La pianista

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Un film di Michael Haneke. Con Isabelle Huppert, Annie Girardot, Susanne Lothar, Benoît Magimel, Anna Sigalevitch.
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Titolo originale La pianiste. Drammatico, durata 129 min. - Francia 2001. - Bim Distribuzione MYMONETRO La pianista * * * 1/2 - valutazione media: 3,84 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Fredda anatomia della disperazione Valutazione 4 stelle su cinque

di gianleo67


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giovedì 25 aprile 2013

Rigorosa ed intransigente, Erica è un'insegnante di pianoforte non più giovane che vive insieme all'anziana madre in una squallida e indolente cattività emotiva tra le lezioni private, i saggi al conservatorio e la grigia routine della vita domestica . Le attenzioni e l'interesse sentimentale di un suo allievo solleticano in lei l'istinto malsano di una perversa sessualità che impone al giovane amante il dispotico rituale di una cieca sottomissione, suscitandone la reazione violenta e disgustata fino ad una drammatica resa dei conti. Finale sospeso.
Risultato di una strenua corrispondenza tra le astrazioni di un soggetto di violento realismo psicologico e la precisione chirurgica di una rigorosa messa in scena, l'opera di Haneke scandaglia con la fredda lucidità di uno sguardo impietoso, gli invisibili recessi di una disperazione sociale ed emotiva al di sotto di una superficie di relazioni ordinarie in cui si forma ed emerge l'identità dell'individuo, dove si manifesta chiaro il segno di una disumana insensibilità e l'emergere di un brutale istinto di prevaricazione e di affermazione di sè. Benchè, come tipico della sua filmografia, ci si tenga distanti dalla elaborazione di una qualunque tesi assolutoria (o consolatoria), si assiste comunque alla rappresentazione di uno spaccato sociale (familiare) distonico, dove cova sotterranea e latente la sconcertante degenerazione di un rapporto filiale cui ascrivere, nello spietato meccanismo di una rapporto causale, le inevitabili responsabilità di una personalità malata, incapace di relazionarsi all'altro secondo le modalità di una sana affettività, in grado di mediare tra le istintive pulsioni del desiderio sessuale e la rassicurante normalità delle relazioni sociali. La protagonista (una Isabelle Huppert che tocca i vertici dell'arte recitativa) dichiara con sconcertante candore la sua inadeguatezza affettiva, la sua irredimibile insensibilità e agisce con la fredda e disperata lucidità di un narcisismo patologico che esclude, che nega l'altro fino a considerarlo il mero strumento di un appagamento fisico e psicologico, nel gioco perverso e violento di una reciproca insoddisfazione. Il regista austriaco indaga l'insondabile mistero della complessità umana nella stridente contraddizione tra l'esasperata sensibilità di una razionalità raffinata in grado di cogliere le infinite sfumature di temi musicali e concettuali e la infima bassezza di una personalità gretta, incapace di rinvenire in sè gli strumenti emotivi e psicologici di relazione con l'altro, facendo prevalere la spietata rivendicazione dei propri bisogni nella doppiezza di una immaturità infingarda e vessatoria (i tentativi di svincolarsi dalle ossessive attenzioni materne, la crudele e vendicativa animosità contro la talentuosa allieva, il sadismo ottuso delle pratiche sessuali come sottile forma di coercizione e di ricatto ai danni dell'accondiscendente spasimante).
Opera di indubbia compattezza e rigore formale, si avvale della recitazione misurata e intensa di una straordinaria coppia di attrici: la inossidabile e impassibile maschera di una crudele Annie Girardot e la dolente e disperata pianista di una superlativa Isabelle Huppert vincitrice del premio per la miglior interpretazione femminile al 54º Festival di Cannes. Finalmente un regista che al di là delle sterili masturbazioni cerebrali dei suoi colleghi europei, sa di cosa parla e lo fa con la impietosa efficacia di un pugno ben assestato allo stomaco dello spettatore. Finale sospeso e incompiuto come la violenza repressa di un 'coitus interruptus'. Fredda anatomia della disperazione.

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