Il mio domani

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Un film di Marina Spada. Con Claudia Gerini, Raffaele Pisu, Claudia Coli, Paolo Pierobon, Lino Guanciale.
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Drammatico, durata 88 min. - Italia 2011. - Iris Film Distribution uscita venerdì 4 novembre 2011. MYMONETRO Il mio domani * * 1/2 - - valutazione media: 2,94 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Quello che le donne non dicono Valutazione 3 stelle su cinque

di gianleo67


Feedback: 61377 | altri commenti e recensioni di gianleo67
domenica 30 dicembre 2012

Monica è una giovane donna single che vive e lavora a Milano per un'azienda di formazione professionale per aziende in ristrutturazione. Ha una relazione con il suo capo ed un papà solo e malandato che vive in una casa nella campagna della bassa padana. Quando il padre muore è costretta a fare i conti con il suo passato per ricostruire la sua identità personale e professionale. Racconto intimo e privato che si staglia nella dimensione pubblica di una scenografia urbana che fa da sfondo ad una routine in cui, più che il senso del tempo riempito dalle occupazioni dell'impegno lavorativo o dal disimpegno dello 'svago artistico' (la fotografia) conta il senso di vuoto, di incompletezza e di assenza nella vita di una protagonista femminile così brava a teorizzare e trasmettere ai propri allievi quelle strategie aziendali che trasformano il vuoto e l'assenza in opportunità di cambiamento e di rinnovamento che lei stessa tuttavia non riesce a declinare nel privato di relazioni affettive precarie (l'amante) o legate ad un passato di dolorore costrizioni (il padre) e di abbandono (la madre). La presa di coscienza di questa condizione di insoddisfazione si snoda attraverso un itinerario lungo e faticoso di confronto con un passato irrisolto (un'infanzia negata) ed un presente di donna incompiuta (una maternità negata) che ricerca nella precarietà di relazioni umane lo strumento attraverso il quale ottenere una risposta che solo il lutto (la morte del genitore, l'abbandono del suo amante) sarà in grado di fornirle e dal quale deriva un radicale cambiamento, una definitiva riconsiderazione delle proprie ambizioni professionali e aspirazioni affettive nel segno di una ideale continuità con la fallimentare (ma sempre presente) esperienza materna.
Scrittura registica che traccia con nettezza un orizzonte visivo e conoscitivo nell'uso di piani medi che escludono più spesso il volto e le espressioni della protagonista, indugiando sulla ordinarietà di un vivere quotidiano in cui i gesti e le azioni sono il prodotto di una ripetitività che annulla i sentimenti e le emozioni, relegandoli ad una aspirazione personale e intima che sembra non trovare sbocchi nel qui e ora, in una condizione esistenziale che oscilla tra l'eremo di una infanzia provinciale di privazioni e un contesto urbano di eleganti appartamenti borghesi e anonimi grattacieli dalle moderne geometrie di cristallo e acciaio; intessendo una trama di relazioni personali che sottendono una teoria del non detto, delle emozioni taciute o negate (il padre dal puntiglio bigotto,la sorellastra instabile e rancorosa, il nipote sensibile e affettuoso, l'amante distaccato e anaffettivo) e che trova uno sviluppo inatteso nel volgere di eventi imprevisti ma inevitabili, di un 'geschehen' che prelude all' 'aufbruch' verso nuove prospettive per un domani da reiventare. Un film che pur con una indiscutibile impronta autoriale delega il discorso sulle ragioni che lo muovono alla  fisicità elegante e intensa di una attrice in stato di grazia, capace di reinventare il senso dolente e l'umanità di una donna dei nostri tempi, consapevole eppure irrisolta; una Gerini che smette i panni leggeri della commedia (brillante o trucida) per presentarsi senza fronzoli (a volte senza trucco), lavorando per sottrazione, cesellando una figura autentica e attuale. Finale carico di speranze e di una 'fuga' verso un sud mitico e mitologico sulle tracce di una immagine di sè che ricorda la disperazione eroica dei personaggi di Herman Hesse. Quello che le donne non dicono.

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