banale (ma troppe volte ignorata) attorno alla quale si snoda il nuovo film del regista iraniano Fahradi che dà un nuovo saggio della sua bravura nel disegnare – e analizzare – la quotidianità delle dinamiche di relazione in un piccolo gruppo di personaggi. Ahmad torna da Teheran in Francia per siglare il divorzio da Marie e si trova coinvolto negli squilibri originati dalla nuova relazione della donna con il maghrebino Samir: a essa è apertamente ostile la di lei figlia adolescente Lucie, nata da una precedente relazione ma che vede in Ahmad una figura paterna, mentre il piccolo Fouad vive con difficoltà il rapporto del padre con Marie anche perchè sua mamma – cioè Céline, la moglie di Samir – è in coma dopo un tentato suicidio. Ahmad, la cui relazione con Marie ha avuto risvolti dolorosi, può provare a ricucire la situazione da un punto di vista almeno in parte esterno: il vetro che, all’inizio, lo divide simbolicamente da lei, un po’ si incrina, anche se non si può dire che, alla fine, la situazione sia di tanto migliorata rispetto a quella di partenza: se, da una parte, madre e figlia si riavvicinano, dall’altra i sensi di colpa di Samir si ingigantiscono. Il film finisce su una nota di sospensione, lasciando all’immaginazione dello spettatore i possibili sviluppi di queste esistenze arruffate che ben si riflettono nel perenne disordine delle case in cui vengono vissute: (non) conclusione di un dramma sulla capacità o meno di vedere i propri sbagli e accettarne le responsabilità. Ogni personaggio ha il suo carico irrisolto originato da azioni o omissioni, ma lo sguardo del regista non parteggia per nessuno perché nulla, nella vita di tutti i giorni, è solo nero o solo bianco e ogni essere umano può diventare sgradevole in determinati momenti o condizioni. Chi ha visto ‘Una separazione’ riconoscerà immediatamente questi temi e il modo di trattarli: la sensibilità è la stessa, solo l’ambientazione è del tutto diversa, visto che questa coproduzione franco-italiana è ambientata in una periferia urbana assai spesso piovosa che finisce, però, per raffreddare la temperatura emotiva. Non che scarseggino i momenti di grande intensità, solo che Fahradi non riesce qui a mantenere sempre la tensione nel perfetto equilibrio che contraddistingueva la pellicola di due anni fa: all’impeccabile impronta visiva e ritmica della prima parte, fa seguito una seconda metà più sfilacciata e meno corale, con un cambio di prospettiva che la incentra sulla ricerca delle motivazioni del tentato suicidio da parte di Céline. Qui la figura centrale è Samir, mentre Ahmad in pratica sparisce: la staffetta nella storia è analoga a quella nella vita di Marie che è, ovviamente, il fulcro di tutto: una figura di donna problematica e insoddisfatta, alla perenne ricerca di un completamento che non arriva mai. Più ombre che luci, quindi, anche perché, per lunghi momenti, dà più l’impressione di essere in sintonia con Ahmad di quanto non sia innamorata di Samir (la relazione sembra poco profonda, malgrado il figlio in arrivo – sempre che quest’ultimo ci sia, viene a volte da pensare): così, per una volta, sono gli uomini a fare una figura migliore – o, meglio, meno peggiore. Se sulla costruzione della storia si può lamentare qualche imperfezione, è invece inattaccabile la qualità della messa in immagini: Fahradi conferma la grande capacità di direzione degli attori riuscendo a ottenere il massimo da un’occhiata o da un’espressione e lavorando in maniera mirabile anche con i bambini (oltre a quelli citati, c’è anche Léa, sorella piccola di Lucie) che ancora una volta risultano molto importanti nell’economia complessiva. Il cast lo asseconda alla perfezione, con menzione speciale per la sempre incantevole Bérénice Bejo che riesce a calarsi con grande partecipazione nell’interpretazione di un personaggio non facile e antipatico la sua parte, destinato in origine a Marion Cotillard, che le ha fatto vincere con merito il premio di miglior attrice a Cannes. Al tirar delle somme, ‘Il passato’ non è ‘Una separazione’ – e, in fondo, era assurdo pretendere che lo fosse – ma è comunque un ottimo lavoro che si fa strada nell’animo dello spettatore facendovi germogliare un certo numero di domande scomode.

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